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I “Filò” della Rina – Il diavolo è arrivato a Tirano

CULTURA E SPETTACOLO - 08 04 2014 -

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TRENO VAPOREChe puzza ! Se l'era fatta addosso! Sì, proprio così, il vecchio Tòni (Antonio) se l'éra fatta addosso per il grande spavento. Camminava con le gambe larghe e urlava per le contrade di Tirano :“u vedüü 'l diàul !( ho visto il diavolo!).” Dovete sapere che il Tòni era considerato da tutti un uomo di mondo, perché in gioventù era arrivato fino a Bormio e a Livigno per la fienagione. In quei paesi aveva conosciuto molte persone e visto tante cose, perciò i paesani lo ritenevano un saggio. Malgrado tutto però anche a lui, quella volta, era scappata liscia come olio giù per i pantaloni. Vi racconterò la storia a patto che anche voi, se non volete farvela addosso per lo spavento, vi stringiate tra le braccia della vostra nonna così come feci io nel lontano 1949 quando me la raccontò la Rina.  Era una fredda sera d'inverno del 1902. Nelle contrade di Tirano tirava un vento gelido. L'abbondante nevicata aveva coperto tutto e i suoni erano attutiti dal candido manto , eppure una voce strozzata dalla paura si udiva per le strade. La voce era quella di Tòni. Correva come pazzo per la contrade urlando: “Cristiani chiudetevi in casa , sbarrate porte e finestre e fatevi il segno della croce,u vedüü cun i mèe öcc 'l diàul. (ho visto con i miei occhi il diavolo). Persino il suo vecchio cane pastore “Gèk”, che come il padrone ne aveva viste di cotte e di crude, aveva la coda tra le gambe e seguiva Tòni ululando e ogni tanto, per il grande spavento, alzava la gamba e faceva pipì. Povero vecchio Tòni, lui aveva visto il diavolo in persona! L'aveva guardato in faccia e ora gridava disperato per mettere al sicuro la gente nelle case. La notte era calata nel terrore. Non si udiva più nessun suono, tutti erano in casa e nelle stalle a pregare. Le pie donne, tra un rosario e l'altro, si raccontavano di aver visto il giorno prima scappare dalle loro tane i ratti e gettarsi nell'Adda. La Rusìna raccontava che la sua mucca “Stèla” (Stella ) la sera prima aveva strappato la catena e il suo muggire era quello di una capra. Il maiale della Celestina aveva rosicchiato il sciusk (trespolo) trascurando le patatine bollite. Pierino, il birichino, aggravando l'atmosfera sinistra, giurava sulla testa dello zio barba Bùrtul (Bortolo) d' aver visto le galline far pipì. Quel grido straziante e monotono del vecchio Tòni aveva scosso gli animi; niente sembrava più come il giorno prima. Persino la fredda luna che splendeva chiara e tonda sopra i monti di Trivigno aveva il sorriso freddo di una zucca illuminata. Nonna Felicita e nonno Pietro che solitamente bisticciavano, tanto per passare il tempo, erano muti e impauriti e scrutavano la contrada dal finestrino della cucina con il rosario in mano. Sopra Tirano il Castelàsc (Castello di S. Maria ), illuminato dalla luna, sembrava un osso da morto puntato verso il cielo. Il lumino sempre acceso nella Santella di S. Maria si era spento. Dietro la grata nera la Vergine Maria stringeva tra le braccia il Bambin Gesù più stretto del solito mentre poco più in là tre civette e un gufo si azzuffavano furiosamente. Tòni si aggirava inquieto in stalla ; si sentiva responsabile di tutto questo e accarezzava il suo cavallo che batteva i denti come una mitraglia. Gli vennero in mente le parole della vecchia madre. "Ricordati figlio, quando non sei sereno corri subito a confessarti, poiché solo Dio ti può dare serenità!". Di botto, prese il cappello e la mantellina, corse in parrocchia dove, con grande frastuono, svegliò Don Oreste. "Don Oreste dovete confessarmi, devo aver peccato perché questa sera ho visto il diavolo" disse Tòni. Don Oreste, che conosceva bene Tòni, sbuffò, si mise la vestaglia, inforcò le pantofole, fece il segno della croce e seduto sui gradini della scala disse: "Ti ascolto figliolo, cünta sü! ( racconta !)." Tòni fece a sua volta il segno della croce, si buttò in ginocchio e disse: "U vedüü 'l diàul ilò al Pus’ciavìn,( ho visto il diavolo vicino al torrente Poschiavino) era l'imbrunire, stavo tornando a casa con il cavallo dal campo, quando giunto vicino al Poschiavino ho sentito provenire da lontano un rumore strano. Era come il soffio della macchina della “burdulésa” (pompa a mano per irrorare le viti), ho teso l'orecchio, il rumore si avvicinava sempre di più, sempre di più. Pfùff, pfùff, pfùff!! Il diavolo gridava "Pfùff, pfùff, pfùff !!" don Oreste! Era laggiù nell'oscurità della valle , si muoveva lentamente verso Tirano come un gatto nero. Al posto delle gambe aveva grandi manovelle, al posto delle ginocchia aveva ruote, per naso aveva un tubo dove usciva fumo, al posto degli occhi aveva due lanterne. Era il diavolo incatenato poiché nel suo procedere diritto, lento e inesorabile batteva il passo con un botto metallico cupo e sordo che martellava il terreno circostante. Il suo respiro era forsennato come quello del mio cavallo quando ara il campo a Vulpéra e trova un sciüch (ceppo) .Il diavolo ci è passato davanti mentre io e il mio cavallo ci siamo sdraiati a terra per ripararci dal fuoco e dal fumo. Don Oreste, non mi vergogno a dirlo, in quel momento a noi due è scappata senza preavviso, però, mentre il mio cavallo non portava i pantaloni , io me la sono tenuta addosso fino a Tirano." Don Oreste, pazientemente chiese a Tòni "Quel diavolo che tu dici, oltre a sbuffare fumo, sferragliare, forse fischiava ogni tanto mentre procedeva verso Tirano?". E Tòni " Proprio così, don Oreste, proprio così, voi reverendi conoscete bene il diavolo!! ". E don Oreste “Diavolo sarai tu Tòni che mi hai svegliato nel cuore della notte per aver visto il treno a vapore della F.A.V arrivare a Tirano. Ora Tòni, ti benedico e ti perdono, alzati e destöt (allontanati). Sappi però, caro Tòni che da oltre le cime delle montagne della tua Valle verranno altre diavolerie che toglieranno la tua beata tranquillità , solo che d'ora in poi, dovrai saperle guardare senza farla nei pantaloni. Dì pure questo anche ai tuoi amici della contrade di Tirano. e adèss làsum durmì (adesso lasciami dormire) Té salüdi (ti saluto)".

Ezio Maifrè

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