Tirano 15 giugno 1797: con un omicidio nasceva la Rivoluzione Tiranese
CULTURA E SPETTACOLO - 22 02 2023 - Ivan Bormolini
(Di I. Bormolini) Come preannunciato ieri grazie al diario inedito di Giacomo De Campo si potranno comprendere alcuni particolari della Rivoluzione Tiranese in nome della libertà. Il diario del nostro concittadino di quel tempo iniziava proprio il quindici di giugno 1797, festa del Santissimo Corpo del Signore. Per il nostro cronista quel giorno era stato definito come fatale, dove i veri e così detti zelanti della Patria, il signor Antonio Merizzi Clemente, il signor Domenico Pola e i signori Francesco e Giuseppe Nazzari, come capi e con molti seguaci avevano fatto la rivoluzione nel paese. Questi, stando alle parole del De Campo, avevano portato alla rovina del borgo, ma nel suo redigere quelle pagine egli affermava che i citati signori andavano millantando che la rivoluzione era necessaria per sottrarsi dal Governo Grigione che comandava nella provincia della Valtellina e con quell'azione si poteva godere di libertà ed uguaglianza. Viene da pensare che lo stato d'animo del nostro narratore di quei fatti non fosse certo dei più tranquilli, era infatti un sostenitore dei Grigioni ed era preoccupato del fatto che con varie lusinghe, il signor Antonio Merizzi Clemente, aveva attirato attorno a se o meglio “al suo parere” buona parte del popolo tiranese. Ed in quel quindici giugno 1797, subito dopo il mezzogiorno, questi avevano cominciato ad armarsi e si erano portati in piazza. La piazza è sempre l'attuale piazza Cavuor, allora denominata piazza d'Armi, un’agorà che anche in quell'occasione così come nella lunga sequenza di fatti storici di Tirano era stata protagonista. Proprio in detta piazza, in quel momento si trovava il cugino di Giacomo De Campo che portava lo stesso nome e cognome del redattore del diario. Quest'uomo, che evidentemente politicamente la pensava come il parente, si era trovato al cospetto di Antonio Merizzi e si era sentito dire: “Sei qui o traditore della Patria”, al De Campo senza che avesse potuto proferire verbo, “con quattro colpi di sciabola gli fu diviso il capo in tre parti e poi fu trovato il padre e un suo fratello e furono da questa società messi in prigione..” Davvero, dunque, la Rivoluzione Tiranese non voleva perdere tempo e purtroppo si era subito tinta di sangue. La veridicità di quanto scritto da Giacomo De Campo sull'uccisione del cugino è confermata. Lo storico e prevosto di San Martino in Tirano don Lino Varischetti, leggendo questo passo era andato a controllare il Registro dei Morti della nostra parrocchiale e proprio in data 15 giugno 1797, aveva trovato un'annotazione scritta ovviamente in latino che testimoniava la morte di “Iacubus De Campo in platea dicta della Armi ictu ensis percossus nulla receptu ecclesiae sacramento”. La nota segnata nel Registro dei Morti della nostra parrocchia, quasi senza ombra di dubbio doveva essere stata scritta dal prevosto di quel tempo, don Gaetano Merizzi che era stato prevosto di San Martino quale successore di Gian Maria Omodei dal 1794 al 1806. Di don Gaetano Merizzi farò cenno più avanti, in quanto il sacerdote aveva retto la parrocchia proprio in quel momento turbolento delle innovazioni libertarie, portate dalla Rivoluzione Francese sino a Tirano. Il De Campo testimone dei fatti e scrittore si era poi dilungato nel descrivere altre “gloriose” imprese di quel primo giorno di rivoluzione citando una drammatica caccia ai nemici del popolo e una triste sequela di soprusi, vendette ed il tutto in nome della libertà. Ed era stato proprio in quel giorno che anche Giacomo De Campo finiva per la prima volta in prigione assieme a suo padre, che era stato sorpreso nel fienile mentre recitava l'Uffizio da Morto evidentemente al nipote al quale il capo era stato diviso in tre parti a sciabolate. Qui emerge un fatto un poco particolare: pare vero che con quel terminare del primo giorno di rivoluzione molti Tiranesi nella notte avessero dormito con “un occhio solo”, ma si apprende dalle ricerche del Varischetti che Giacomo De Campo era stato scarcerato il 23 giugno. La stranezza sta nel fatto che comunque dalle prigioni l'autore del diario aveva tracciato anche alcuni fatti del giorno 16 giugno 1797. Tralasciando al momento quelli relativi all'arrivo nel borgo del conte Gaetano Lechi, giunto a Tirano proprio il sedici giugno, il redattore scriveva che in quel giorno, era stata saccheggiata la casa di un certo Parravicino con la fuga delle signore che si trovavano in quell'abitazione. Circa al suono dell'Ave Maria della sera, era stato condotto in carcere Domenico Samadeno e poco dopo era stata tratta in arresto anche la signora Donna Maddalena. E' qui ipotizzabile proprio perché il diario non lo dice, che Domenico Samadeno, proprio facendo riferimento al cognome ancor oggi diffuso in Valposchiavo come “Samadeni”, fosse un chiaro esempio di sostenitore della continuità del Governo Grigionese nelle nostre valli e per questo tratto in arresto. Su Donna Maddalena, restando tra le congetture, si potrebbe essere portati a pensare che essa fosse una parente se non moglie del Samadeno, oppure qualche donna influente contraria alle ideologie rivoluzionarie di quei giorni, in caso opposto non se ne spiegherebbe la carcerazione. FONTE: TIRANO. Autore don Lino Varischetti. Stampa: finito di stampare il 29 settembre 1961 presso la Tipografia Bettini in Sondrio. Dal capitolo XXX, pagine 135,136,137. Capitolo XX pag. 96.
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