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/Ronco, Tirano

Le persone non mangiano fieno

CULTURA E SPETTACOLO - 05 03 2017 - Méngu

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/Ronco, Tirano

Io credo che ogni persona sappia, malgrado non abbia fatto grandi studi, che le persone non mangiano fieno. Forse è bene rammentare che il fieno è l’erba tagliata e fatta essiccare al sole. Sembra banale rammentare queste due cosucce, ma è di una importanza fondamentale: il perché lo dirò parlar facendo. L’espressione che “ le persone non mangiano il fieno “, nel nostro caso, è stata elaborata dalla intelligenza di un contadino, che ben si sa, è condita dalla pratica d’ogni giorno con il contatto della natura e dei suoi ritmi. Al laureato che possiede ( si spera) una cultura a 360 gradi, alcuni concetti possono sfuggire, non certo per intelligenza, ma dalla non “ partecipazione “ al Mondo contadino che , non dimentichiamolo mai, ci nutre. Questo concetto al giorno d’oggi è molte volte dimenticato, anche quando mettiamo il pane o la carne sotto i denti. Capita spesso di pensare , a torto o a ragione, che alcune figure Politiche e Amministrative che dovrebbero, con leggi o leggine, tutelare il territorio con aiuti mirati, dimenticano questi concetti basilari e di assoluto buonsenso: salvaguardare il territorio montano e le sue colture.

 

In verità lo sapevo anch’io che “ le persone non mangiano il fieno”. Il fieno lo mangiano generalmente i bovini, equini caprini e ovini e anche i conigli. Insomma per semplificare lo mangiano le mucche, i cavalli, le capre, le pecore e via dicendo. Tutte bestie che ormai sembrano, purtroppo, in via di progressiva diminuzione nel tiranese. In verità quel saggio contadino ha aggiunto, guardando la mia macchina , che “ nemmeno le macchine mangiano fieno”. Queste espressioni banali, provocatorie, risibili, fanno meditare e grattar la testa per la preoccupazione, chi conosce e ama la montagna. Poi, queste espressioni banali dette con sarcasmo, quando sono proferite da un contadino che ha seguito per l’intera vita le lezioni “dell’università “della terra , danno veramente il senso dello sconcerto. L’estate scorsa quel contadino era seduto sul bordo di un muretto di sassi, sulla strada per la località Piscina. Passavo di lì in macchina per raggiungere la mia baita in località Ronco. Conoscevo da tanto tempo quel contadino e quel giorno l’avevo visto pensoso, quasi imbronciato mentre guardava alcuni suoi prati con l’erba alta. Aveva pressappoco la mia età ed era dunque anziano e anche un poco malmesso in salute.

 

Avevo visto quei suoi prati sempre ben falciati e mi ero fermato incuriosito. Gli avevo chiesto come mai il secondo taglio dell’erba d’agosto non era stato fatto, vedendo l’erba alta che ondeggiava sotto la brezza serale in quei prati ben soleggiati e comodi da lavorare. Con un sorriso malinconico e con una alzata quasi impercettibile di spalle mi ha risposto : “ le persone non mangiano fieno” Poi guardandomi sott’occhi aggiunse “ nemmeno le macchine lo mangiano “. Rimanemmo muti e pensosi tutti e due per qualche minuto guardandoci intorno. Poi continuò dicendo : “ Io non ho più le forze per falciare Un anno fa li falciava un contadino che aveva cavalli e mucche. Il fieno di questi prati lo raccoglieva e lo dava alle sue bestie; ora non ha più le bestie; non gli occorre più e quindi non falcia più l’erba dei miei prati. Questi prati sono stati strappati ai boschi a forza di braccia e se non falciati ritorneranno bosco, andranno alla malora e questo mi dispiace. Non sono solo i miei prati, è il caso di tanti prati che ora vanno a “ zerbo “ ( in rovina ) e ritornano boschi. Méngu vai in località Piscina e vedrai. Gira un po’ i monti e vedrai ! “.

 

Risposi : “ Come ti do ragione ! Vai giù a Ronco e vedrai la stessa cosa. Anch’io ho dei prati dove i miei avi, con quel fieno davano da mangiare a due mucche. Da almeno tre anni a oggi, poiché anch’io il fieno non lo mangio e nemmeno la mia auto, pago una brava persona che possiede una falciatrice. Me lo taglia due volte l’anno e l’erba la gettiamo al lato del prato, nel bosco, a marcire. Faccio questo come fanno molti altri per non lasciare crescere il bosco sui prati e mandare alla rovina le sante fatiche dei nostri avi. E non sono l’unico in quel di Ronco poiché l’erba molti non la falciano, ma la “ trinciano “ ( sminuzzano ) facendone concime per il prato salvandolo da arbusti infestanti che crescono a vista d’occhio”. E pensare che su quei prati alcuni decenni fa facevano tre tagli. E il fieno settembrino era rosolio per le bestie. Basta così! Sono certo che queste mie parole, ora sono il cruccio di tanti. La colpa di chi è ? Mancano le bestie che mangiano il fieno o mancano le braccia per raccoglierlo e farne una ricchezza come un tempo ? Io credo ambedue le cose. Per quale motivo ? La remunerazione ossia il premio alla fatica, il guadagno per questi lavori non spinge a agire, a lavorare la nostra terra ? Lo credo in parte. Qui mi fermo ( mentre sto scrivendo sto pensando a…. meglio lasciare per carità di Paese) perché non è mio compito indicare alle Amministrazioni e alle Comunità Montane come intervenire con aiuti, sovvenzioni ai contadini e ai proprietari anche di piccole pezzature di prati. Ricordo però che occorre “far sistema” .In questo caso significa che i piccoli proprietari di terreni dovrebbero unirsi, mettersi in gruppo e individuare una associazione, meglio un contadino che si prenda cura del “sistema” avendo la possibilità d’un giusto guadagno ( filiera: attrezzature, prati, sfalci , fieno, stalla, mucche, pecore, cavalli, latte, formaggi, burro e via dicendo ). Insomma un “sistema” di lavoro funzionale che porti il giusto profitto a chi se ne occupa. Il ” sistema” di “ognün per sé e Diu par tücc “ ( ognun per sé e Dio per tutti ) non funziona più per gli ovvi motivi detti sopra. Mettiamoci bene in testa che la bellezza della nostra Valle è soprattutto merito dei contadini. Chi pensa che tanto la natura debba prendersi la sua rivincita ingoiando ciò che è stato strappato per sfamarci si sbaglia. Noi non mangiamo il fieno, è vero, ma mangiamo il prodotti della nostra terra e quelli delle nostre bestie. E se non lasciamo andare tutto alla malora, ciò che i nostri vecchi ci hanno lasciato, prima o poi ci troveremmo con scarso cibo autoctono. Quante forze giovanili vedo per la nostra città senza occupazione! Ragazzi e ragazze ben messi e in pieno delle forze con telefonini in mano, profumati, ben vestiti, Vedo anche immigrati che girano ben vestiti, con mani curate. Alcuni chiedendo la carità alle persone per strada perché dicono di non aver mangiato. Giusto doverli aiutare, ma sarebbe anche giusto dar loro da lavorare .Non è forse dignitoso lavorare la terra? I nostri vecchi e i giovani di un tempo non lontano maneggiavano la terra e lo stallatico con uguale vigore e non ricordo mani tese per strada per chiedere la carità. Chi ha i capelli grigi ricorderà il vecchio Tunàia. Povero in canna, con il suo carrettino delle sue misere cose non chiedeva mai la carità, ma del lavoro per poi aver qualcosa da mangiare. Orbene, cari Amministratori e Politici, sappiate che sui nostri monti c’è ancora molta ricchezza, e non solo sui monti ma anche nei boschi, nei terrazzamenti ,nei campi. Sappiate aiutare, con leggi o leggine appropriate i contadini e chi ha cura della propria terra. Quei soldi spesi frutteranno il centuplo e saranno di insegnamento alla gioventù per il lavoro.

 

E’ bene progettare e avere Grandi Eventi in Valle per far conoscere Tirano e i sui dintorni , ma il più grande evento che io credo ci possiamo augurare è una ripresa seria e costante dello sfruttamento della nostra terra. La terra che i nostri vecchi ci hanno lasciato in eredità e che noi costantemente e forse senza renderci conto sciupiamo. Mi rendo conto che queste cose sono state dette e scritte una infinità di volte. Io le ho dette una volta in più poiché ricordiamoci sempre che noi raccogliamo ciò che abbiamo seminato e “ siamo quello che mangiamo”. Io mi metterò in prima lista per quel “santo “ contadino che vorrà tagliare l’erba per far fieno nei miei prati di Ronco per le sue bestie e con me, io penso, si uniranno in tanti. Coraggio “ facciamo sistema “ e si vedranno i frutti presto.

 

Méngu

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