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Un nuovo ospedale a Sondrio ed altro ancora?

CRONACA - 24 09 2020 - Ivan Bormolini

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@.asst-val.it

(Di I. Bormolini) Pochissimo tempo fa si è nuovamente tornata a ventilare l'idea di realizzare un nuovo ospedale a Sondrio. Il tema sembrava ormai riposto nel dimenticatoio, ma gira e rigira di tanto in tanto il progetto torna a galla.

Negli anni passati il fatto sembrava trovare l'approvazione di molti ma anche perplessità e scetticismi da parte di alcuni esponenti della politica e di vari valtellinesi.

Si diceva che in materia di nuovi ospedali, in molte provincie lombarde si era investito realizzando strutture capaci di rispondere alle esigenze di una nuova medicina sempre più moderna e a misura di paziente, mentre in Valtellina e Valchiavenna si tergiversava, oppure si andavano a compiere interventi sugli ospedali già esistenti.

Personalmente, sono sempre stato fortemente contrario alla costruzione di un nuovo ospedale a Sondrio o dintorni per tanti motivi pur approvando le opere mirate a migliorare l'offerta di questo presidio che nel tempo hanno trovato compimento.

Oggi, in un momento così difficile per la sanità delle nostre valli, rilanciare questa proposta dal mio punto di vista significa voler ulteriormente rafforzare la visione sondriocentrica della sanità di montagna, la quale va rivista e ridisegnata tenendo conto dei presidi esistenti, valorizzandone le caratteristiche e le specialità salienti.

Oltre a questo, mi chiedo se valga la pena di addentrarsi in un faraonico investimento finanziario per un nuovo ospedale, quali i tempi di progettazione e successiva costruzione e se tutto dovesse verificarsi, quali saranno gli ulteriori danni che dovrà subire il presidio ospedaliero Eugenio Morelli?

Ritengo che se degli interventi qualitativi devono essere messi in opera, occorra migliorare la struttura esistente nel capoluogo la quale, necessita di opere mirate a tutelare l'esistente, la stessa cosa va fatta anche per i padiglioni del Morelli ancora operativi senza distinzioni.

Il metodo di paragone spesso preso in considerazione in riferimento ai grandi centri urbani o aree metropolitane in tema di organizzazione della sanità, nelle nostre valli non trova in alcun modo nessun criterio applicabile e quindi secondo me, la fattibilità di un nuovo ospedale magari definito unico non si ravvisa come una strategia idonea e funzionale.

Nel nostro caso specifico parliamo di una provincia interamente montana, quindi automaticamente pensiamo ad un territorio che per varie motivazioni necessita di regole, leggi e normative anche in campo sanitario diverse da altre realtà regionali e nazionali.

Identifico nel termine “sanità di montagna”, proprio quell'insieme di regolamentazioni a 360°, capaci di offrire una sanità pubblica che non ha termini di confronto, ma va ridisegnata sulle esigenze della nostra gente e su quelle dei flussi turistici che in vari periodi dell'anno popolano le nostre zone.

Viviamo in un territorio geograficamente ampio, con una sistema viabilistico non idilliaco e proprio per questi motivi si rivela la necessità della presenza attiva dei presidi esistenti e soprattutto funzionanti.

E' vero che la sanità di montagna ha dei costi differenti rispetto ad altri contesti urbani, ma è altrettanto vero, che non si può fare a meno di investire in tal senso in modo dare continuità all'operatività degli ospedali in valle.

Per tali motivazioni, gettare nella già complicatissima situazione sanitaria locale, ulteriori idee del tutto non fattibili e per altro già accantonate in passato, significa distogliere l'attenzione dalle problematiche reali che su questa delicata tematica viviamo ogni giorno.

Il gravissimo errore di depotenziare per l'ennesima volta l'ospedale Morelli, privandolo di suoi storici reparti che nel presidio sono nati e cresciuti e sono stati capaci, grazie ad eccellenti professionisti di richiamare pazienti anche da altre zone ben oltre i confini locali, si è rivelata un'arma estremamente tagliente e per questo pericolosa.

Si sono andati a minare i concetti fondanti di una sanità di montagna e quindi di una sanità pubblica che mai dovrebbero venir meno nelle loro prestazioni sul territorio.

Ci troviamo dinanzi e non sono solo io a dirlo, ad un ospedale di Sondrio che spesso è al collasso e si mostra non sempre capace di fornire adeguate e soddisfacenti risposte, questo sia ben chiaro non è colpa del personale medico ed infermieristico che vi opera nella quotidianità, ma il tutto è da attribuire ad un sistema organizzativo adottato dalla Regione che si mostra nella sua concretezza non attuabile e non applicabile tra le nostre valli.

Tra i tanti interventi che si sono succeduti nella famosa manifestazione “Giù le mani dal Morelli” di domenica nove agosto, tutti degni di elogio e che considero determinati al fine di ridisegnare la sanità locale, ho apprezzato anche le parole di Carlo Borghetti quando ha detto che per la Valtellina serve più ospedale di Sondrio e più ospedale di Sondalo.

Cosa significa tutto questo?

Nel mio modo di pensare, vuol dire che tutti i dettami contenuti nel famoso Piano redatto dal Politecnico di Milano, presentato con troppa pompa magna come se fosse un modello capace di lenire tutti i mali, non trovano alcuna applicazione nel nostro contesto, anzi lo impoveriscono esponendo i cittadini ad incrementare un già poco lusinghiero dato sui tassi di fuga verso altri centri lombardi oppure in direzione, per chi se lo può permettere, verso strutture private.

Ma pensiamoci bene, anzi ci pensino bene coloro che sono chiamati a decidere e a gestire la sanità in Lombardia, perché tutto torni a funzionare è necessario fare dei passi indietro, avere una buona dose di umiltà e ammettere di aver sbagliato ripartendo con nuove basi fondanti su cui discutere e poi decidere.

La mia sarà pura utopia lo ammetto, ma dire o professare un “mea culpa”sarà sicuramente più apprezzabile che continuare a camminare sull'attuale viatico che certo sta generando sempre più motivi di preoccupazione e enormi malcontenti.

Ecco dunque la ricetta da tanti auspicata: oltre a dare risposte definitivamente certe a Morbegno e Chiavenna, si potenzi Sondrio nelle specialità proprie di questo ospedale, penso all'oncologia, alla cardiologia, all'oculistica ed alle altre branche della medicina che nel presidio hanno trovato il loro sviluppo.

Nello stesso tempo, senza perseverare oltre, si riportino a Sondalo le specialità trasferite a Sondrio durante la pandemia da Covid 19, si ricostituisca sempre a Sondalo un Dipartimento di Emergenza Urgenza di Secondo Livello ( DEA ) che negli anni, fregiandosi di questa qualifica, ha fornito risposte adeguate non solo ad un grande bacino di utenza ma anche al variegato mondo del turismo. Ottimale e lungimirante è anche la proposta di farne un riferimento non solo provinciale per la traumatologia e l'ortopedia, mi pare che le basi fondanti per farlo ci siano e le dimostrazioni di professionalità per questo tipo di medicina non siano mancate ed anche oggi sono un vanto per il presidio. Insomma, si ridia al Morelli quell'eccellenza e quella storia medico-scientifica che gli appartiene e che passa anche da reparti che qui non ho citato ma che sono fondamentali e di assoluta eccellenza, nessuno escluso.

Ecco allora che così decidendo con coraggio, determinazione e con la consapevolezza di fare il bene per le nostre valli, le parole del consigliere Borghetti, più Sondrio e più Sondalo, vorranno dire più sanità di montagna, meno tassi di fuga e quindi meno pellegrinaggi della sanità alla ricerca di quelle eccellenze che possiamo avere tra i nostri confini. Sono certo che le professionalità sul campo non manchino, è però doveroso fornire loro un habitat professionale degno proprio delle loro professionalità.

Ho voluto citare proprio le eccellenze, le professionalità e le specialità che devono funzionare come una perfetta orchestra tra i due principali ospedali per un semplice motivo.

Mi sono chiesto in questi difficili mesi che senso abbia avuto trasferire in pianta stabile a Sondrio reparti che erano parte del cuore pulsante del Morelli ed il tutto a discapito di altre specialità di rilievo presenti a Sondalo, fra cui non scordiamolo l'Unità spinale unipolare.

Tutto per economizzare? Cari politici per la sanità di montagna la parola economia deve essere messa nel cassetto, così come non devono trovare spazio logiche mirate ad indebolire una struttura importante come il Morelli.

Mi si deve poi spiegare, tanto per fare un altro esempio piuttosto eclatante, perché l'urologia, reparto di eccellenza a Sondalo, ammodernato negli anni passati e dotato di grandi tecnologie per volontà del compianto e illustre dottor Giorgio Martina, oggi non vede più in questo ospedale il suo principale punto di riferimento.

Perché vedete, qui parlo anche per esperienza personale da paziente, quel reparto era divenuto uno dei fulcri operativi del Morelli e vi giungevano pazienti da varie zone extraprovinciali; questo avveniva proprio per l'avanguardia tecnologica e professionale messa in campo anche quando ancora il Morelli era un'azienda autonoma.

Avevo intervistato anni fa in due occasioni il dottor Martina e posso ancor oggi testimoniare quanto questo illustre uomo di medicina e di scienza la cui esperienza era ampiamente riconosciuta a livello nazionale e non solo, con la collaborazione della sua equipe, aveva costruito un baluardo di sanità urologica che molti ci invidiavano.

Altro tasto dolente, la neurochirurgia, perché non si è lasciata interamente a Sondalo, ospedale in cui è nata ed ha sviluppato enormi potenzialità?

Parlo da profano, ma credo di non sbagliare quando dico che ho la convinzione che per l'elevata complessità degli interventi di questa branca della chirurgia, un'unità operativa così importante debba avere una sola sede e questa per logica deve essere il Morelli.

Si è detto per giustificare queste azioni di trasferimento, depotenziamento o altro termine che si voglia utilizzare al fine di identificare una politica che certo non si sposa con le esigenze della nostra gente, che a Sondrio vi sono delle altre specialità mirate a supportare con maggior sicurezza ed efficienza l'attività dei reparti collocati dopo il Covid.

Bene, questo segna un vantaggio per i pazienti, però scusatemi la franchezza, non mi sembra assolutamente che negli anni oppure nei periodi precedenti alla pandemia si sia operato o curato alla cieca tra i blocchi operatori e tra le corsie dei reparti del Morelli, anzi è avvenuto l'esatto contrario e questo è dimostrato dalla grande apprensione che la popolazione valtellinese mostra nei confronti delle decisioni poste in atto.

Ed allora dov'è il problema, come si vuole interpretare tutto questo, che chiave di lettura possiamo dare?

E' chiaro che pur avendo dotato il Morelli di una nuova Tac e di altre tecnologie, agli occhi della gente, qualcosa non funzioni come dovrebbe e che sia chiaramente in atto una campagna mirata a fare di questo baluardo un qualcosa che veramente mal si coniuga con i reali bisogni del nostro territorio e di quella già tanto citata sanità di montagna.

Cosa chiede l'agorà, quella piazza fatta da una moltitudine di persone che non solo dall'Alta Valle, ma da un comprensorio ben più ampio desidera tornare a vedere più concretezza per il futuro del Morelli?

Le persone chiedono, dicono ed evidenziano una realtà fattuale, questa con grande rammarico è sotto gli occhi di tutti, nello stesso tempo hanno dei desideri che certamente sono più identificabili come dei diritti, primo fra tutti quello di essere curati nei nostri ospedali a casa nostra, nella nostra valle, ma soprattutto ribadiscono un concetto chiave, spezzare anche solo un anello di questa catena, significa non garantire un adeguato servizio sanitario.

Desidererebbero vedere un fronte unito e compatto di tutti i sindaci della valle che senza divisioni, campanilismi o altre logiche, siano in grado di farsi portavoce di una sanità di montagna e quindi delle istanze della popolazione, tutto questo con un coinvolgimento anche dell'Ente Provincia.

Il malcontento è grande e la sfiducia pure, la gente chiede di essere coinvolta in questo momento, dove occorre un'unità d'intenti capace di dare una scossa alle decisioni regionali. Domanda di essere guidata in azioni che non siano assolutamente illegali, ma dietro ad un ipotetica, pacifica e forse fantasiosa “marcia davanti al Pirellone”, chiede di schierarsi dietro tutti i sindaci, che sono i primi garanti della salute del cittadino.

Potrà pure sembrare un gesto banale scrivere su bianche lenzuola proclami di vario genere, ma vi garantisco che non lo è ed anzi apprezzo tutto questo. In fondo chi ha buona memoria, quando si trattava di voler salvaguardare l'eleggibilità del Presidente della Provincia da parte del popolo elettore non avevamo in alcun modo esitato a collocare ovunque, sulle facciate dei municipi, sui nostri balconi o sulle strade quelle stesse bianche lenzuola con la scritta “SO”.....A buon intenditor poche parole!

A questo punto, e perdonatemi se mi sono dilungato ma scrivo col cuore ascoltando la gente e sono da sempre schierato nella lotta per la salvaguardia del Morelli, dico semplicemente questo: non deve essere Regione Lombardia a promettere ciò che non è ancora avvenuto, ovvero la convocazione degli Stati Generali sulla Sanità in Valtellina e Valchiavenna, ma devono essere i nostri rappresentanti locali, con il fattivo coinvolgimento della voce del popolo, a chiedere e soprattutto pretendere all'unisono, una serie di incontri, oggi li chiamiamo tavoli, dove redigere un nuovo piano che sia davvero attuabile e capace una volta per tutte di finanziare e riscrivere un duraturo e lungimirante progetto di sanità di montagna. Buon lavoro! Sarà ancora un'utopia?

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