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Io sono il pane della vita

CULTURA E SPETTACOLO - 05 08 2018 - Don Battista Rinaldi

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Il ‘segno’ di Gesù che domenica scorsa Egli ha indicato alla folla, non è stato per niente compreso. È la sua più grande delusione! Lo cercano per farlo re. Aveva invitato alla condivisione e si accorge che pensano a Lui come a quello che può risolvere tutti i loro problemi: pane in abbondanza, senza troppa fatica. Dunque c’è ricerca e ricerca di Gesù. Non ogni ricerca è buona e autentica. Vi è una ricerca di Gesù le cui motivazioni sono discutibili, anzi sono criticate da Gesù stesso. Una ricerca che fa di Gesù colui che soddisfa un bisogno, che colma un vuoto, che sazia una mancanza e che dunque rinchiude l’uomo nelle proprie necessità senza aprirlo alla relazione con l’Altro e gli altri. È una ricerca centrata sul bisogno dell’uomo, non sulla gratuità, sulla novità, l’orizzonte e il futuro di Dio. Molto spesso anche noi pensiamo alla fede come ad una realtà magica per risolvere quanto non siamo capaci di affrontare da soli. È il caso di certi pellegrinaggi, ripetuti con insistenza maniacale, senza mai riscoprire una fede vissuta e celebrata nella propria comunità. È una ricerca che è più interessata ai doni che al Donatore e alla relazione continua e approfondita con Lui. Dunque l’equivoco sul pane che Gesù offre è sempre attuale. Per questo l’insistenza di Gesù nel voler introdurre i suoi ascoltatori verso un significato che va oltre il materiale.

 

“Che cosa dobbiamo fare?” – chiedono gli interlocutori. La risposta di Gesù ancora una volta spiazza le loro attese. Non ci sono molte cose da fare, ma una sola: il credere. Quello che consente a Dio di operare nell’uomo è la fede: l’unica cosa necessaria. Il problema allora non è più: che cosa devo fare?, ma chi sono?. Il cristiano è anzitutto un credente, uno che fa della fede la propria responsabilità, la propria fatica, la propria lotta, la propria azione quotidiana; si tratta di disporre tutto se stessi per essere pronti a ricevere il dono di Dio, aperti alla sua azione. E non ci sono scorciatoie legate a luoghi o a persone, quel santuario, quel santo…

 

Il Cristo nutre il credente anzitutto con la sua Parola. Come la manna nell’Antico Testamento era pedagogia divina perché i figli d’Israele capissero che “l’uomo non vive di solo pane, ma di quanto esce dalla bocca di Dio” (Dt 8,3), così ora, Gesù è Parola che dà vita, rivelazione piena di Dio. Anche la Parola di Dio è nutrimento: mangiare la Parola è accogliere il dono di Dio, assimilare la sua volontà, entrare nella sua vita e lasciare che la sua vita entri in noi e ci trasformi.

 

L’unico pane che sazia il bisogno dell’uomo di felicità è la parola di Dio. Ma perché possa comunicare la vita non può rimanere un testo da leggere, ma va assimilato, come il pane che diventa vita di chi lo mangia.

 

È questo il grande miracolo, che, purtroppo, facciamo fatica a riconoscere.

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