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Ospedale Morelli: cosa direbbe oggi Eugenio Morelli?

CRONACA - 16 03 2021 - Ivan Bormolini

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/IL BUSTO DEL PROFESSOR E. MORELLI
IL BUSTO DEL PROFESSOR E. MORELLI

(Di I. Bormolini) Da più di un anno, per mia fortuna, non mi trovavo più tra i padiglioni del nostro ospedale Eugenio Morelli di Sondalo. Dico ospedale perché definirlo volgarmente presidio lo trovo altamente riduttivo e banale se penso che un tempo era un'Azienda Ospedaliera di alte specializzazioni e di rilievo nazionale ed ancor prima era lo storico Villaggio Sanatoriale.

 

Giungendo nella struttura ho parcheggiato l'auto nell'area in prossimità del sesto padiglione. Ho osservato il busto del professor Eugenio Morelli e la dicitura accanto che così recita:

 

A EUGENIO MORELLI

 

INSIGNE TISIOLOGO STRENUO ASSERTORE

E ORGANIZZATORE DELLA LOTTA

CONTRO LA TUBERCOLOSI IN ITALIA

E' DEDICATO QUESTO VILLAGGIO SANATORIALE

IDEATO DALLA SUA MENTE GENIALE.

 

L'ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE.

 

Al mio ritorno, dopo che non ho potuto fare a meno di scattare qualche eloquente foto che inserisco nella carrellata finale, mi è parso che lo sguardo dell'illustre tisiologo mi seguisse, come se volesse dirmi qualcosa, oppure raccontarmi aneddoti e vicende legate a questo storico luogo di cura.

La mia non è banale ironia, non lo è proprio per nulla, perché il volto di Eugenio Morelli e i suoi occhi sono viva espressione di decenni di storia del nostro Morelli.

Prima di lasciare quei posti auto, mi sono chiesto cosa direbbe oggi questo grande professore se potesse tornare tra noi e vedere una così triste realtà.

Sicuramente, con assoluta certezza, non avrebbe da togliersi solo dei banali sassolini dalle scarpe, ma dei veri e propri macigni ben più pesanti delle lastre in marmo bianco che fanno parte dell'area citata e forse anche in malo modo è adibita a parcheggio.

Si chiederebbe con fare ammonitorio perché una struttura di così ampio pregio architettonico e capacissima di fornire adeguate risposte ai bisogni della collettività non solo valtellinese ma nazionale, sia potuta cadere in larga parte in una rovina che si narra da sola.

Sarebbe profondamente deluso nell'assistere alle tante, troppe, diatribe che ancor oggi come in passato, minacciano seriamente ciò che rimane del Villaggio a lui doverosamente intitolato.

Con sentimenti di disappunto, punterebbe il dito su robuste catene e lucchetti che, negli ingressi principali di alcuni padiglioni, da soli sono in grado di testimoniare una mancata visione d'insieme che già a partire da alcuni decenni avrebbe dovuto tutelare e riconvertire al fine di mantenere in piena operatività, quello che era stato edificato con grande lungimiranza in ormai lontane epoche.

Direbbe la sua anche davanti agli scenari che minano ulteriormente la sopravvivenza di ciò che rimane e di quello che è stato trasferito altrove ( Sondrio ). Forse, vista la sua grande esperienza darebbe dei suggerimenti e dei consigli, i quali, assieme ad altri piani stilati recentemente da professionisti che hanno a cuore la nostra sanità, purtroppo e con rammarico paiono inascoltati, e che eviterebbero di dover amaramente posizionare altre catene ed altri lucchetti. Il verificarsi di tutto questo, ovvero ricorre dal ferramenta per comprare altri poco graditi orpelli, sarebbe un enorme fallimento sanitario, una grave mancanza nei confronti dei bisogni della nostra gente che vede nel Morelli non tanto l'ospedale sotto casa, ma l'ospedale di casa e la cosa è diversa sotto tanti punti di vista.

Lasciando l'insigne professor Morelli ai suoi tristi e forse pure drammatici pensieri, legati a scelte passate, presenti e speriamo non future, per l'ennesima volta dico la mia, forse in alcuni passaggi correrò il rischio di essere ripetitivo con quanto già affermato anche in miei altri scritti, ma sono certo di non poter essere smentito quando da semplice cittadino quale sono, dico che non si debbano fare ulteriori passi indietro tali da minacciare e declassare ulteriormente questo nostro punto di riferimento, al contrario è necessario procedere per ripristinare ciò che è stato trasferito e quello che è stato indebolito o depotenziato nel servizio offerto.

Lo scorso anno, quando l'ospedale Morelli era stato destinato a centro Covid-19, mi ero posto alcune riflessioni che già allora, palesemente andavano a smentire i contenuti del Piano di Riorganizzazione della Sanità Valtellinese, redatto dagli esperti del Politecnico di Milano su commissione di Regione Lombardia.

Nel mio semplice pensare mi ero detto che il vecchio leone, in parte assopito non per suo volere o per sua natura, era tornato a ruggire, era tornato a riappropriarsi delle sue storiche origini, ma soprattutto, tra alcuni padiglioni, pur nella grande angoscia e nella estenuante tragedia della pandemia, si iniziavano a scrivere nuovi capitoli per il futuro del nostro ospedale.

Nel mio utopico ragionare, credevo che il trasferimento a Sondrio di alcuni reparti storici e nati al Morelli, fosse stata una situazione momentanea, un tampone, il tutto strettamente legato alla drammaticità degli eventi: quanto mi sbagliavo!

Ancor oggi, vedendo, ammirando e senza mai scordare di ringraziare l'operato di medici, infermieri e tutto il personale sanitario chiamato a gestire un'epocale tragedia, sono convinto che il Morelli ancora una volta, abbia fornito e continui a erogare un'eccellente risposta ai tanti contagiati della nostra valle; mi sono sempre domandato come avremmo potuto fare senza l'intensa attività di questo nostro ospedale. Si sarebbero generati trasferimenti di nostri pazienti altrove ed all'angoscia si sarebbero sommati altri sentimenti difficili da descrivere ma soprattutto da vivere.

Tutto questo dovrebbe mettere nelle condizioni di riflettere, per tanti versi fare dei passi indietro e ritornare a costruire un modello di sanità di montagna efficace e duraturo. Ammettere di aver compiuto degli errori, dei passi falsi, non è certo un reato, ma verrebbe interpretato dalla nostra gente come un gesto atto a dire e soprattutto dimostrare con concretezza, che si è attenti ad uno dei principali bisogni di una popolazione come la nostra.

Sul Morelli in passato si sono levate tante parti della sua “carrozzeria”, il voler toccare oggi il suo “motore”, prelevandone parti fondamentali, significa intraprendere una via che come si è già palesemente dimostrato, non porta da nessuna parte, al contrario diviene irta di ostacoli che vanno a minacciare un assetto sanitario che non può essere per nulla paragonato a quello di altri centri urbani.

Ritengo inaccettabile che non si prenda atto in maniera costruttiva delle istanze di un territorio: quando si parla provincia interamente montana, si deve lavorare e stabilire anche un concetto di sanità che sia perfettamente rispondente a modalità che vanno definite come particolari e create appositamente, magari uniche nel suo genere e certamente più costose rispetto ad altre aree urbane, ma non per questo inapplicabili.

Inutile tornare a dire che soprattutto durante quest'ultimo anno, quella che definisco visione “sondriocentrica” della sanità provinciale abbia dimostrato enormi lacune, non è questa colpa del personale. Da questa esperienza negativa si deve prendere atto che qualcosa non ha funzionato e continua a non essere rispondente alle nostre necessità.

Quando in tempi anche piuttosto recenti, ho nuovamente sentito parlare di un unico polo ospedaliero in quel di Sondrio, oppure  di realizzare un nuovo presidio sempre Sondrio, sinceramente mi sono domandato cosa abbia insegnato quest'ultimo anno.

Queste due opzioni di cui si è parlato per anni, a mio parere non trovano nessuna applicazione fattibile in un contesto di sanità di montagna che deve vedere negli ospedali esistenti una risorsa della quale non si può fare a meno.

Si rivela pertanto necessario attuare investimenti mirati che riconsegnino alla popolazione un definitivo e duraturo progetto che risponda a 360° alle necessità di un ampio territorio montano.

Sono perfettamente d'accordo nel dire che si debbano spendere ingenti risorse finanziare per intervenire sul presidio di Sondrio sia strutturalmente che tecnologicamente, anzi in quest'ultimo caso ritengo che gli strumenti di recente inaugurazione, siano un fiore all'occhiello ed un valore aggiunto.

Nello stesso tempo però ciò che è destinato finanziariamente parlando al Morelli, deve essere solo un punto di partenza sul quale ricominciare a programmare una sua visione strategica nel nostro contesto.

Il quesito che oggi in molti si pongono è cosa sarà del Morelli quando il Covid cesserà la sua morsa contagiosa. Il pessimismo che regna attorno a questa domanda è motivato dai fatti che hanno interessato quest'ospedale, soprattutto dopo la presentazione in pompa magna del già citato Piano di Riorganizzazione ed altri eventi scatenatisi in rapida successione.

Io rimango della mia convinzione: si è appurato che il presidio di Sondrio non può farsi carico di tutte le esigenze sanitarie dei cittadini delle nostre valli, non riesce a sopperire a parte delle richieste derivate dal delicatissimo ambito dell'emergenza/urgenza ed anche forse a coloro che per vari bisogni, si auto presentano presso il Pronto Soccorso da più parti della valle rispetto a prima.

E' innegabile, fermo restando  nuovamente che non si possono attribuire alcune negligenze al personale, che  il Morelli ormai quasi interamente dedicato ad un ambito Covid, debba tornare a rivestire la sua funzione.

Per tali motivazioni l'ospedale di Sondrio deve essere centrale per la cura di determinate patologie che in quel contesto sono nate, cresciute e si sono sviluppate grazie a risorse tecnologiche e professionali. Mi permetto però di interrogarmi sul perché si sia voluto incentrare a Sondrio tutto quello che concerne il reparto di Urologia, quando lo stesso era divenuto in quel di Sondalo, soprattutto sotto la direzione del compianto dottor Martina e della sua storica equipe, un fiore all'occhiello capace di richiamare pazienti non solo locali.

Ora però nelle mie esternazioni, nate spesso anche dal fatto che mi piace ascoltare le opinioni della nostra gente, leggere il malcontento che da più parti serpeggia sui social e considerando pure la voce venuta da circa quattromila persone nella manifestazione “Giùlemanidalmorelli” dell'agosto dello scorso anno, credo di poter ragionare sulla logica dei fatti.

Questa mi induce a dire che tutte le specialità che hanno fatto grande il Morelli negli anni e che oggi sono in quel di Sondrio debbano tornare a Sondalo, luogo in cui hanno visto la loro nascita, il loro crescere ed il loro fornire in eccellenti concretezze rivolte ad un'ampia platea di richiedenti.

Ho sentito dire che questi reparti trovano a Sondrio un ulteriore sicurezza per i pazienti, il tutto motivato dal fatto che in questo presidio vi sono tecnologie atte a dare ancor più supporto in determinati e forse anche delicati frangenti.

Io non sono un medico, non sono un chirurgo specializzato in questa o in quella determinata branca, ma mi pare di poter dire che sino a poco tempo fa questi reparti o specialità, non abbiano deluso anche se ubicate al Morelli.

Se il problema è questo, allora si investa per supportare o migliorare le tecnologie per quello che desidero deve essere festeggiato come un gradito ritorno tra quei padiglioni del mal tolto.

Se la nuova TAC al Morelli è una risorsa ulteriore, la stessa è motivo per dire che questo investimento, non di poco conto, sia un primo supporto spesso fondamentale, nel procedere in breve tempo a ripristinare la piena attività di questo ospedale.

Questo deve anche indurre a ragionare sul fatto che non si può e non si deve andare oltre al tema del Pronto Soccorso al Morelli. Molto spesso si è indotti a pensare che il P.s. non sia un vero e proprio reparto all'interno di un ospedale. E' un errore, soprattutto se nel nostro caso, ci siamo resi conto di avere, o meglio di tornare a riavere nel Morelli, un DEA di Secondo Livello.

Ecco dunque che nella logica, il DEA di Secondo Livello, per essere definito tale e nel pieno delle sue funzioni operative H24, ha bisogno anche del ritorno al Morelli delle specialità di cui è stato privato.

Qui non stiamo giocando a dama, nemmeno ad un più complesso gioco degli scacchi. Le pedine vanno mosse attentamente in entrambe i casi. Ma il collocare pedine e figure, su una complessa scacchiera è insito di ostacoli e di strategie.

Gli ostacoli li vediamo tra noi, tra le nostre valli nel vivere quotidiano, ma una visione strategica pare tardi ad arrivare. Pare che la mossa, quella vincente, sia volutamente nascosta, non comprensibile, in un partita  dove in modo amaro esiste un solo giocatore, capace, senza esserne partecipe nel viverlo di un malcontento legittimo e del tutto giustificabile.

Questo si dimostra saccente, tronfio di decisioni e di strategie, non guardanti al bene di una popolazione, ma distanti dalle istanze, dalle reali necessità, in questo preciso caso sanitarie, di quelli che chiedono ma non ottengono.

Mi pongo altri quesiti, gli ennesimi: proviamo ad immaginare, nella sfortuna della pandemia in corso, una parziale, contingentata e attenta riapertura del turismo sportivo in valle, entriamo pure nel contesto di eventi internazionali  e delle vicende annesse. Escludiamo ora il Covid, facciamo finta che non esista, che non sia mai venuto a manifestarsi.

Nell'intercedere di tutto questo, che si identifica in una distorta visione di depotenziare il Morelli, quali sarebbero state le risposte ad un bisogno legate al turismo, sportivo o meno?

Tutto a Sondrio? O ancor peggio in parte da trasferirsi in altre provincie, nel momento in cui un solo P.S. non sia stato in grado di rispondere a tutte le esigenze?

Che figura ci farebbe l'impegno e quanti punti perderebbe la risorsa turistica? Quest'anno, causa Covid, il problema non si è manifestato, ma poi?

Al fine di non tediarvi ulteriormente con il mio pensare, potrei dire ancora di più sull'organizzazione del servizio emergenza/urgenza. Ma in tal tema credo che la lettera firmata da alcuni sindaci e anche da noi pubblicata, parli più di mille mie altre parole.

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