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Le due occlusioni idrauliche nel tiranese durante gli eventi calamitosi dell’87

CRONACA - 03 10 2022 - Ezio (Méngu)

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/Occlusione d’acqua del ponte sul torrente Poschiavino (alluvione ’87)
Occlusione d’acqua del ponte sul torrente Poschiavino (alluvione ’87)

(Repetita iuvant) o “per chèi che i gà la memòria cürta

 

Il 15-16 settembre 2022 purtroppo è toccato alle Marche. I giornali parlano di un fenomeno metereologico eccezionale che ha una probabilità di accadimento ogni 1000 anni; probabilmente ora i tempi di ricorrenza sono più ristretti a causa del clima che ai nostri giorni sta cambiando in modo repentino a causa dello squinternato saccheggio da parte dell’Uomo d’ogni piccola zolla di terra e di una società consumistica esagerata, preoccupata e nello stesso tempo tintinnante nel prendere tutte le misure necessarie per evitare le catastrofi.

 

I ritardi, gli errori e le offese alla natura si pagano salati e la Madre terra è tutt’altro che benigna quando non la si rispetta. Essa diventa matrigna e vendicativa! Un tipico esempio è ciò che è successo nel caso dell’alluvione delle Marche. Il diluvio si è riversato su quella regione con ferocia inaudita. La stazione pluviometrica di Colle tra Montecarotto e Serra ha registrato negli intervalli di tempo di 3 e 6 ore un accumulo di pioggia di 162,4 mm e 186,4 mm  battendo tutti i record storici di quella zona.

 

Noi Valtellinesi nell’alluvione dell’ 87 siamo stati messi in ginocchio forse con meno acqua precipitata, ma con l’aggiunta di un caldo torrido che ha disciolto la neve e parte dei ghiacciai. Orbene, c’è forse qualcuno che sa calcolare il tempo di “ritorno “di quella alluvione? Io non credo! Penso che il “Drago “dell’alluvione dell’87 sia ancora in agguato in tempi e modi che è difficile prevedere, poiché anche nelle Marche i tecnici e la protezione civile sono stati colti di sorpresa.

Ricordate l’alluvione del 27 luglio 2021 in quel di Como e nella vicina Svizzera?  Stessa cosa e per un pelo d’inguine non è toccato alla Valtellina.  Il “Drago“  dell’alluvione ha preferito fermarsi in quel di Como e nella vicina Svizzera.

 

Dopo questi fatti nella mente nascono le seguenti considerazioni: in Valtellina Il “drago “appare addormentato da quasi 35 anni, ma di certo prima o poi si risveglierà e quando si sveglierà dobbiamo essere pronti ad affrontarlo. Due artigli possenti di quel mostro paiono da tempo fortunatamente dormienti nel tiranese. Sono il fiume Adda e il torrente Poschiavino, i due fratelli di sangue (in questo caso di acqua ) transitano nel tiranese per poi abbracciarsi nella zona della Valle della Ganda. Il “pùnt de sàs” è un chiaro testimonio granitico del gironzolare d’un tempo dell’Adda e del Poschiavino nella piana.

 

Quando tutto è normale, l’Adda e il Poschiavino nella loro congiunzione sembrano baciarsi come due bimbi, uno dagli occhi grigi e l’altro dagli occhi azzurri. Dal loro incontro nasce un fiume placido e verdastro. Ma non è sempre così. In questi ultimi tempi di siccità l’acqua nei due fiumi sembra accarezzare le pietre tonde e muschiose negli alvei, ma quando il “drago dell’alluvione” si sveglia, quelle pietre sono come bocce che ruotano e urtano tra loro con rumori sordi nell’alveo trascinati dalla furia dell’acqua.

 

Il fiume Adda e il torrente Poschiavino nel tiranese sino al ponte di Stazzona scorrono per lunghi tratti contenuti da poderose arginature, ma i due ponti, quello sul torrente Poschiavino e quello sull’Adda presso il foro Boario durante l’alluvione dell’87 hanno causato problemi, danni  e forti preoccupazioni. E questa preoccupazione rimane ancora nella mente di molti ed è molto difficile che si dissolva per chi ha vissuta l’alluvione dell’87.  

 

Molti ricorderanno che l’alveo sotto il ponte del torrente Poschiavino, a causa della massa d’acqua pregna di fango, pietrame e arbusti si era quasi totalmente occluso e l’acqua era tracimata lungo la Statale. Era defluita dal suo alveo e si era diretta verso il sottopasso del Rudùn e, percorrendo la statale, aveva invaso la zona bassa sulla sinistra orografica causando notevoli danni alle abitazioni ( vedi foto ). Con un pronto e magistrale intervento della gente di paese e della Protezione Civile, con ruspe e camion carichi di sassi e sabbia posti a valle del ponte sul Poschiavino, l’acqua è stata contenuta sul lato destro orografico , salvando almeno la piana di Villa. Ricordo che in quel frangente delicatissimo, quando l’acqua tracimava in modo furioso sulla statale verso le case sottostanti, qualcuno aveva proposto di minare il ponte. Proprio così, fare saltare in aria il ponte in modo che l’acqua scorresse nel suo alveo naturale e giungesse, come suo solito, nell’Adda.

 

Ricordo che quell’acqua era pregna di ogni cosa, tronchi, ramaglie, persino animali morti galleggiavano sull’invaso che si era creato a monte del ponte.

Ora quel ponte con il suo pilastro centrale posto quasi trasverso alla corrente dell’acqua può ancora diventare, in occasioni simili, una ostruzione con accumulo di pietre a ramaglie di ogni genere.

Inoltre quel ponte pone delle “ristrettezze “di passaggio ai pedoni, alle mamme con il passeggino, agli andicappati che transitano da Tirano a Villa e viceversa, poiché ha uno stretto sito di passaggio pedonale (circa 80 cm ) solo sul lato orografico sinistro ed è sullo stesso piano stradale, cosa da far tremare i polsi  quando transitano e si incrociano  dei bilici. Immaginate! E’ l’unico posto di transito pedonale tra Villa di Tirano e Tirano, roba da non credere!  Molti affermano che quel ponte è un manufatto di altri tempi, con altre tipologia di traffico, alcuni addirittura affermano che è un ponte da museo, per i nostri giorni. Orbene per evitare quello stretto passaggio pedonale occorre fare un lungo giro di quasi due chilometri! 

Rammento anche che in quel tempo, durante l’alluvione, vedendo tracimare l’acqua sulla statale e invadere le abitazioni, la gente con le mani nei capelli gridava “facciamo saltare il ponte per fare defluire l’acqua!! “ .

La cosa non è stata dimenticata poiché si sente dire tutt’ora che quel ponte andrebbe rifatto con una struttura diversa, senza il pilastro centrale, con una sola travata portante, cosa che la moderna tecnologia costruttiva ora lo permette.

 

Infine c’è il ponte sull’Adda, quello posato non molti anni fa, presso il Foro Boario. Anche allora solo il pronto intervento della Comunità e della Protezione Civile, con camion carichi di pietre ha evitato che la parte sinistra orografica dell’Adda fosse allagata (vedi foto).  Anche in questo caso il pietrame, legname e arbusti avevano otturato l’alveo sotto il ponte. Ricordo dopo quei fatti che la gente, non so se a ragione o no, diceva che quel ponte andava rifatto poiché ostruiva parte dell’alveo con la sua struttura bassa.

 

Forse oggi occorrerebbe pensare ad alcune modifiche e accorgimenti per i due ponti citati. Ci sono 14,3 miliardi di risorse nazionali e comunitarie da spendere entro il 2030, 2, 5 miliardi del Pnrr da spendere entro il 2026, 1,2 miliardi a disposizione della Protezione Civile. Ricordiamo che l’Italia è una Nazione che conta i due terzi delle frane censite in tutta Europa e in cui il 94 % dei Comuni è a rischio idrogeologico. Ma il vero problema è proprio in “quell’ entro il 2026 ". Saremmo noi in grado di risolvere le problematiche di quei due ponti in tempo utile?  

 

 

Il male antico 

E’ il diluvio!

Il drago che tutto inghiotte

si è svegliato.

Il male antico della Valle

con furia è risorto.

Chiedono gli anziani:

“quando finirà la nostra pena?”

Con ira il drago risponde:

“finché ci saranno i monti

e l’acque scorreranno in valle,

alluvioni e frane saranno con voi.“

I vecchi ubbidienti chinano il capo,

brividi di paura penetrano

taglienti nella carne tra

il suono delle sirene e

il secco battere d’ali di elicottero.

 

Ezio (Méngu)

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