Storie dal Confine
CULTURA E SPETTACOLO - 29 03 2025 - Bernardo Gabriele Ferrari
Grande serata storica, molto molto interessante, di questa coppia di sposi che proprio giovedì 27 marzo presentavano il loro libro dal titolo STORIE DAL CONFINE e festeggiavano il loro anniversario di matrimonio : DONATELLA TRETJAK di Trieste e GUIDO BARELLA di Gorizia. Il Presidente della Associazione Sul Sicomoro MARINO POZZI, presentando la coppia di giornalisti Donatella e Guido, ha ricordato personaggi famosi in quel di Trieste : Umberto Saba di cui ha letto una poesia " Trieste...con gli occhi azzurri e mani troppo grandi per regalare un fiore..." e poi delle sue conoscenze in quel di Sondalo, MARIO VESNAVER profugo istriano. ( anche io lo ricordo benissimo perchè trasmetteva su Radio Tirano e leggeva i miei articoli ) A voci alterne Donatella e Guido, hanno raccontato le vicende della Grande Guerra e della Cortina di Ferro ( definizione di Winston Churchill ) lungo il confine con la Yugoslavia durante l' epoca di Tito e di Trieste quando era la terza città dell'Austria sotto l' Impero Austro-Ungarico. Il porto di Trieste è il più importante del Mediterraneo essendo profondo 37 metri perchè non ha bisogno di opere di dragaggio per cui possono ormeggiare navi di qualsiasi grandezza. Nel settembre 1947, i soldati neozelandesi e anglo-americani ( 40.000 ) armati di pennelli e barattoli di vernice bianca hanno tracciato a Gorizia il confine fra le 2 nazioni secondo la Convenzione di Pace di Parigi. Il loro libro STORIE DAL CONFINE ( lo potete trovare in libreria Tiralistori ) ha una foto emblematica in copertina : una mucca con 2 zampe in Italia e 2 in Yugoslavia. Situazioni simili come il cimitero diviso e case con stalle e terreni in due nazioni diverse. Poi ci hanno raccontato storie di commercio, di contrabbando, con l'arrivo a Trieste di centinaia di autobus per i 2 mercati settimanali dove si scambiavano merci di ogni tipo, compresi orologi e jeans. Sport americani, basket , balli e matrimoni misti ( 1300 ) e per la prima volta in Italia il Corpo di Polizia Femminile garantiva l'ordine fra le diverse popolazioni , italiane, tedesche , slovene, friulane ecc. Non poteva mancare il tragico ricordo storico delle Foibe e dell'esodo istriano. A conclusione un aspetto positivo unico in Europa : CAPITALE DELLA CULTURA NEL 2025 GORIZIA INSIEME A NOVA GORICA, IN SLOVENIA. Per ricordarci che dobbiamo essere cittadini del mondo. Bernardo Gabriele Ferrari
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1 COMMENTI
29 03 2025 12:03
Méngu
Questa sotto è una bella storia raccontata da un " cantastorie " tiranese che, sia pur quasi sconosciuto vive ancora ( così mi dicono ) in Tirano. Leggetela, se volete, sappiate che è una storia "vera e verenta " documentata in Val Poschiavo e da ricerche fatte anche in Tirano. 162-I “promessi sposi “ di Cavaione ( canto di una storia d’amore e di confine ) O bella e soliva Cavaione, antica frazione di Tirano, adagiata sul versante destro della valle dii Poschiavo, dirimpettaia alla dolce e assolata contrada di Viano, sulla strada che a te conduce su un sasso fu scolpita una scritta ben chiara: Cavaione frazione di Tirano, ma la sorte volle che dalla Rezia fu acquisita. Di cittadini senza Patria sei stato contestato borgo, ora proprio di una storia tra due giovani voglio parlare, è una bella e chiara storia d’amore che a voi porgo come esempio d’un mondo assai complicato e truce, zeppo dì leggi e cavillosi ingarbugliati impedimenti solo un forte amore riuscì, in questo caso a far luce. A causa di una ambigua ma tenace amministrazione, che per anni e anni si è protratta in quel di Coira, sorse a Brusio e a Cavaione una gran confusione. Dissero i burocrati comandanti del Piccolo Consiglio: “ Questo matrimonio a Brusio non si può celebrare, il parroco di Brusio altrove cerchi un altro appiglio“. Così fu la storia: due giovani contadini e poco dotti, uno è di nome Giovanni Pedretti ragazzo risoluto l’altra una bella giovane di nome Bernardina Manfredotti Contadini entrambi e abitanti alla contrada Cavaione che ai quei tempi però era una piccola contrada Retica, ma per il sentimento degli abitanti era di Bianzone. Al pascolo accanto al furioso torrente del Saiento i due giurarono al Signore d’essere promessi sposi, il rumore del cascar d’acque sigillò il loro sentimento. Del fiero Giovanni pur abitando in contrada Cavaione non si sapeva se fosse uno svizzero o un italiano, perché Brusio non trasse mai la “ superiore decisione. “ La dolce Maria Bernardina con carta alla mano si affrettò a dimostrare con gioia e grande vigore d’aver da tempo ricevuto il passaporto italiano. Ma se l’una era italiana e l’altro purtroppo un apolide come si poteva celebrare il desiderato matrimonio nella parrocchia di Brusio senza carte civili valide ? Il signor Giacomo Zala uomo di cuore e gran piglio, da tempo stimato vicepresidente del Circolo di Brusio, mandò subito al Lodevolissimo e Piccolo Consiglio missiva per chiarire sotto quali leggi e condizioni il desiato matrimonio a Brusio si poteva celebrare poiché Cavaione era giurisdizione di loro Padroni. Fiducioso di risposta che togliesse l’ingiusto vincolo, lo sottoponeva per giusta causa all’Alta Loro Autorità dicendo che la contrada Cavaione era nel suo Circolo. Inviò a Coira, dei due, il certificato di battesimo, unito a quello di stato libero e la lor santa volontà in carta non bollata senza spesa d’un centesimo. Povera era Maria Bernardina, ma assai amabile, la parrocchia di Tirano le regalò tutte quelle carte essendo lei in stato assolutamente miserabile. Attesero a lungo i nostri amati Promessi Sposi, attese a lungo il vice presidente Giacomo Zala ma la risposta non pervenne mai ai due bisognosi. Lo Zala, stizzito e furente per quel silenzio assoluto si rivolse allora alla “ Lodevole Direzione di Polizia “ per saper di quel comportamento ostile e muto. Era il 21 di giugno 1862 quando lo Zala scrisse al “ Piccolo Consiglio “. Passato era gran tempo ! Il 7 ottobre Giovanni Pedretti allo Zala disse: “D’una risoluzione ho ormai perso ogni speranza , ora in fretta devo sposare Maria Bernardina, la mia amata l’ho messa in stato di gravidanza.“ All’udir lo Zala pensò che il fatto era d’incaglio temendo che lo sposo magari mancasse di parola o che la madre dovesse mancare nel travaglio, o che il figliol nato doversi il comune mantenere. Informò il parroco di S. Carlo, don Giovanni Zanetti del fatto che poi a Brusio dovesse provvedere. Il 10 marzo , Don Zanetti scrisse una lettera accorata a padre Teodosio, vicario del Vescovado di Coira, per sciogliere quella situazione assai ingarbugliata . Spiegò che “ la donna è ora gravida e al parto vicina”, che i “ promessi sposi “ combinino presto il matrimonio, poiché quella “ sinistra impressione “ è di Brusio rovina. Padre Teodosio forse parlò al Ministro competente per lo scandalo funesto che sarebbe nato a Brusio ma nessun cenno s’ebbe e tutto questo andò in niente. Forse fece mal il solerte don Zanetti a appellarsi a Coira per ricevere chiare, buone, giuste istruzioni del come in questa difficile situazione regolarsi. Avrebbe dovuto, in questo caso, rivolgersi a Como essendo la sua parrocchia in quella giurisdizione. Purtroppo al mondo il senno di poi è in ogni uomo. Forse Padre Teodosio informò don Zanetti del fatto, indicò forse la via da seguire per risolvere la questione, cosa che il solerte parroco don Zanetti fece affatto. Ma cosa fece Giovanni, il paziente promesso sposo in una sera che l’ira e la malinconia lo colse ? Non disse nulla, ma con il fegato di rabbia roso andò nel fienile e un gran forcone aguzzo prese, poi si avvio quatto , quatto, giù per il sentiero che porta ai borgo di Brusio con l’ aguzzo arnese. Giunto nel borgo di Brusio a balzi e con fare furente, gridò a gran voce con occhi di sangue e incandescenti: “voglio parlare con don Zanetti e con il Vice presidente ! Popolo di Brusio voglio sapere della mia questione , Bernardina è gravida e la voglio subito maritare , chi di voi si oppone ha da fare con il mio forcone . Voi due, venite fuori dai portoni, o gran satanassi fatevi vedere , or sono stanco delle vostre promesse nel mio zaino ho per voi un gran carico di sassi.” Ecco giungere con fare timoroso e guardingo don Zanetti e il vice presidente fuor dall’ uscio. Giovanni Pedretti or grida :” andate a ramengo ! Sono uno svizzero fin quando a voi signori va bene, sono un italiano fin quando a voi furboni conviene sono irato, stufo, sono stanco morto di queste pene. Se non volete assaggiare la punta del forcone orsù veloci ora fate quel che a me conviene, ma subito perché sposi la mia amata di Cavaione.” Al ruotare del forcone in alto e poi in basso si sentì una voce come rumore di gran cascata: diceva:” ascoltatelo sennò di Brusio farò sconquasso. “ Così parlarono le possenti acque della Val Saiento, e un rumore di pietre cadute giunse fino Meschino, in fretta tutti fecero il segno di croce per spavento. Subito Giovanni pose a terra il grosso forcone, poi a gran voce disse innanzi al popolo tremante, “ Gente, adesso troviamo insieme una soluzione”. Fu cosi che, dopo quella voce, ognuno si mosse, il teologo Quadrio in Tirano conobbe i due giovani, dopo il racconto della loro odissea si commosse. Il 20 maggio 1863 a Tirano ci fu il loro matrimonio, testimoni furono Domenico Merizzi e Antonio Pianta, di questo lieto fatto Tirano ancora resta il testimonio dei due giovani di Cavaione che seppero volersi bene tra guerre di confini , leggi con arroganza di potere, il grande esempio fu che l’amore spezza le catene. Ma lo zelante parroco di Brusio aveva la questione formalmente dichiarata e si appellò al Piccolo Consiglio poiché voleva nel suo gregge gli abitanti di Cavaione. Con fermezza disse che quelli erano del suo gregge, con pieni diritti nazionali svizzeri e di sposarsi in Brusio. Il 26 aprile 1875 il governo di Coira con una legge informò Berna che a Cavaione era stata conferita a 108 persone finalmente la cittadinanza svizzera, da quel momento l’odissea del Cavaionesi era finita.