I laghetti di Valle
CRONACA - 06 03 2023 - Ezio (Mèngu)
“Campa caval che l’erba la cres”. Non c’è tiranese che non abbia sentito parlare dell’ipotetico laghetto che si era pensato di realizzare nella zona del “S. Michele“ o della zona del Rudùn. Erano sogni ad occhi aperti fatti di sottili sfumate e di soffusi e velati conciliaboli tra persone di buona volontà; poi, finita la bagarre elettorale, ovvero finita la festa, è stato gabbato lo Santo e silenti come funghi sono apparse al loro posto case. Mentre leggete questo scritto non dovete pensate alla stupenda cornice del laghetto di Grosotto incastonato come pietra preziosa nel fondo Valle perchè sentirete una fitta al cuore guardando dal Campone la conca del tiranese. La conca è ormai pregna di costruzioni e presto noterete una necessaria tangenziale che si snoda tra selve e frutteti, antichi ruderi e deliziose vallette e par che arranchi sul lato sinistro orografico della montagna per evitare, per un tratto, il “velleitario” Campone. Ma non basterà questo “assembramento “che sembra strozzare ancor di più la stretta valle poiché, presto o tardi, vedremo anche una futura sottostazione a 380 kV, ben presente nei vigorosi dibattiti dei nostri Sindaci di Valle che , pur ammettendo la necessità, nessuno vuole che sia ubicata sul suo territorio. E’ il naturale effetto Nimby che abbiamo tutti in corpo. Nessuno vuole aggiudicarsi quel “groviglio di tralicci e linee “ anche se la sottostazione a 380 kV di Terna libererebbe la Valle da centinaia di tralicci delle vecchie linee a 220 kV per farne una sola a 380 kV . Allora come si può pensare ad una veloce “transizione” dai motori termici a quelli elettrici per i mezzi di trasporto, senza linee elettriche che portano invisibili e silenziosi elettroni ? Signore, vienici in aiuto quando ci sarà da ricercare anche lo spazio per la futura ferrovia Tirano- Bormio ! Siamo avvolti dall’effetto Nimby dove tutto si può fare sul territorio del vicino ma non sul nostro. Desolante vedere che si trovano subito spazi utili da dedicare a supermercati, capannoni industriali, attività varie che occupano, nel nostri Comuni, estese parti di suolo ben oltre a quelli occorrenti per sottostazioni elettriche. Insomma, al posto di un dolce e incantevole laghetto che appariva nel nostro immaginario, magari nella zona del Rodùn o in un altro sito, ora si prospetta alla nostra vista una “colata cementizia “ dai mille tentacoli in una valle dove, tra qualche anno non si troverà il posto, non per un laghetto, ma nemmeno per una tettoia di un pollaio. Si potrebbe dire che la “ cementificazione della Vallata” la facciamo per il nostro benessere, per aumentare i posti di lavoro, per le nostre comodità, per il turismo e soprattutto per i “ ghèi “ ( denaro ) , vero dio dei nostri giorni. E va bene, “ ciapamola sü dulscia e tirém innanz “. Ora se nel tiranese lo spazio per “ farci “un laghetto è andato in fumo ed è saltato per nostra volontà e la colpa non è mai di nessuno e la diamo al ballo del Bayon, forse per altri Comuni è ancora possibile intervenire . E’ una fortuna, anzi grazia ricevuta goderci dei deliziosi laghetti con la nostra famiglia in santa pace, pensandoli anche come accumulo di acqua per l’irrigazione e per la pesca e in questi tempi di siccità la natura ci insegna a tener l’acqua preziosa, per le nostre mille necessità . Non vorrei che succedesse, per carenza d’acqua, che ci lavassimo in cascata con “un metodo impositivo “ come dettava una barzelletta che girava negli Alpini al “campo invernale” dove l’acqua era scarsa perché ghiacciata. Cito per ordine gerarchico: nel catino colmo d’acqua ghiacciata prima si lava e si fa la barba il Capitano, poi si lava le orecchie il Tenente che porge catino colmo per tre quarti al Sergente che si lava le mani e il naso, poi passa il catino quasi vuoto all’Alpino che “ incazzoso ma ubbidiente “ vedendo l’acqua sporca la dà in grazia al suo mulo e va a lavarsi il volto con la neve. Per evitare questi incresciosi esempi per mancanza d’acqua dobbiamo quanto prima cercare soluzioni possibili e suoli idonei per costruire dei piccoli invasi artificiali, chiamiamoli laghetti di servizio del territorio, che possono servire per uso irriguo, per uso idropotabile, per uso antincendio boschivo e non da ultimo per pesca e uso sportivo. Questi laghetti, se posti a valle di alcune centrali idroelettriche che a monte hanno dighe, possono essere “salvadanai d’acqua idonea e possono fungere, oltre agli usi sopra citati, anche per il riciclo dell’acqua ( pompaggio ) per produzione di energia elettrica. E’ ormai tempo, anche nelle nostre valli, di considerare l’acqua come qualcosa di prezioso e considerare il suo “ riciclo “ per molteplici servizi. Ezio (Mèngu)
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