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Concessioni idroelettriche: "Paura immotivata verso gli operatori stranieri"

ECONOMIA E POLITICA - 08 08 2023 - Comitato per la razionalizzazione

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Gentile redazione, abbiamo letto con attenzione la lettera del Sig. Silvano Marini il quale, riprendendo peraltro – con sorprendente concordanza – argomenti già più volte presentati dalle società titolari delle concessioni scadute, esprime i suoi dubbi sull’opportunità di svolgere le gare di rinnovo delle grandi concessioni idroelettriche.

Ci permettiamo di confutare le sue opinioni, basandoci su fatti oggettivi ed esperienze reali e iniziando dalla immotivata paura degli operatori stranieri, che sarebbero pronti a invadere il nostro Paese e la nostra Valle.

 

Quando nel 1999 il decreto “Bersani” liberalizzò, tra l’altro, il settore elettrico obbligando l’ex-monopolista ENEL a vendere parte dei suoi impianti (trasferiti in tre aziende create ad hoc) molte aziende europee parteciparono all’acquisizione di tali impianti (anche idroelettrici): la spagnola Endesa, la tedesca EOn, l’austriaca Verbund, la belga Electrabel. Notate che – al tempo – l’ingresso di operatori stranieri fu molto lodato, perché dimostrava la capacità dell’economia italiana di attrarre investimenti dall’estero!

Tutte queste aziende hanno lasciato l’Italia in un decennio o poco più, a dimostrazione del fatto che il nostro mercato e i nostri processi autorizzativi sono difficili e di scarsa soddisfazione. Una conferma sulla scarsa attrattività dell’Italia per i giganti dell’energia mondiale venne, undici anni dopo nel 2010, dalle gare bandite dalla Provincia di Bolzano (unica finora in Italia) dove non partecipò alcun operatore straniero.

Il rischio delle invasioni barbariche che fanno scempio delle nostre concessioni appare dunque del tutto trascurabile ed è stato completamente annullato dal Governo Draghi che, dopo il parere del Copasir citato dal Signor Marini, ha allargato anche alle concessioni idroelettriche il diritto di veto, il cosiddetto “Golden Power” che consente di impedire l’assegnazione delle concessioni a soggetti esteri.

 

Vi invitiamo anche a riflettere sui seguenti fatti oggettivi.

L’unico operatore straniero di rilievo in Italia è l’azienda di stato francese EDF, che controlla la Edison dopo averla scalata in borsa. Edison ha tutte le concessioni scadute o a breve scadenza; dunque, lo “straniero” non ha interesse a fare le gare, bensì proprio il contrario.

CDP Reti, la società pubblica che controlla Terna (rete elettrica nazionale), Italgas e SNAM (rete gas nazionale), dunque aziende ben più strategiche di una qualche concessione idroelettrica, appartiene per il 35% a un’azienda controllata dal governo cinese e nessuno s’indigna o se ne meraviglia.

 

Tutti gli attuali concessionari sono ampiamente partecipati da fondi finanziari internazionali che condizionano fortemente le loro strategie: la loro italianità è quindi assai annacquata.

Quand’anche un operatore straniero dovesse aggiudicarsi una concessione, la clausola sociale gli imporrebbe per legge il mantenimento del personale e l’applicazione dei contratti nazionali, gli impianti idroelettrici non possono per principio essere trasferiti altrove, l’acqua continuerebbe a fluire nel fiume italiano e l’energia elettrica nella rete italiana.

Qual è allora il problema? La paura dello straniero è semplicemente uno spauracchio agitato da chi vuole tenersi le concessioni senza affrontare le gare.

I nostri comitati non hanno affatto il mito della concorrenza, né sono interessati a quale operatore si aggiudicherà le gare, sono invece impegnati a riscrivere le regole delle concessioni a favore del territorio. Il Signor Marini teme che ai “buoni” concessionari attuali, forti di un legame identitario con il territorio (cosa che ci permettiamo di mettere in dubbio, visti gli innumerevoli ricorsi presentati contro ogni provvedimento che colpisse i loro interessi; a nostro parere i concessionari uscenti hanno preso dal territorio, specie negli ultimi decenni, molto più di quello che hanno dato) subentrino “cattivi” nuovi concessionari anonimi e senza volto.

 

È proprio questo il punto a favore delle gare: noi non vogliamo che il rapporto tra i concessionari e il territorio sia una questione di bontà, generosità (più o meno interessata) o legame con il territorio, non vogliamo che – come nel medio evo - le nostre comunità debbano chiedersi se si stia meglio sotto la Francia o la Spagna (con salomonica conclusione “Francia o Spagna, purché se magna”…), non vogliamo che i nostri sindaci debbano andare a sollecitare o contrattare interventi a favore del territorio.

 

Noi vogliamo invece che i diritti del territorio – perché di diritti, secondo noi, si tratta – siano discussi con le nostre comunità e resi espliciti e vincolanti dai bandi di gara prima e dai contratti di concessione poi, in maniera che chiunque vinca sia tenuto a rispettarli. Siamo convinti che la legge della nostra Regione, pur migliorabile, assicuri che le gare non avranno solo una valenza economica, ma garantiranno invece una positiva ricaduta sul territorio.

 

Quanto al paragone con la Provincia di Bolzano, certamente l’autonomia di cui loro godono e una diversa cultura del territorio (diversità molto forte in passato, ma oggi non così radicale, ci permettiamo di non mitizzare i nostri vicini) è stata loro d’aiuto, ma questo non vuol dire che non possiamo seguire la loro strada, anche copiando quel molto che hanno fatto di buono e adattandolo alla realtà della nostra valle.

 

Un esempio recentissimo? A Bolzano è stata appena approvata una legge che proporziona i canoni al reale valore economico della produzione, prevede che i bandi impongano un livello minimo di risorse a favore dell’ambiente e destina il 5% dell’energia ai comuni interessati, al prezzo di costo, rendendoli così soci virtuali della nuova concessionaria. L’ennesimo esempio dei benefici che le gare porteranno alle nostre comunità.

 

Un ultimo inciso, non sappiamo se il Signor Marini conosca quante proroghe delle concessioni scadute sono state date negli ultimi quarant’anni: ben otto, pari a una proroga complessiva di oltre quarant’anni, che aggiunti ai sessant’anni di durata delle concessioni originarie vuol dire un secolo (con un record di 135 anni!), cioè una durata del tutto analoga a quella degli altri paesi europei.

 

Quarant’anni di proroghe che non sono serviti a lanciare piani d’investimento e rinnovo, tant’è che egli stesso scrive che gli impianti valtellinesi hanno una vita residua d’esercizio limitata. Riteniamo illusorio pensare che un ulteriore provvedimento di proroga possa portare benefici in questo senso, anche perché sarebbe inevitabilmente bocciato dalle Corti di Cassazione e Costituzionale, che ambedue si sono più volte espresse contro le proroghe. L’unico effetto di un simile provvedimento sarebbe di congelare le gare e le concessioni esistenti per un decennio, il che è esattamente quanto desiderano i concessionari uscenti e i politici a loro legati. Per la nostra valle, invece, sarebbe un autentico disastro.

 

Comitato per la razionalizzazione delle linee alta tensione Valtellina – Valchiavenna

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