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Buon anno o tanti auguri per un felice anno nuovo?

CRONACA - 30 12 2020 - Ivan Bormolini

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(Di I. Bormolini) Ci siamo, con tutte le limitazioni o restrizioni che dir si voglia, domani notte finalmente saluteremo questo anno bisesto e più che mai funesto.

Nello stappare una bottiglia di bollicine, mi raccomando di quella nostra eccellenza italiana, brinderemo all'anno nuovo senza alcun rimpianto nel salutare quello che sta per finire.

 

Nell'intimità delle nostre case, in quel gesto si racchiuderanno tanti pensieri e tante aspettative che mai, nella storia recente, saranno così vissute e cariche di motivi che faranno sperare in un anno migliore. Uno tra questi motivi è certamente l'arrivo del tanto atteso vaccino, unica arma per uscire da questa pandemia.

Ma sarà un augurarsi un pensieroso o dubbioso buon anno, oppure si crederà ad un felice anno nuovo?

 

Le variabili per dare una risposta alla domanda sono molteplici e tutte dipendono da una serie di incognite calcolabili oppure meno prevedibili, il risultato finale sarà solo il tempo a fornircelo.

Certo mentre sto scrivendo, le notizie sulla mutazione del virus diffuse già nella domenica prima della settimana che ci ha portato al Natale, gettano molte perplessità capaci nuovamente di mettere in discussione le future decisioni strettamente collegate a quell'indice di contagio con il quale tutti i giorni facciamo i conti.

 

Occorre che nell'anno nuovo chi ci governerà, metta da parte quella litigiosità a cui abbiamo assistito anche negli ultimi giorni di questo dicembre. Uno spettacolo quest'ultimo, che se si protrarrà anche nell'immediato futuro, certamente non porterà a soluzioni mirate alla nuova rinascita del paese.

La verità dei fatti è che dopo la crisi economica iniziata nel tardo 2008 e dilungatasi con pesanti conseguenze per qualche anno, l'economia del nostro paese si stava risollevando e faceva guardare con un certo ottimismo al futuro. L'inevitabile fermata del sistema produttivo italiano, unita alla crisi globale dovuta alla grave incertezza generata dalla pandemia, ha nuovamente rimesso in scacco quella ventata di sicurezze che a fatica ci si era riconquistati.

 

Ecco perché oggi più che mai la politica nazionale non deve viaggiare in monopattino, ma su vetture con solidi motori che siano condotti da una seria e costruttiva cabina di regia fatta di lungimiranza. Tutta la macchina produttiva, della grande, piccola e media industria deve riprendere, così come l'artigianato, l'edilizia, il grande indotto, il commercio ed il turismo con tutto ciò che supporta queste identità fondamentali.

Purtroppo ed inevitabilmente, molti posti di lavoro sono andati perduti ed altri ne andranno persi. Ma proprio il lavoro che una delle dignità fondamentali, deve essere recuperato ed incentivato cercando con qualsiasi strategia di far ripartire il grande motore dell'impresa Italia.

 

La politica deve essere in grado di fare tutto questo, con incentivi, progetti mirati ed un serio modello di sburocratizzazione e detassazione che da tanti vengono chiesti a gran voce, ma che non hanno mai trovato una concreta applicazione.

La situazione sociale della nostra Italia non è delle migliori, tantissimi sono i giustificati motivi di preoccupazione e di nuove povertà, al fine di non innescare una miccia pericolosa, quanto sopra affermato deve trovare compimento, non è più possibile commettere errori o mettere in campo soluzioni tampone e provvisorie.

Guardando alla nostra Tirano e alla nostra Valtellina e Valchiavenna, desidero sottolineare due aspetti che reputo fondamentali per l'anno nuovo.

 

Certamente per la nostra città, il regalo di Natale più gradito e annunciato dal sindaco Franco Spada, è stato quello dell'approvazione del progetto esecutivo della tangenziale di Tirano. A breve sarà indetto il bando di gara per un'opera tanto attesa e di cui si è discusso per decenni.

La successiva cantierizzazione dell'arteria, mi porta già a pensare al futuro momento inaugurale e di conseguenza al nuovo volto che la nostra città avrà. Tutto questo mi sembra già un motivo per dire che per noi tiranesi il 2021 sarà un felice anno nuovo in vista di quel cambiamento che senza dubbio possiamo definire storico.

 

Per Valtellina e Valchiavenna, vi è però una gravissima problematica che soprattutto in quest'anno che volge al termine, è esplosa in tutta la sua gravità. Mi riferisco alla sanità ed al futuro del nostro ospedale Eugenio Morelli.

Nei mesi passati, su questa delicatissima e complessa materia ho dedicato ampi spazi ed inutile che riassuma quanto è avvenuto e avviene nel contesto della nostra Sanità di Montagna e in riguardo al Morelli.

 

Durante l'anno nuovo si tornerà sui tavoli della discussione che vede il delicato tema della riorganizzazione proprio della Sanità di Montagna. L'auspicio è molto semplice: sperando che la pandemia da Covid-19 abbia una grande limitazione, se non una definitiva fine, il quadro della sanità pubblica delle nostre valli, deve essere ridisegnato tenendo conto che non va spezzato o ulteriormente indebolito nessun anello della catena. Credo fermamente che la ricetta “Più ospedale Sondrio e più ospedale Morelli”, con una corretta visione e potenziamento delle loro peculiarità o eccellenze, sia l'unica strada perseguibile, un percorso che deve tener ben presente anche Chiavenna e Morbegno, ma soprattutto le esigenze della nostra gente e di un territorio a forte vocazione turistica. Per farla breve, l'ospedale Morelli in particolare deve tornare ad offrire le stesse specialità che erogava prima del Covid, tra queste anche quelle eccellenze trasferite a Sondrio che in passato erano nate e si erano sviluppate tra i padiglioni di quell'ex Villaggio Sanatoriale.

 

Sarà per la nostra sanità un felice anno nuovo capace di darci una sanità pubblica finalmente e definitivamente ridisegnata senza chiusure, depotenziamenti, declassamenti, ulteriori trasferimenti e altro? Speriamo, la sanità valtellinese, non può in alcun modo fare a meno del Morelli e questo è un fatto che in quest'anno si ampiamente dimostrato.

 

Buon anno!

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