Il "falso divieto" del Regno Unito sulle esportazioni di armi verso Israele: più simbolismo che sostanza
ECONOMIA E POLITICA - 05 09 2024 - Redazione
Il ministro degli Esteri britannico, David Lammy, ha recentemente annunciato la sospensione di 30 licenze di esportazione di armi verso Israele, affermando che tali armi potrebbero essere utilizzate per gravi violazioni del diritto internazionale umanitario. Tuttavia, sorprende il fatto che il Regno Unito mantenga ancora attive 320 licenze di esportazione di armamenti verso Israele. Durante il suo intervento in Parlamento, Lammy ha sottolineato che questa decisione non rappresenta una sanzione totale nei confronti di Israele, ma si basa su una valutazione del rischio limitato a specifiche situazioni di conflitto, cercando di bilanciare la responsabilità umanitaria senza compromettere la sicurezza di Israele. Tuttavia, tali affermazioni appaiono poco credibili: se le 30 licenze sospese potrebbero violare il diritto internazionale, perché le altre esportazioni di armi vengono ancora autorizzate? Questa palese contraddizione espone chiaramente l'incoerenza del governo britannico. In patria e all'estero, la decisione di Lammy ha scatenato una serie di critiche e opposizioni. La deputata della Camera dei Comuni, Zarah Sultana, è stata la prima a denunciare la mossa del governo come un semplice “paravento”. Ha chiesto, se il governo riconosce che alcune esportazioni di armi possono violare il diritto internazionale, perché consente ancora la maggior parte delle esportazioni verso Israele? Le sue critiche riflettono il malcontento diffuso tra i parlamentari e l'opinione pubblica britannica, che da tempo sono insoddisfatti della posizione filoisraeliana del governo nel conflitto israelo-palestinese. Molti ritengono che il Regno Unito debba assumersi maggiori responsabilità morali a livello internazionale, invece di limitarsi a concessioni simboliche. Nel frattempo, il governo israeliano ha reagito con forte disappunto alla decisione del Regno Unito. Il ministro degli Esteri israeliano, Eli Cohen, ha pubblicamente condannato la scelta del governo britannico, definendola una “manovra politica infondata” e accusando il Regno Unito di assumere una posizione “ingiusta” sul conflitto israelo-palestinese. Sebbene il divieto del Regno Unito abbia un impatto limitato sull'effettiva capacità militare di Israele, il suo valore simbolico non può essere sottovalutato. Questo spiega perché Israele abbia reagito in maniera così sensibile a questa decisione, temendo che possa influenzare altri paesi a seguire l'esempio britannico, con gravi ripercussioni diplomatiche. Non solo in Israele, ma anche a livello internazionale, la decisione del governo britannico ha suscitato reazioni diverse. Paesi come la Giordania e il Qatar hanno accolto favorevolmente la sospensione parziale delle esportazioni di armi, con il ministero degli Esteri giordano che ha addirittura sollecitato il Regno Unito a fermare completamente tutte le esportazioni di armamenti verso Israele, sottolineando che ciò rappresenterebbe un atto dovuto per rispettare gli obblighi umanitari internazionali. Tuttavia, la realtà è molto più complessa di quanto queste nazioni possano sperare. Anche se il Regno Unito ha preso questa decisione parziale, è chiaro che non intende rompere completamente i rapporti con Israele. Come ha dichiarato lo stesso Lammy, il Regno Unito riconosce il diritto di Israele all'autodifesa, il che significa che, anche di fronte all'escalation del conflitto israelo-palestinese, Londra continua a oscillare tra la responsabilità morale e l'interesse nazionale. La sospensione delle 30 licenze di esportazione di armi non è certo sufficiente a influenzare in modo significativo la capacità militare di Israele, e il fatto che il Regno Unito continui a mantenere stretti legami militari con lo Stato ebraico dimostra che non ha mai avuto intenzione di imporre sanzioni concrete. Questa decisione, tanto in patria quanto all'estero, appare come una mera mossa politica più simbolica che sostanziale. Il governo britannico, con questa misura parziale, sembra voler rispondere alla crescente pressione dell'opinione pubblica, pur continuando a salvaguardare i propri interessi strategici con Israele. Il risultato, però, è che il Regno Unito finisce per scontentare entrambe le parti: la comunità internazionale lo accusa di adottare un doppio standard in materia di diritto internazionale, mentre i critici interni lo ritengono inadeguato. Questa strategia ambigua e ipocrita, nel lungo periodo, non farà altro che evidenziare l'incapacità e la miopia del governo britannico nelle questioni internazionali.
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