La vigna e i vignaioli
CULTURA E SPETTACOLO - 08 10 2017 - Don Battista Rinaldi
Il vangelo di questa domenica non poteva entrare più direttamente nella vita delle nostre comunità locali proprio parlando della vigna e della vendemmia. Il tempo è propizio, l’annata sembra andata bene. Anche se qualcuno ha già finito il raccolto, tuttavia questo è il tempo in cui la vigna e la vendemmia diventano parabola dell’esistenza, per tutti. Anche se siamo in una società che non è più completamente contadina e quindi non più legata ai ritmi della semina e del raccolto, tuttavia questo rito della vendemmia ha ancora la capacità di affascinare, di coinvolgere, di aiutare a pensare. Non per niente si moltiplicano le feste dell’uva, delle mele, del raccolto in genere… La festa è un rito simbolico che aiuta a ricuperare il senso e le motivazioni di tante fatiche quotidiane; è un momento in cui si fa memoria di un anno passato, ma per proiettarsi su un futuro, possibilmente migliore; certamente esprime la voglia di continuare, di lottare. C’è un dopo, c’è un poi, in cui tutte le difficoltà incontrate sembrano sciogliersi per lasciare spazio alla festa, appunto. È la festa della vita che scaturisce da tanti momenti difficili, da tanti passaggi, a volte, quasi mortali: è la logica pasquale. Dalla morte la vita! Gesù è assai convinto che è nei fatti e nelle azioni della vita quotidiana, che bisogna riconoscere la ‘presenza’ del sacro e del divino. Per questo tutte le sue parabole raccontano alle folle di queste realtà di ogni giorno: Dio bisogna riconoscerlo lì, non cercarlo altrove. Per questo non poteva lasciarsi sfuggire un’esperienza come quella della vendemmia, così importante e fondamentale nella società del suo tempo. Solo che Gesù invita a guardare anche ai vignaioli, a quelli che hanno avuto in dono la vigna per lavorarla e raccogliere i frutti. È un po’ come se dicesse anche a noi: ‘ bella la vendemmia, ma voi, i vignaioli, come siete nei confronti di questa vigna che vi è stata donata e che è la vostra esistenza?’ Ancora una volta Gesù ha in mente una categoria ben precisa di persone che nei confronti del popolo si comporta da ‘padrone’; assolutizza i propri progetti e chiede obbedienza a sé; la loro tentazione è quella di sostituirsi al Signore, sentendosi non servi dei servi, ma padroni. Quindi è una parabola che risuona certamente come un giudizio di Dio, ma non sul popolo di Israele; piuttosto su quei capi del popolo che hanno condannato Gesù. E certamente anche di chiunque, dentro lo spazio ecclesiale esercita l’autorità in questa maniera; o di coloro che vorrebbero un esercizio dell’autorità in questo modo e per questo criticano lo stile di papa Francesco e firmano libelli di proscrizione nei suoi confronti. Ma non limitiamoci a questo. La parabola si rivolge a ciascuno di noi, ci interpella personalmente: ci sentiamo padroni o servi della nostra esistenza? Che significa: ci sentiamo noi la ‘misura’ di tutte le cose e tutto deve girare a modo nostro, o ci sentiamo parte di un tutto che dobbiamo far crescere e realizzare insieme agli altri?
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1 COMMENTI
09 10 2017 10:10
Méngu
Desidero soffermarmi, nel mio commento, sulle parole che don Battista scrive: “Quindi è una parabola che risuona certamente come un giudizio di Dio, ma non sul popolo di Israele; piuttosto su quei capi del popolo che hanno condannato Gesù. E certamente anche di chiunque, dentro lo spazio ecclesiale esercita l’autorità in questa maniera; o di coloro che vorrebbero un esercizio dell’autorità in questo modo e per questo criticano lo stile di papa Francesco e firmano libelli di proscrizione nei suoi confronti”. Io ritengo che la gerarchia e l ‘autorità della Chiesa debba essere sempre al servizio del popolo e non del carrierismo, del prestigio e dell’interesse personale di certi personaggi della Curia che sembrerebbero contrastare lo stile di Papa Francesco. Imporre ciò che i fedeli non capiscono, non sentono , e quindi non possono condividere in questi tempi, non fa altro che allontanare i fedeli dalla Chiesa, dare loro confusione, disagio, e indifferenza . In questi tempi postmoderni la finanza, la politica, la scienza, la filosofia incalzano trovando nuovi spazi . La religione cristiana , con le altre religioni , dovrebbe trovare nuove vie , nuove interpretazioni della “ verità “ nelle parole del Vangelo ( la Bibbia e il Vangelo, a mio parere sono Parola di Dio, ma che va interpretata nel segno dei tempi ). Troppo volte la Chiesa ha imposto delle regole che sono state devastanti. Cito le parole di Benedetto XVI sul Principio di Autorità ( Udienza del 27 maggio 2010 ) “ Che cos'è realmente, per noi cristiani, l'autorità? Le esperienze culturali, politiche e storiche del recente passato, soprattutto le dittature in Europa dell'Est e dell'Ovest nel XX secolo, hanno reso l'uomo contemporaneo sospettoso nei confronti di questo concetto. Un sospetto che, non di rado, si traduce nel sostenere come necessario l'abbandono di ogni autorità, che non venga esclusivamente dagli uomini e sia ad essi sottoposta, da essi controllata. ( omissis) È importante allora riconoscere che l'autorità umana non è mai un fine, ma sempre e solo un mezzo e che, necessariamente ed in ogni epoca, il fine è sempre la persona, creata da Dio con la propria intangibile dignità e chiamata a relazionarsi con il proprio Creatore, nel cammino terreno dell'esistenza e nella vita eterna; è un'autorità esercitata nella responsabilità davanti a Dio, al Creatore. Un'autorità così intesa, che abbia come unico scopo servire il vero bene delle persone ed essere trasparenza dell'unico Sommo Bene che è Dio, non solo non è estranea agli uomini, ma, al contrario, è un prezioso aiuto nel cammino verso la piena realizzazione in Cristo, verso la salvezza”.