Una mano lava l'altra
CULTURA E SPETTACOLO - 10 09 2017 - Don Battista Rinaldi
Il testo del vangelo, offerto in questa domenica dalla liturgia, sembra voler intervenire nella riflessione che ho introdotto domenica scorsa. Dice, praticamente, che nella comunità cristiana, il prendere posizione contro le colpe ‘pubbliche’ (quelle che offendono l’unità e il buon andamento della vita comune) è un dovere, non un optional. Da realizzare con gradualità, con quell’amore che ha di mira il cambiamento della persona non il pettegolezzo o l’emarginazione di chi ha sbagliato. Fa parte di quella vocazione profetica che caratterizza ogni membro del popolo di Dio, per cui ci si sente feriti dall’atteggiamento negativo in quanto tale, non solo dall’offesa personale. E allora il silenzio diventa una forma di complicità, di pigrizia di chi non vuole inimicarsi l’altro, se non addirittura di scelta precisa per averne un tornaconto. Ed è sotto gli occhi di tutti quanto male ha fatto e continua a fare questo modo di operare, specialmente nell’amministrazione della cosa pubblica e nei rapporti sociali. “Una mano lava l’altra…”, si dice. A livello ecclesiale la denuncia corrisponde a una parola audace pronunciata a qualunque costo, per fedeltà al Vangelo; è un sottrarsi a quell’omissione frequente di denunciare il male e di realizzare la correzione fraterna. Il mandato del Signore alla Chiesa del potere di ‘legare e sciogliere’ la porta anche all’estrema ratio del considerare fuori dalla chiesa chi non si ravvede. Proprio come forma per affermare l’importanza del bene che serve alla causa dell’unità e della comunione della comunità cristiana. Ma anche a livello civile sentiamo sempre più il bisogno di figure coerenti, coraggiose, che sappiano sfidare le minacce e le intimidazioni per servire il bene comune, per difendere la giustizia e la legalità. Immagino già di sentire chi avverte puzza di retorica nelle mie parole, ma ho l’impressione che a motivo di questi olfatti e palati sopraffini il degrado della cosa pubblica e sociale va verso una china inarrestabile. Per contro abbiamo papa Francesco che a domanda precisa risponde: “chi sono io per giudicare?…”. Non è qualcosa di ‘altro’ rispetto alla pagina evangelica. Nelle cose ‘private’ solo il Signore ha il diritto interloquire con la coscienza di ciascuno. Del resto proprio papa Francesco manifesta il carisma di intervenire con molta forza contro i difetti che serpeggiano, specialmente ‘dentro’ il popolo di Dio, ma lo sa fare sempre con molta ‘grazia’, senza offendere alcuno. Per ‘lavare’, nel senso di purificare, la mano dell’altro, non per ‘accarezzarla’ in vista di una buona ricompensa. Don Battista Rinaldi
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