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Relazione o prestazione?

CULTURA E SPETTACOLO - 23 09 2017 - Don Battista Rinaldi

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Quante volte abbiamo sentito parlare di ‘meritocrazia’ come criterio che vorremmo fosse più presente nei posti di lavoro, nei concorsi pubblici, nella politica e perfino nella scuola. Esigenza sacrosanta in grado di combattere quella piaga sociale che si chiama corruzione e che si manifesta in diversi ambiti e a più livelli.
Il vangelo di questa domenica potrebbe essere interpretato – e spesso lo è – come una pagina che si oppone a questo criterio perché nella parabola di Gesù chi ha fatto di meno riceve come chi ha fatto di più e chi ha fatto di più non viene riconosciuto nel suo merito.


In realtà il testo, che si introduce con la formula ‘il regno dei cieli è simile a…’, vuole illustrare il modo di agire di Dio, diverso dalla logica umana; ma vuole anche interpellarci su ciò che è al cuore della nostra vita con Dio, cioè della nostra fede: la relazione o la prestazione? 


Concepire il proprio rapporto con Dio come prestazione (dare per avere) conduce a misurarlo e a confrontarlo con il servizio degli altri, entrando in un rapporto di competizione. Se invece c’è la relazione con il Signore (rispondere ad un amore percepito) allora anche la giornata di lavoro non pesa ed è motivo di ringraziamento.


Inoltre Gesù ci dice che Dio non ragiona con i nostri criteri (mentalità commerciale, fare bene per essere ricompensati…): una distanza da salvaguardare per evitare di identificare i propri pensieri umani con quelli di Dio, e attribuire a Lui gli stessi nostri ragionamenti e valutazioni. Il rischio è quello di identificare le proprie parole su Dio con Dio e la propria volontà con quella di Dio. Quante volte è capitato! Purtroppo!


“Oppure tu sei invidioso perché io sono buono?”. Una domanda finale che diventa una conclusione amara. Nell’invidia non solo non si vede più il Dio misericordioso, ma neppure i propri fratelli. E da qui comincia la mormorazione, la cui logica è la complicità, non la responsabilità.

 

Don Battista Rinaldi

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1 COMMENTI

24 09 2017 12:09

Méngu

Alle scuole elementari mi hanno imposto a memoria il detto del poeta Pietro Metastasio ( 1698-1782 ) : “Se a ciascun l’interno affanno si leggesse in fronte scritto, quanti mai, che invidia fanno, ci farebbero pietà”. Gli invidiosi muoiono, ma l’invidia mai. L’invidia è una brutta bestia che si scatena per infangare il prossimo e nello stesso tempo ti tormenta e ti distrugge come un cancro osseo. L’antidoto è l’umiltà.