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Un Natale tra sconforto e speranza

CULTURA E SPETTACOLO - 12 12 2020 - Ezio (Méngu)

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/neve in montagna

Nella notte scese una coltre di neve alta più di mezzo metro. Laggiù a mezzo monte, da un camino d’una baita, un’alta colonna di fumo veleggiava qua e là nel limpido e freddo cielo. Segno che oltre ai quarantenanti del Mortirolo e al “Ruseghina“ e sua moglie qualcun’ altro aveva pensato di ritirarsi, per buona pace della pandemia di coronavirus, in luoghi solitari. 

Nel pomeriggio Mario e la sua compagna decisero di raggiungere quella baita. Il distanziamento sociale iniziava a colpire gli animi ! Raggiunta la baita si fecero sentire con un gioco di risate  e subito la porta si aprì. “ Bundì matèi ! Vegnìi de int che ‘l fa frècc “. Entrarono in baita . Il disordine era totale. Sulla tavola v’erano sparsi resti di più pasti e a lato un letto disfatto  chi  sa da quanto tempo. L’uomo, dall’apparenza anziano ma dalla voce giovanile, disse a bruciapelo : “ Sìi scapàa àa vòtri da la Val per il Coronavirus ?”     Con due scossoni, Mario e la compagna si levarono la neve di dosso , posarono le racchette da neve fuori dell’uscio e si accomodarono su due ceppi di legno accanto al camino ardente. “ Sculdìf li màa, chilò ‘l manca mìga la lègna e bevì un gut de gràpa “. Trasse da un ripostiglio un bottiglione scuro , tolse dalla madia tre bicchieri e versò la grappa abbondante come fosse acqua di fonte.  Aveva voglia di parlare,  di sfogarsi. Lo si vedeva dai suoi movimenti nervosi, dalla sua parlata a scatti, bassa e  un poco sconsolata. Venimmo a sapere in baita, raccontando di quell’incontro,  che Lorenza aveva conosciuto quell’uomo  durante l’estate in una ricerca di funghi.  Gli raccontò che da giovane aveva studiato in un collegio tenuto da preti. Saluto al Rettore , messa al mattino alle sette in punto, e benedizione alla sera alle otto e trenta, aveva detto con un non so cosa nei suoi occhi. Quei preti gli avevano insegnato la bontà, la fratellanza e la solidarietà non solo con le parole ma con i fatti di ogni giorno. Finiti gli studi aveva intrapreso  la sua strada con i paletti  posti al posto giusto e senza    sbandamenti . Era diventato un  buon ingegnere, di quelli  lavorano anche quando hanno la batteria scarica della loro calcolatrice.    Non si era sposato, forse a causa del suo carattere solitario e introverso  e dopo la morte di sua madre 85 enne  a causa del Coronavirus si era ritirato nella baita di famiglia. Iniziò a parlare di ciò che lo tormentava, aveva bisogno di buttar fuori qualche rospo  dallo stomaco. I ragazzi al caldo, sorseggiando l’abbondante grappa nel bicchiere lo ascoltarono con interesse sapendo di fargli piacere. Parlò così :  “ Maledetto coronavirus, il Mondo intero è in guerra con un nemico invisibile, subdolo.  E’ un nemico che sembra ignorare i giovani, i più forti fisicamente, mentre i vecchi, i malati  li circoscrive nel reticolo del suo campo minato. Chi posa il piede sulla mina del  coronavirus  avrà la sua ferita, fortunato se non muore.  Cento, mille sminatori con maschere di protezione cercano le mine nel campo. Ne togli una, il nemico invisibile ne posa altre cento, mille . Le posa nelle nostre mani inconsapevoli, le posa nella nostra bocca , nelle nostre  narici , le disperde tra i nostri cari, le nasconde  con cura come l’assassino nasconde la sua arma. Si sentono dieci, cento  sirene d’autombulanze che rammentano  il pericolo trasportando il colpito mentre corrono lancinanti verso i rifugi d’ospedale , dove gente allineata su barelle Hi-Tech muore solitaria. Maledetto nemico fatti vedere, schiveremo le tue pallottole, le tue schegge che lacerano dall’interno le carni dell’Uomo. Maledetto coronavirus  sei stato creato anche tu da chi ci ha creati , allora perché colpisci chi non ha colpa ? Non siamo bestie selvatiche dove per sopravvivere si decreta la morte dell’altro !  O forse sì, siamo solo animali  ma animali pensanti di un inizio e una fine nel Nulla ! Se fosse il Nulla  sarebbe una condanna terribile dell’orco  Universale.  Questo pensiero l’Uomo lo rifiuta e invoca compassione e speranza. Tanti mali, a  causa delle sofferenze, distolgono, anzi privano  e forse uccidono la beata Speranza , unico pensiero nobile dell’Essere. Creatore ora ascolta ! Noi che ti chiamiamo “ buono “   non ci basta la sofferenza  inflitta dalla Tua prima condanna ? Non basta l’angoscia dell’Uomo di  “non sapere”   dove era prima della sua nascita e dove sarà dopo la sua morte? Non bastano le guerre, gli egoismi, le carestie  il male universale che scaturisce  dalla non empatia per il prossimo ? No , hai giudicato che tutto questo non basta ! Non basta ! Occorrono anche le   pestilenze  ! Dici : creatura mia, devi ancora soffrire per la tua primitiva colpa! Ora ti mando un male oscuro che allontana i figli dai padri, i nipoti dai nonni, che toglie la gioia delle relazioni personali, che lapida come grossa grandine gli affetti con il distanziamento, la paura, l’angoscia .  Uomo devi soffrire ancora ! Morirai pensando ai tuoi cari lontani o magari vedendoli da lontano dietro una lastra di vetro, nello schermo di un cellulate. I tuoi cari ti guarderanno  con la morte nel cuore. Così morirà d’angoscia anche il figlio che vede il padre morente , il nipote che vede il nonno , la moglie che vede il marito.  Allora io dico: questo è un Natale di nebbia,  di tristezza, si dolore e di angoscia . E’ un Natale avvolto in una nebbia , umida , fredda, impenetrabile  dove il calore del mondo  si è spento come un albero  di Natale con le luminarie senza corrente. E’ un Natale di  neve nera, inquinata dei mali del mondo che gela il pensiero d’ogni animo e che penetra nelle ossa come coltelli e lance nel costato. No ! No!  non può esser così! La Beata Speranza , musica  unica e essenziale del cuore dell’Uomo non può e non deve  svanire , anche se  nel nostro sangue  circola il Coronavirus e la morte ci incalza per un nonnulla .  Dobbiamo consolarci  gridando  :” L’Amore è più forte della Vita” poiché è l’unica fonte che ci dà ristoro”. Improvvisamente l’uomo tacque. Guardò con occhi pieni di tenerezza i due giovani . Ravvivò il fuoco del caminetto con due ceppi di larice e poi disse:  “ voi giovani siete come questi legni che ho messo nel fuoco, che ravvivano  la fiamma che sta per spegnersi. Siete la nostra speranza “ . Poi tacque per lungo tempo, pensoso. Pianse. I Filippo e la compagna capirono   che non potevano  consolare quell’uomo, ma promisero che sarebbero  tornati a trovarlo. Se ne andarono mentre quasi, quasi,  lui non se ne accorse.  

Ezio (Méngu)

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