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Tirano 16 giugno 1797: il conte Gaetano Lechi nel borgo

CULTURA E SPETTACOLO - 23 02 2023 - Ivan Bormolini

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(Di I. Bormolini) Prima di parlare nuovamente del diario di Giacomo De Campo, occorre fare delle precisazioni: come si è appurato nella pubblicazione di ieri, la Rivoluzione Valtellinese aveva ben attecchito a Tirano, la stessa cosa era avvenuta in quei giorni anche in altre zone della Valtellina, ma non in tutte.

A Bormio, ad esempio, sembrava proprio che i residenti non avessero voglia di fare la Rivoluzione ed i sacerdoti della Magnifica Terra non intendevano andare in piazza per cantare l'evviva e baciare la berretta rossa.

Nel complesso del territorio Valtellinese e Valchiavennasco altre comunità oltre a quella di Bormio, non avevano accettato con lo stesso entusiasmo le idee giacobine.

Forti resistenze si erano registrate in Val San Giacomo e a Villa di Chiavenna, in questi territori infatti i rapporti con i Grigioni erano intensi e protetti da particolari privilegi. A Bormio per evitare rappresaglie l'Albero della Libertà era stato issato solo il ventisei luglio, ben un mese e qualche giorno dopo quello di Tirano.

Ma eccoci nuovamente al diario, perché il sedici giugno 1797, le pagine del manoscritto citano l'arrivo a Tirano del conte Gaetano Lechi detto il “conte Diavolo”, questi era sfuggito alla giustizia della Repubblica di Venezia arrivando prima a Tirano e poi a Bormio.

Il nostro De Campo non aveva tracciato una descrizione precisa di questo personaggio, ricercando però su altre fonti ho scoperto che Gaetano Lechi era ricchissimo, ateo e donnaiuolo. Il Varischetti lo aveva definito nella sua opera intitolata Tirano “un tristo figuro” che era giunto nel borgo inviato da Milano per coordinare i moti rivoluzionari.

Se il prigioniero Giacomo De Campo non era andato a fondo nel narrare la figura di Gaetano Lechi, nel suo diario aveva citato l'accoglienza che i nostri Tiranesi gli avevano riservato, per il suo ingresso “si fece grande festa e fu fatto sparro di Mortari”.

Il conte Gaetano Lechi -continua il diario- per aggraziarsi l'animo dei Tiranesi, aveva promesso libertà a “crepapelle” ed addirittura si era avventurato nell'affermare di voler costruire la strada dell'Aprica per poter giungere dalla Valcamonica a Tirano in carrozza.

Davanti a tali affermazioni, il nostro scrittore asseriva che erano tutte “millantazioni e tutte false promesse per inorbire il popolo della Valtellina”.

Sull'opera della strada dell'Aprica, ma se ci pensiamo bene anche sul resto, si può certamente dire che l'osservatore Giacomo De Campo avesse ragione, perché riferendosi alla grande opera pubblica, ben si sappiamo che era stata realizzata alcuni decenni dopo (1855) quando si era sotto la dominazione degli Austriaci.

Il conte Diavolo Gaetano Lechi era rimasto a Tirano per circa due giorni, vedendo che la rivoluzione proseguiva bene nel nostro borgo aveva deciso di recarsi a Bormio perché gli abitanti non intendevano staccarsi dai Grigioni.

Di certo giungendo a Bormio non aveva trovato la grandiosa accoglienza riservata a lui dai residenti del borgo di Tirano, infatti, alla notizia del suo arrivo tutto il popolo di Bormio si era armato andandogli incontro con l'intento di cantagli un evviva ben differente.

Vista la situazione a lui non certamente favorevole, il Lechi era dovuto tornare a Tirano e si dice che vi aveva fatto rientro come un cane bastonato; aveva riordinato le idee e evidentemente anche le azioni da intraprendere con i suoi seguaci e dopo una settimana era ripartito con vigore alla volta della Magnifica Terra.

Con forza era riuscito ad insediarsi mettendosi a spadroneggiare: aveva costretto i Bormini a gettare a terra la colonna della berlina, a cancellare tutti gli stemmi gentilizi, levare gli strumenti di tortura  e bruciarli in piazza.

Si era messo contro il clero del Contado e a diffondere idee sovversive contro la religione...” e minacciava di morte tutti quelli che non volevano aderire alle sue massime  e principalmente contro i sacerdoti che parlavano contro le nefande sue credenze”......

Leggendo il diario del nostro De Campo si scopre che i Bormini erano sdegnati dalle smargiassate di quel satanasso, e così si erano organizzati.

Oltre al resto il nostro cronista tiranese dice:

….... “ Si radunò subito il popolo e fecero un consiglio per deliberare ciò che il Signore suggeriva e in quello momento tutto il popolo si era dato nelle furie e si armarono tutti contro questi malintenzionati li quali vedendo che venivano in pericolo si darono alla fuga. Il Lechi si inviò verso Cepina......”

Alcuni dei gregari del “conte Diavolo” erano stati raggiunti ed arrestati. Due di questi erano stati fucilati essersi confessati mente il conte Lechi non aveva voluto farlo.

“Allora -prosegue il diario- dopo vari colpi di archibugio sparati senza offenderlo finalmente un certo nominato Barbigio di Santa Lucia tirò un colpo col suo archibugio rigato e lo colpì e fu strascinato fino al fiume Adda appresso al ponte di Cepina e là fu sepolto nel fiume”.

 

 

FONTI: TIRANO. Autore: Lino Varischetti. Stampa: Finito di stampare il 29 settembre 1961 presso la Tipografia Bettini in Sondrio. Dal capilo XXX, pagine 138, 139, 140.

STORIA DI VALTELLINA E VALCHIVENNA. Autori: D.Benetti, M. Guidetti. Stampa: finito di stampare nel novembre 1998 da Polaris Sondrio. Dal capitolo nono, pagina 137.

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