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Il Morelli e le perplessità di un cittadino

CRONACA - 20 07 2020 - Ivan Bormolini

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(Di I. Bormolini) Ciò che scrivo in queste riflessioni, sono i semplici pensieri di un cittadino seriamente preoccupato per la situazione in cui versa l'ospedale Morelli. Credo di poter dire che queste mie parole siano condivisibili da molti.

In queste ultime settimane ho seguito con attenzione questa complessa vicenda, ho letto i comunicati stampa, seguito i servizi delle tv locali e i ai vari post post pubblicati da più parti sui social.

 

Chi mi legge dalle pagine di questo giornale, oppure chi mi conosce, sa benissimo che mi sono sempre schierato a favore e a tutela del nostro Morelli.

Dico nostro, perché per un ampio bacino d'utenza il Morelli non è considerato l'ospedale sotto casa, ma l'ospedale di casa. Se mi permettete tra le due cose vi è una sostanziale differenza.

 

Quando è stato presentato il Piano di riorganizzazione della sanità valtellinese, redatto dagli esperti del Politecnico di Milano su commissione di Regione Lombardia, ho visto il tutto con una certa e personale diffidenza, ravvedevo uno studio che a mio parere non incentrava troppe attenzioni sul Morelli, ma quasi tutto volto a potenziare Sondrio.

Non sono mai stato favorevole di una visione “sondriocentrica”della sanità di valle, a suo tempo non ho condiviso l'idea di realizzare nel capoluogo un unico grande ospedale, ed oggi non comprendo ciò che sta accadendo, ovvero la conferma della centralità di Sondrio a discapito di Sondalo. Non credo a chi dice che per il Morelli cambierà poco, ma penso che si stia innescando un pericoloso viatico al fine di sminuirne la sua operatività.

 

Per tutte queste idee, sin dalla sua fondazione ho aderito con convinzione alle proposte formulate dal Comitato in difesa della sanità di montagna. Ritengo infatti che le personalità che lo compongono, compreso l'avvocato Ezio Trabucchi che recentissimamente ha dato pieno appoggio al Comitato, abbiano redatto le vere vie percorribili al fine di salvaguardare il Morelli, agendo in scienza e coscienza. Per tali motivazioni, concordo anche con le prese di posizione dei sei primi cittadini dell'Alta Valle che si sono fatti, assieme ai membri del Comitato, portavoce delle istanze, degli oggettivi bisogni e delle preoccupazioni dei loro cittadini ed anche di altri valtellinesi che considerano l'ospedale Morelli un baluardo fondamentale per la sanità locale.

 

Di conseguenza anche l'esposto presentato in Procura e in Prefettura la scorsa settimana, trova la mia approvazione, in quanto se si è arrivati a questi punti, è perché la situazione attuale del Morelli è gravissima, drammatica e credo, conoscendo la storia sin dai primi momenti dell'edificazione del “Villaggio Sanatoriale Morelli”, senza precedenti.

In tutta sincerità, forse perché sono un po' utopista di natura e propenso sempre a credere potenziare sia sempre la risposta migliore, pensavo che il Covid costituisse una nuova rinascita per il Morelli. Mi dicevo che il vecchio leone era tornato ruggente alle sue origini storiche e che la pandemia per quei padiglioni doveva costituire un nuovo punto di partenza solido e duraturo.

Quanto mi sbagliavo! Evidentemente vedere un presidio trasformarsi nel giro di pochi giorni in ospedale Covid-19, assistere quotidianamente allo straordinario impegno professionale, umano di medici, infermieri ed altro personale nella lotta a questo sconosciuto virus, e prendere atto delle tante donazioni in denaro o in altri ausili necessari per mettere in moto questa macchina, non è servito.

 

A fine emergenza, il Morelli doveva tornare operativo come prima e più di prima. Dico questo perché l'estrema durezza di questa terribile pandemia una cosa l'ha mostra; ha messo a nudo le tante lacune e carenze del Servizio Sanitario Nazionale, una macchina complessa, troppo spesso vittima di mancate ma indispensabili risorse a 360°. Ed allora che si fa, si taglia ancora al posto che sfruttare l'occasione di potenziare ed ulteriormente migliorare l'offerta del Morelli prima del Covid?

Che fine ha fatto quella sorta di “Nuntio vobis gaudium magnum”, fatta dai vertici regionali che dicevano che le specialità trasferite a Sondrio durante l'emergenza pandemica, sarebbero prestissimo tornate a Sondalo? Una rassicurazione a cui non hanno seguito i fatti concreti e l'ulteriore conferma è giunta proprio dal tavolo tecnico sulla sanità di quasi due settimane fa.

 

Io spero che ci si possa ripensare, sedersi ad un tavolo, ragionare attentamente e riprendere seriamente in considerazione un lungimirante e costruttivo disegno di sanità di montagna. E' vero che per le sue caratteristiche quest'ultima in toto ha dei costi maggiori, ma è altrettanto vero che non si può in alcun modo tentare di indebolire un anello vitale di questa catena.

La domanda che mi pongo ora nell'immediato è questa: adesso l'ospedale di Sondrio con la sua attuale struttura, è in grado di essere presidio di riferimento per tutte le specialità, parte delle quali prima a Sondalo? E' in condizioni di far fronte a tutte le casistiche mediche e chirurgiche complesse sia in regime programmato che in urgenza? Può concentrare tutte le alte specialità e una gestione multidisciplinare delle patologie?

 

Quanto tempo è necessario prima che vengano portati a termine lavori di riqualificazione per far si che tutto avvenga? Non stiamo parlando di poche cose, ma di interventi strutturali di ampliamento di spazi e altro ancora.....

Togliere al Morelli ciò che era del Morelli, ovvero storiche specialità nate e sviluppatesi in quei padiglioni, con il grande impegno di illustri medici, non significa riqualificare ma depotenziare, scordando la grande valenza di quello che purtroppo oggi viene volgarmente chiamato presidio.

 

Pongo un'altra riflessione, quando si parla di sanità pubblica capace di soddisfare le esigenze del territorio, occorre considerare diverse varianti, una delle quali passa attualmente e obbligatoriamente dal Morelli ad un suo ritorno allo status quo precedente al Covid. Di questo ne sono convinto.

 

Infine mi chiedo un'altra cosa, per anni si è discusso sul tasso di fuga dei pazienti valtellinesi verso altri ospedali regionali, oppure in cliniche private convenzionate. Un dato piuttosto altino. Non è che incamminandosi verso questa attuale strada si rischi di incrementarlo?

 

Gli errori si possono fare, ma ci sono modi e tempi per poterli correggere...

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