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L'ultimo covieditoriale: il dopo lockdown a Tirano e qualche sassolino nella scarpa

CRONACA - 23 06 2020 - Ivan Bormolini

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/Tirano centro
Dalla pagina Facebook “Lockdown a Tirano”

(Di I. Bormolini) Da ormai quasi due mesi non riempio il mio spazio degli editoriali: l'ultimo mio intervento risale al giorno precedente al 25 aprile. In quello scritto esprimevo il legittimo desiderio che, oltre al ricordo storicamente legato a quella data, si cogliesse l'occasione per ringraziare tutti coloro che in vario modo, hanno dato man forte nella lotta contro questo nuovo male.

Nel frattempo, sono ormai trascorsi quasi due mesi, ho osservato la nostra città e ho tratto delle mie personali valutazioni, le quali alla fine della fiera, non sono altro che uno specchio di ciò che sta avvenendo in Italia.

 

La data del quattro maggio, era stata presentata quasi come la panacea di tutti i mali dell'economia piccola e grande. Le libertà concesse per la “parziale” riapertura di tante attività, ci era stata enunciata come una sorta di ritorno ad un passato recentissimo. “Si riparte da qui - ci era stato ventilato - per ridare dignità al paese, pur essendo consapevoli del rispetto delle norme di distanziamento e tutela anti-covid da porre in atto in tutti i luoghi pubblici ed esercizi commerciali o aziende”, che in quel giorno potevano rialzare le serrande o riaprire i cancelli. Ma scusate così tanto per sapere, di che dignità o ritorno alla normalità stiamo attualmente o realmente parlando, considerando pure le altre liberatorie varate successivamente e riguardanti altri esercizi?

 

Sinceramente, c'è qualcosa che mi sfugge al solo osservare la nostra città e quel tipico movimento del periodo pre-pandemia.

Parcheggi spesso vuoti, poca gente in giro, ristorazione arrancante, colazioni, aperitivi, apericene, gelato sul viale, oppure un semplice caffè al bar, paiono lontani dal raggiungere i dati di una stagione tardo primaverile ed estiva a cui eravamo abituati ad assistere. Ed allora dove sta la verità? Speriamo vivamente che il turismo torni e che quel fischio di un tanto ben accetto Trenino Rosso, sia un volano per la vera ripresa di tante attività della città.

Reputo che parlare con le persone, fuori da un'edicola, in un supermercato, o in altri luoghi sia spesso fonte di informazioni utili per tastare il polso della situazione reale. Lo avevo fatto spesso spesso nei miei passati editoriali e lo faccio ancor oggi in quanto considero queste agorà, delle sentinelle che sono voce di ciò che si sta vivendo.

 

Sostanzialmente, per alcuni esiste ancora la paura del contagio, nonostante i dati paiano positivi, vi è una reticenza nel tornare alla normalità, pur con mascherina e disinfettanti, oppure misurazione della febbre.

Proprio prima di accingermi a scrivere queste parole, reduce da un esercizio commerciale, un cittadino mi ha detto che temeva che come in Cina, lo scenario si sarebbe riproposto anche da noi.

Ovviamente sono da fare i dovuti scongiuri, anche se la nuova ondata cinese, lascia aperta la porta ad interrogativi e dubbi che la gente si pone nel vivere quotidiano e nella piena consapevolezza che una secondo atto del distanziamento sociale, non ce lo possiamo permettere.

 

Ma ora, vi racconto le testimonianze di due artigiani locali, incontrati in due filiali di banche cittadine, giusto pochi giorni fa.

Le loro sono due attività estremamente differenti tra loro, ma le parole dei titolari narrano la realtà dei fatti.

“Certo - ammetteva il primo interlocutore - una sorta di ripartenza c'è stata e non lo si può negare. Tuttavia, i volumi di vendite al dettaglio sono minori rispetto a prima e i nostri prodotti destinati ad altri esercizi, hanno subito un vistoso calo.

Considera - continuava - che ad oggi i miei dipendenti non hanno ancora visto accreditata sul loro conto corrente la cassa integrazione e così come loro tanti altri.

Il timore- concludendo questo breve colloquio a distanza e con la mascherina – è che la gente, i nostri clienti, abbiano paura a spendere perché seriamente preoccupati per l'avvenire.

 

Eccoci al secondo artigiano: alla mia domanda come vanno le cose, ha risposto in modo piuttosto eloquente e con un esempio che definisco calzante:

“Si lavora a ritmi inferiori, ci si districa tra una burocrazia che oggi più di prima ci attanaglia. La sera, mi pare di essere un piccolo criceto che per tutto il giorno ha corso dentro la ruota della sua gabbia. Alla fine però da quel movimento frenetico, faticoso e stancante si raccolgono solo alcuni dei risultati, i quali non sempre sono scontati e costituiscono una parzialità che certo non consente di parlare di un ritorno al passato.

Sinceramente a me le parole e la tanta ostentata teatralità degli Stati Generali sull'economia, mi fanno ridere, anzi meglio piangere”.

 

Ebbene, siamo giunti a due conclusioni: la prima: serpeggia un timore per una nuova ondata di contagi e la paura di ciò che abbiamo vissuto pare ancora tendenzialmente marcata. La seconda, è che stiamo tirando i remi in barca, forse nel nostro piccolo cerchiamo di tenere al sicuro qualche risparmio in vista di un futuro non certo decifrabile.

Facendo alcuni conti, semplicemente “della serva” come si suol dire in un vecchio detto popolare, mi sono domandato quali fossero per una città come Tirano i mancati introiti.

Qui il ragionamento è molto ampio e per me non calcolabile: non vanno considerati solo gli esercenti, il turismo, ma anche le attività industriali, l'indotto, il medio o piccolo imprenditore, l'edilizia ed anche coloro che in varie attività professionali erano impegnati quotidianamente in svariate mansioni, che ancor oggi sono a casa in cassa integrazione.

 

Il quadro, non pare certo idilliaco, è contornato da nubi fosche, anzi pesantemente cariche di grandine che non sono un fenomeno meteorologico, ma finanziario e toccano il portafoglio di molte famiglie.

Quattro mesi fa ci era stato detto che nessun lavoratore doveva perdere lo stipendio e che nessuna azienda doveva fallire per mancanza di liquidità. Quella, se giustamente realizzata, era la politica ideale al fine di affrontare un'economia in caduta libera con grossi cali di produzione e di conseguenza del reddito.

Chiaramente non si poteva evitare in alcun modo il lockdown, e tutte le altre misure adottate anche dopo il quattro maggio, su questo non si discute ma nel mio primo covieditoriale, chiedevo una semplicissima cosa alla politica nazionale.

Quella di non disperdersi in inutili litigate tra maggioranza ed opposizioni e soprattutto di non trasformare la battaglia contro il Covid 19, in una sorta di nuova campagna elettorale.

 

Ebbene sono stato deluso, fortemente amareggiato; abbiamo assistito in questi mesi a delle vicende veramente poco degne e soprattutto irrispettose non solo di chi era chiuso in casa, ma nei confronti di coloro che hanno contratto il virus e di tanti operatori sanitari, che nella complessità dei loro ruoli, hanno dato il massimo per salvare vite umane.

Diciamoci la verità, ovviamente qualsiasi forza al potere che si fosse trovata a governare in una situazione così imprevista e drammatica sarebbe stata oggetto di critiche ed anche di elogi, ma qui vien logico fare un altro ragionamento.

Possibile che davanti a tanta drammaticità, tutte le forze politiche in campo di governo e di opposizione non abbiano trovato il modo di sotterrare l'ascia di guerra collaborando per il bene del paese e dei cittadini in un momento altamente drammatico?

Utopia, fantapolitica? Ma chi lo sa! Vedere addirittura che tra le varie forze si siano venuti a minare gli equilibri interni non è certo stato uno spettacolo che mi ha confortato, al contrario ha rafforzato e gli esempi da citare sono molti, quel mio già serpeggiante sentimento antipolitico che è andato accentuandosi soprattutto con il secondo governo del Premier Conte.

 

Cosa c'è da dire sulla tanto sbandierata “Potenza di fuoco” economicamente parlando enunciata dal Premier?

Torno al discorso della cassa integrazione: è vero dire che i numeri delle richieste di questo ammortizzatore sociale sono stati ben più alti di quella della crisi economica precedente e a dimostrarcelo sono in dati anche della nostra Valtellina.

Tuttavia quando si parla di ripresa, questi denari sui conti correnti dei cittadini interessati non devono subire ritardi nell'accredito, altrimenti cari politici, è palesemente ovvio che ci senta obbligati a fare i conti con ciò che si ha e non fare o azzardare previsioni per l'avvenire.

Perché vedete che siano pochi o tanti i lavoratori che devono ancora riceverla poco cambia, paure ed incertezze permangono e sono tutte giustificate.

Non tutti i proprietari di attività piccole o grandi che siano, possono permettersi o hanno potuto concedersi il lusso di farsi da garanti, anticipando questi soldi alle loro maestranze ed i perché sono davvero molti e tutti comprensibili.

Qui stiamo parlando, cassa integrazione compresa e che per fortuna ho ricevuto, fortunato me, di una tabella di ritardi oppure di mancate azioni nei riguardi del sistema impresa e di conseguenza in quella dei cittadini che da quel sistema traggono lo stipendio.

Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, pochi giorni fa nella sua sempre proverbiale ma incisiva pacatezza e lungimiranza, parlava di consapevolezza e di una necessità di atti concreti.

 

Ecco, da atti concreti a risposte certe, il discorso cambia poco, agli italiani più che le parole serve la sostanza delle cose e nelle parole di Mattarella, il monito mi è parso suonare ben chiaro.

Sugli Stati Generali che dire? Personalmente non mi fanno ne ridere e neppure piangere, semplicemente ogni giorno ascolto. Posso pure arrivare a pensare che sia giusto da parte di chi ci governa, mettersi all'ascolto di tanti volti ed ognuno rappresentante una fetta importante di questa nostra Italia e dell'Unione Europea.

Quest'opera uditiva, però non deve in alcun modo trasformarsi in una selva di banalità. Al contrario da quella magnifica villa romana, deve uscire la parola concretezza.

Senza lavoro e senza reddito non si campa, il lavoro è dignità, è costruzione del futuro; l' Articolo 1 della nostra Costituzione ce lo ricorda: “ L'Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro... ”.

Non si lasci in nessun modo che il nostro Paese continui a perdere la vera centralità ed essenza del lavoro, è questo un serio problema che attende risposte urgenti e costruttive.

 

La fotografia di copertina è stata concessa per l'utilizzo da Michele Della Vedova della pagina Facebook “Lockdown a Tirano”

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