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Il "come"

CULTURA E SPETTACOLO - 06 05 2018 - Don Battista Rinaldi

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Forse un brutto titolo, ma certamente questa parola è il centro, la chiave di lettura del brano evangelico che è letto oggi nelle assemblee cristiane. È la continuazione, senza omissioni, di quanto letto domenica scorsa; ci aiuta a penetrare meglio nel senso del termine ‘rimanere’.

 

Il ‘come’ cui fa riferimento Gesù è relativo all’amore del Padre, all’osservanza della volontà del Padre da parte di Gesù e all’amore con cui Gesù ci ama. Tutti elementi che servono a definire la nostra identità di discepoli-amici e l’identità della chiesa che scaturisce da questa relazione.

 

Il ‘come’ non vuol dire solo ‘allo stesso modo’ (che sarebbe già molto, trattandosi di un modello che è Dio stesso), ma indica l’origine, il contenuto, la forza e il sostegno di tutto ciò che siamo e facciamo. È la vita che Dio ci ha donato e ci dona il punto di riferimento; che chiamiamo anche Spirito Santo. È lo Spirito, infatti, che unisce il Padre al Figlio; è lo Spirito come sua vita e come suo amore che Gesù ci dona nella Pasqua; è nello Spirito che Gesù fa quello che il Padre gli chiede, non come un subalterno, ma da Figlio a Padre, con un’adesione intima, profonda e amorevole.

 

Questo Spirito-amore che ha origine in Dio e da Dio giunge fino a noi attraverso il Figlio, suscita un dinamismo relazionale che diventa lo specifico cristiano.

 

Per cui prima che cristiani ansiosi di protagonismo caritativo e di organizzazione della carità, il vangelo ci ricorda che la chiesa vive della e nella carità di Dio manifestata in Cristo e deposta nei cuori dei credenti dallo Spirito. Cioè impegnati ad amare perché amati, perché hanno conosciuto l’amore. E anche la chiesa è chiamata a rimanere nell’amore di Cristo. Non è la chiesa che fa la carità, ma la carità di Dio che fonda ed edifica la chiesa e la rende capace di amare ‘come’ Cristo.

 

Inoltre la chiesa non è composta semplicemente di servi che svolgono un ruolo, ma di amici del Signore che vivono una relazione. Ecco dunque i credenti: amici del Signore, non servi di un padrone. E la discriminante tra l’essere servi e l’essere amici sta nella confidenza di chi consegna una parola, di chi rende partecipe del proprio segreto. Comprendessero questo tutti i ragazzi che, di questi tempi, ricevono i sacramenti che completano il loro diventare cristiani: capirebbero che la vita cristiana è vivibile solo come avventura di libertà, vissuta nella gioia. Ma quanti adulti sanno testimoniare questo accanto a loro? Quanti sanno raccontare con la loro vita un’amicizia così intensa e premurosa?

 

O la fede ci rende contenti, sereni, fiduciosi, tranquilli interiormente, o non è la fede cui ci invita Gesù, cioè quella fiducia totale nel sapere di poter vivere come lui. Fiducia che ci è donata, e che dobbiamo continuamente invocare.

 

Don Battista Rinaldi

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