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LA MAGIA DEI PORTICI DI BOLOGNA RACCONTATI DA MICHELE OTTOVEGGIO E CRISTINA IFROSA

CULTURA E SPETTACOLO - 25 08 2015 -

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/ Fonte: Wikipedia
Fonte: Wikipedia
Ho ricevuto in questi giorni, da Michele Ottoveggio, un documentario che narra la vita di artisti operanti sotto gli straordinari portici bolognesi, dal titolo Un racconto dei portici. Sono storie di vite, quelle raccontate nel suo documentario. Vite di uomini forse destinati a rimanere nell’oblio, ma che è compito della critica e degli studiosi promuovere e valorizzare, se possibile. La scena si svolge in una delle città più affascinanti d’Italia. Bologna la rossa, Bologna la dotta… Comunque la si voglia chiamare ha sempre qualcosa da regalare a chi percorre i suoi vicoli, tra storia, arte ed atmosfere sublimi.  Bologna è in grado di trasportarci in atmosfere ovattate, quasi impercettibili. A tratti infonde enorme calore ed aneliti di vita nei nostri corpi e nelle nostre anime fredde e logorate dal tempo. Ma questi istanti leggiadri si colgono lungo i suoi portici, dove freme la vita di ogni giorno. Voci, rumori, sussurri... qui scorre la linfa che ci mantiene in vita, dove «la pietra si separa e la forma si sfalsa». Luoghi in cui l'arte continua a vivere ed è possibile trovare ristoro, fonte di ispirazione. Meditare, appunto. Diversi epiteti ci conducono lungo il suo corso, poco importa se sotto «intemperie gravose» o il caldo sole di maggio, che ha tanto giovato all'attività del giovane Daniele Duranti. Sono uomini e donne senza volto quelli che si smarriscono e percorrono i suoi «labirinti senza ritorno». Alle volte ci sbeffeggiano, altre ci seducono, similmente alle giovani fanciulle di Luciano Gatti. Ci contemplano, ci sorridono e suggeriscono un'idea di mistero. Noi li guardiamo, spesso senza comprenderli, mentre il vento, che «comincia con piacevoli blandizie sulla pelle, salendo per le mura» si fa pungente. Questi profili ignoti suscitano la nostra curiosità. Abbassiamo il viso e li scorgiamo, spesso ignorandoli, artisti che raccontano le loro storie e le loro vite, lasciandoci una parte di loro. Osserviamo distrattamente profili, tavole imbandite che sembrano condurci nelle dimore di ricchi signori delle Fiandre, come suggeriscono i frutti succulenti di Marco Pecorare. Sentiamo gli odori, i profumi, le voci. Ma non c'è tempo. Troppo tardi, dobbiamo inoltrarci lungo labirinti, viuzze sbarrate e senza ritorno. Alessandro Cantoni

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