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Analogismi con “li bésti de cà nòsa“ con un poco di dialetto: I saiòt e i raisìn

CULTURA E SPETTACOLO - 01 07 2024 - Ezio (Méngu)

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/La cavalletta (saiòt)
La cavalletta (saiòt)

Gli animali che i bambini vedono al circo sono animali privati della loro libera espressione e sono creature spesso ridotte a caricature.
Non tutti i bambini hanno la possibilità di vivere a contatto con la natura. La società d’oggi ha portato benessere, ma ha anche allontanato i bambini dall’habitat naturale, dal vivere quieto e sereno d’un tempo dove gli animali domestici e quelli del bosco erano conosciuti.

 

Ho vissuto l’infanzia nei mesi estivi in quel di Ronco, piacevole località montana a 930 m di altitudine sulla sinistra orografica di Tirano. Alcuni anni fa ricordo lo spavento quando  un “ saiòt “ o anche  “soltamartìn “ (cavalletta ), per avventura, mi atterrò sul “ pisello “. Quelle piccola avventura che ora racconterò mi fece conoscere ben bene quelle bestioline che un tempo, come una nuvoletta , volavano nei prati ben falciati ed erano un buon pasto per le galline.

 

Eravamo alla fine degli anno ’50. A quei tempi le nostre baite di montagna erano piene di ragazzi, ma anche di baldi giovanotti  e di vigorose ragazze, mai quieti e pieni di iniziative. Tanto per dire la goliardia di quel tempi, ricordo un certo “Stéfan “ , contadino sui cinquant’anni, mitico conducente di cavalli e di “ priale “. Un  giorno mi aveva visto  riposare mentre mia nonna, super indaffarata, metteva in ordine la baita e mi tuonò : “ bucietà, giüta la tò nòna a fa i mestée de cà.“ ( ragazzino, aiuta tua nonna a fare i mestieri di casa “ .  Io gli ho risposto : “ sòo ‘n bòcia, cùsa gòo po’ de fa ? “ ( sono un ragazzo cosa devo poi fare ? ). E lui serio : “ mètet ‘l manèch dèla scùà ‘n del cül e iscì ‘ntànt che te girunzulèt ta scuerèe sü la cüsina !” ( mettiti il manico della scopa nel sedere  e così intanto che gironzoli scoperai la cucina ) . Insomma, una espressione forse cruda ma che voleva dire di non rimanere mai con le mani in mano e far sempre qualcosa di utile e specialmente aiutare gli anziani.

 

Era la teoria dei contadini di un tempo che in ogni luogo montano trovavano sempre il tempo di curare la natura, i prati, i boschi, le strade, i sentieri e volevano che noi ragazzi imparassimo a non rimanere mai con le mani in mano. L’inattività dava loro fastidio.

 

Lasciamo per il momento questi ricordi e passiamo alle cavallette, bestioline volanti che un tempo come nuvole ti davano il passo quando giravi per i prati falciati , però con la falce,  e non come ai nostri tempi attuali con delle macchine trinciatrici, allo scopo di non lasciare andare il prato a zerbo e l’erba si lascia marcire sul posto.

 

Un delitto per i nostri vecchi, ma non per noi che il latte lo troviamo sullo scaffale dei supermarket . Le mucche nel tiranese sono rare come le mosche bianche e gli unici animali che  tengono un poco in ordine i nostri maggenghi sono le mandibole di quattro asini (  a quattro zampe ) che i pochi fortunati riescono a “ arruolare “ per i loro maggenghi.  

  

Torniamo al “ saiòt “ atterrato sul mio pisello. Era il mese di giugno, i prati di Ronco allora erano falciati quasi come prati inglesi ed era uno spasso correrci sopra tra nuvole di cavallette che mi facevano corona e sembrava suonassero il violino con il loro fruscio d’ali. Le galline della nonna erano satolle di quelle bestiole e gironzolavano impettite tra i prati rincorrendo solo i “ saiòt “  grossi quasi come libellule.

 

Il caldo e il bere mi aveva gonfiato la pancia e, quando mia nonna mi chiamò in casa, per la merenda le dissi : “nòna, gòo de fa la pipi, la mè scapa,’l gh’è l’aqua ‘n de ‘l  cès ? “ .  ( nonna  devo fare la pipì , mi scappa , c’è l’acqua nel gabinetto ? ) La nonna mi rispose : “ No, l’è finida ! Van  fò a fàla ‘n del pràa , pòo van a tö l’aqua fò al funtanin “ ( No, è terminata! Vai a farla nel prato, poi vai a prendere l’acqua alla sorgente del Fontanino ) .  Corsi nel prato. Giù i calzoni, giù le mutande fino agli scarponi, un rapido sguardo intorno e poi con sibilo , fuori il getto lungo tre metri, da pompiere,  della durata di una decina di secondi.

 

Un maledetto “ saiòt “ ( cavalletta ) con ali lunghe come un indice , forse pensando che il mio getto fosse una sorgiva, mi è atterrato sul pisello. Ricordo bene che malgrado il suo peso corporeo il mio nervo non cedette, però mi spaventai e gridai :” nòna ‘n saiòt l’è rée a maiàm ‘l pisèl “ ( nonna , una cavalletta mi sta rosicchiando il pisello ) . Forse perché mia nonna si riteneva colpevole per il fatto di avermi mandato a fare la pipi nel prato, forse anche perché non voleva che suo nipote rimanesse menomato, prese un ruvido asciugamano di cucina.

 

Di botto lei fu da me. Io terrorizzato dalla bestia assetata sul pisello avevo gli occhi chiusi . La nonna con due colpi poderosi di asciugamano riuscì  a farla decollare dal dosso. Io con le braghe e mutande ancora calate ma dritto come un corazziere, sempre con gli occhi chiusi dissi a mia nonna: “Nòna te le cupada ?” ( Nonna l’hai uccisa ? ) Lei mi rispose “ No, Lèlu!  Lü fàcia gulà via “ ( l’ho fatta volar via ) . Pudévi miga riscià de cupàla cun ‘na bastunàda. Car néuu ta vedere che da grant ‘l ta vegnerà bun ‘l pisèl “ ( Non potevo rischiare di ucciderla con una bastonata , Caro nipote vedrai che da grande il pisello ti verrà utile )  .  Fu così che un “ saiòt “ di Ronco entrò di prepotenza nella mia vita. Quella bestiola tentò la mia incolumità personale e mia nonna mi salvò dalla sventura. La riconoscenza, in questi casi, non è mai ben pagata.

 

I saiòt e i raisìn

‘N dei pràa tücc bèi segàa,

‘n de l’èrba bàsa i è ilò tücc tacàa,

 

se ta rüat cu ’l pée ilò visìn

ta védet i saiòt gulà cùma musìn.

 

I sòlta i saiòt, i sòlta ‘n olt,

i pòsa ‘n pit e po i tra òtri solt,

 

A i raisìn i gh’à ‘nsumìglia,

parchè lasài lìber i fa ‘n parapìglia.

 

A vulè tegnì fèrmi ràis e saiòt

l’è ‘n laurà ‘n pit matòt.

 

Le cavallette e i bambini

Nei prati ben falciati,

nell’erba bassa sono lì tutti assieme,

 

se arrivi con il piede vicino

vedi le cavallette volare come moscerini.

 

Saltano le cavallette, saltano in alto

riposano un pò e poi spiccano altri salti,

 

Ai ragazzini assomigliano,

perchè se li lasci liberi fanno un parapiglia.

 

Volere tener fermi ragazzini e cavallette

è un lavoro un po’ da pazzi.

 

 

Ezio (Méngu)

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