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Quando non si hanno più parole è la musica a parlare

CULTURA E SPETTACOLO - 31 08 2023 - Ezio (Méngu)

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/fisarmonica a bocca
Di George Leung - Opera propria, CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=773743

(ovvero una storia anche per i nostri tempi )

Per coloro che non sanno il dialetto tiranese il “mantasin“ è l’armonica a bocca. Sarà bene precisare che la storia che mi ha raccontato Pietro non è avvenuta nel tiranese. Lo dico chiaro e tondo poiché noi tiranesi siamo brava gente ma forse un pochino “sufistéch” (ci infiammano per un nonnulla) e non vorrei che qualcuno si intravedesse nella storia che narrerò.   

 

Ebbene, quel mattino Pietro ritornava dai suoi campi con il suo carro che procedeva sgangherato a causa della rottura del cerchio metallico di una ruota. La ruota del carro era caduta in una profonda buca sulla strada di ritorno dai suoi campi e girava ubriaca. Nel pomeriggio incontrai Pietro furente e che ‘l “ parlava de per lüü ( parlava da solo ) e ogni tanto alzava il pugno verso il cielo. Era andato in Comune a lagnarsi per lo stato delle strade del suo paese. Aveva parlato con il suo Sindaco con il massimo rispetto, però con quella amarezza d’animo e la bocca secca che si potrebbe avere verso un superiore Ecclesiastico che rimuove i suoi dipendenti dalle loro sedi di servizio come muove gli scacchi di una dama senza tener minimamente conto della opinione e dell’affetto dei fedeli. Pax vobis !  

 

Il Sindaco da parte sua era stato gentile e in fondo era una brava persona, ma lento, quasi eterno nelle sue giustificazioni per le buche sulla strada e nei piccoli lavori non fatti. Infatti nel suo  ragionare con Pietro era partito dalla creazione del  Paradiso Terreste dicendo che persino Adamo e Eva , (  per me non è vero ! )  quando passeggiavano beatamente in un bosco del Paradiso caddero in una buca e finirono pesantemente uno sopra l’altra. Adamo però di quell’inciampo non se l’era presa con il Signore, anzi l’aveva ringraziato perché avevano avuto ambedue una felice esperienza.  E poi, diciamolo chiaramente, Pietro aveva un poco esagerato nelle sue lamentele e il Sindaco aveva portato pazienza. Pietro era uscito dall’ufficio del Sindaco scuotendo la testa e con “ la bùca de vàca “ ( bocca dell’amarezza ) spinto dalla brezza di parole suadenti del Primo Cittadino . Aveva fatto una faticaccia a seguire il suo lungo discorso e Pietro, in cuor suo, avrebbe preferito arare un campo di un ettaro con il suo cavallo che sorbirsi quell’ aereosol caldo di parole.    

 

Pietro aveva quasi ottanta anni, una vita di lavoro sulla schiena e camminava storto per via di un colpo di zoccolo del suo cavallo nell’anca destra; aveva combattuto nella seconda guerra mondiale ma dopo quel colloquio con il Sindaco la tortura del nemico non gli faceva più paura, anzi quasi la desiderava pur di non essere sottoposto alla tortura logorroica del Sindaco. Diceva: ai tempi di mio padre bastava una stretta di mano, una manata sulle spalle per dire : un sì o un no “  secco come un chiodo di cantiere e non mangiarsi di botto la carta del contratto stipulato. Quel giorno che l’incontrai era” fò dèli asci” ( nervoso assai )  e  morsicchiava continuamente la canna della sua pipa come fosse una radice di  selce di quelle dolci che si trovano nella valle della Ganda.

 

Gli dissi: Pédru, ma parìi vendèch e nervus de pü de ‘n stambèck”  ( Pietro, mi sembrate nero dal nervoso e agitato più di uno stambecco). Lui mi rispose : Bòcia, làsum sta ‘n cöö che gòo ‘n diaul per cavèl “ . ( ragazzo,lasciami stare oggi che ho un diavolo per capello ).

 

Gli ho risposto:  Pédru, ieri mìi prometüü che ‘l ma garés cüntàa la storia del “ sindàch chè ‘l sunàva ‘l mantasin  prìma de vulè parlà con i söö citadin “ . ( Pietro, ieri mi avete promesso che  mi avreste raccontato la storia  del “ Sindaco che suonava la fisarmonica a bocca prima di volere parlare con i suoi cittadini” ).

 

Con un sorriso malizioso mi ha guardato di trasverso e mi ha detto: bràu Méngu, la  bèla storia la val pròpi àa per ‘l dì de ‘ncöö”. Ta la cünti se ta me prumetèt che te la cunterée àa ti ai tö neùu. ( bravo Méngu , la  bella storia vale proprio anche al giorno d’oggi. Te la racconto se mi prometti di raccontarla anche tu ai tuoi nipoti) . Riposi prontamente: ‘l giüri”  ( Lo giuro ).

 

 Ecco la storia e “ ambasciator non porta pena! “ .

“Un bel giorno il Sindaco di un paese, che non era di questa Valle, si stancò di sentire le mille lamentele dei suoi cittadini del tipo: una donna si lamenta che le foglie delle piante del viale cadano sui gradini di casa sua, un altro si lamenta che un tombino batte rumoroso quando passano le macchine. Ancora, che c’è una cacca di cane sul vialetto, che ha inciampato in una buco dove manca un massello, che ci sono cartacce e bottiglie di plastica abbandonate per le strade, ecc. ecc.  Insomma, come diceva un mio professore, se eleviamo tutte queste cose al cubo non basterebbero ancora. Povero Sindaco solo una volta a Natale ha udito una parola di elogio, condito di cortesia affettata dal prete della sua parrocchia solo perché aveva fatto pulire dalla neve il piazzale della Chiesa.

 

Stanco e demoralizzato disse al parroco: ”devo confessarmi immediatamente!  Sento sulla mia coscienza mille pesi che i miei cittadini mi caricano ingiustamente sulle spalle con le loro lamentele ogni giorno. Io ho bisogno di affetto, di comprensione, sono umano, non sono un robot che memorizza tutto e poi esegue. Ho bisogno di tempo. Ho bisogno di essere amato dai miei cittadini, un bacio, una carezza amorosa di ringraziamento di una bella signora non guasterebbe. Reverendo, se va avanti così la cosa io dò le dimissioni e lascio fare tutto al mio Vicesindaco che non aspetta altro.  Mi consigli come in confessione poiché sono turbato come è turbato l’animo di colui che si sente trascurato dalla moglie durante la notte. Perbacco, reverendo, a lei queste cose non possono succedere poiché quando fa una predica in chiesa, qualsiasi cosa dica è vietato ai fedeli contraddire la sua parola”.   Pax nobis !

 

O.K disse il reverendo, fatti vedere dopo la S. Messa. Così il Sindaco andò a confessarsi e il prete conoscendone le caratteristiche logorroiche fece durare la confessione solo alcuni minuti. Il tempo di dire al Sindaco: “ Ferma la favella ! Ascolta attentamente! Molti si lamentano con te quando ti incontrano per strada e nel tuo ufficio?  Bene, non badarci troppo poiché fa parte del tuo lavoro, hai onori ma anche oneri! Fai come facciamo noi sacerdoti che per rilassare la gente dal peso delle lunghe funzioni religiose e in particolare dai lunghi sermoni, letti a macchinetta o a cantilena  che sembrano scatole di sonniferi propinati ai fedeli, per alleggerire l’aurea fraterna, ogni tanto facciamo suonare l’organo o la pianola in chiesa. Ti ho sentito suonare “ ‘l mantasìn “ ( armonica a bocca ) e sei molto bravo ; in  verità non so perché ti è passato per la mente di fare il Sindaco e non suonare in una orchestrina di paese.  Suona il “ mantasìn “ prima di iniziare i colloqui con i tuoi cittadini . Anzi ti regalo il mio “ mantasìn “ . In chiesa si possono suonare molti strumenti, ma fin ad ora non ho mai sentito suonare il “ mantasìn “, forse chiederò ai miei superiori il permesso e tu sarai il primo  a suonare. Tieni il mio “ mantasìn “ , se il mio superiore mi dà il consenso , poi però me lo restituirai. Suvvia tienilo ! Suonalo e ammorbidirai il parlare degli scontenti e in più potrai strappare loro qualche sorriso e magari qualche loro grazia. Noi sacerdoti sappiamo bene che  il sorriso, il canto, la musica sono attrezzi con cui “sa lìsa àa i sàs “  ( si lisciano anche i sassi ).

 

Incredibile! Il sindaco fece come disse il Reverendo e consigliò anche una canzonetta popolare da suonare. Un successo insperato! Quando il Sindaco incontrava la gente per strada o in ufficio, prima che la gente potesse sfogare le sue lamentele, con grazia estraeva dal taschino della sua giacca a vento il “ mantasin “ e suonava magistralmente una canzone popolare, “ ‘l spazzacamìn “ ( Lo spazzacamino). La gente si metteva a ridere e ogni diatriba in quel momento era dimenticata. Il Sindaco non diede più le dimissioni e con il “ mantasìn “ innescava una allegria  e una gioia di vivere nei suoi cittadini incredibile  attenuando la tendenza endemica della gente di quel paese  a non più “ morsicarlo “ per un nonnulla.

 

Sotto vi ricordo il testo della sua suonata preferita, che terminava sempre con un largo sorriso più largo della sua fisarmonica a bocca . E’ una bella canzone popolare che  potete trovare, se volete  su You Tube Lo spazzacamino –con l’Armonica- musicata da vari artisti.  

 

Il Testo dello “ Spazzacamino “ 

Su e giù per le contrade
Di qua e di là si sente
Cantare allegramente
È lo spazzacamin.

S'affaccia alla finestra
Una signorinella
Con la sua voce bella
Chiama lo spazzacamin
….. ( continua ) 

 

Ezio (Méngu)

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