Nel cuore di piazza Parravicini tra arte e nobili personaggi
CULTURA E SPETTACOLO - 18 05 2017 - Ivan Bormolini
(A cura di Ivan Bormolini) Nella rubrica sull'economia tiranese di questo mese vi ho parlato del Parravicini Restaurant & Wine che ha da poco aperto i battenti nel palazzo Parravicini. Rimaniamo anche per l'arte in questo palazzo e nella storica piazza tiranese, un tempo parte del “Vicus inferior”, della Tirano d'altri tempi. Partiamo dunque dal palazzo Paravvicini: questo imponente edificio, come si evince anche dalla facciata che domina sulla piazza, non è stato conservato al pari di altre nobili dimore tiranesi. E' sin troppo facile comprendere come, nel corso delle epoche passate, il palazzo sia stato diviso tra più proprietari. La struttura era appartenuta ad una delle più facoltose famiglie aristocratiche che tra il sei-settecento era al culmine della sua potenza e ricchezza. Nel 1628, il capitano Giavan Pietro si era trasferito a Tirano in seguito al matrimonio con Angelica Homodei. Angelica, con ogni probabilità, era anche erede di quella che era stata la cinquecentesca casa del padre Romerio. A quest'ultimo infatti potrebbe essere attribuibile la costruzione di un primo nucleo del palazzo. Dal matrimonio tra Angelica e Giovan Pietro era nato il figlio Romerio, in evidente ricordo del nonno materno. Quest'ultimo aveva acquistato alcune vicine costruzioni ed aveva fatto in modo, con precisi interventi progettuali, di dar vita al palazzo. Sarebbe bello oggi poter censire tra i nobili palazzi tiranesi anche palazzo Parravicini, ma tale struttura, una delle più grandi assieme a Palazzo Salis, come già ricordato, è stato smembrata tra varie famiglie a seguito di vicende ereditarie. Pare che in uno dei saloni il comune tenesse le sue riunioni prima che palazzo Marinoni venisse adibito a sede del municipio (*1). Ora non ci resta che guardare alla piazza. E' certo che la facciata del palazzo ne costituisca la padronanza visiva; tuttavia, sul lato opposto notiamo delle abitazioni tipiche contadine, nel tempo sapientemente restaurate, che portano ad una riflessione. Dalle loro strutture si evince una caratteristica propria del tiranese; anche in questa bella piazza infatti, così come per altre parti del centro storico, si nota come strutture aristocratiche siano perfettamente convissute con dimore rurali e corti contadine, tipiche della Tirano di ieri. Cattura l'attenzione la bella fontana: essa era al centro di storiche fotografie di un tempo in cui i residenti di quella contrada si facevano ritrarre. Perfettamente incastonata nei muri di cinta, si presenta ancor oggi come sobria ed elegante: ha una vasca ottagonale in pietra verde lavorata, e forse richiama, per somiglianza costruttiva, lo storico “Bui Vecc”, posizionato in piazza Lantieri, anche se quest'ultimo, però, è a forma esagonale. Ed ora diamo uno sguardo alla chiesetta della piazza. La sua struttura è a pianta ottagonale, simile alla pianta della chiesa della contrada San Rocco a Madonna di Tirano. La chiesa della Madonna Addolorata è dedicata appunto al “Mariano Spasmo”, ovvero al dolore di Maria, come si evince dalla dicitura sull'architrave del portale realizzato in pietra verde di Grosotto. La sua struttura risulta essere una ricostruzione risalente al 1664; lì, infatti, vi era in precedenza un antico oratorio dedicato alla Vergine, che già il vescovo di Como Feliciano Ninguarda citava nell'anno 1589. (*2) La chiesetta era stata assunta a cappella di palazzo ed il piccolo tempio era appartenuto ai Parravicini sino al 1898. In quell'anno, con la morte di Teresa Parravicini, coniugata Merizzi, il tempietto era passato di proprietà a quest'ultima famiglia, come tutt'oggi. Gli spazi interni risultano contenuti, spicca sicuramente la volta a cupola assieme al presbiterio. Mirabili sono le decorazioni in stucco. Cattura l'attenzione la raffigurazione dell'Addolorata in lacrime con il Figlio morto. Si notano sulle pareti altre raffigurazioni in riproduzione. Abbiano sin qui parlato, in linea generale, degli aspetti artistici della piazza ed ora per un attimo torniamo ai Parravicini per scoprire qualche particolare su alcuni personaggi appartenuti a questa nobile famiglia. Romerio Parravicini era molto facoltoso; da notare la sua devozione per la Madonna di Tirano. A questo nostro santuario, infatti, aveva elargito, una prima volta nel 1685 ed una seconda nel 1687, un grande prestito senza chiederne gli interessi. I deputati del santuario avevano utilizzato la somma per l'acquisto del paliotto d'argento da collocare presso l'altare dell'Apparizione. Altra figura di rilievo della famiglia era stato il capitano conte Gian Simone che era divenuto cittadino Grigione assumendo la residenza a Thusis. Era stato podestà di Tirano nella prima metà del XVIII secolo. Ricordiamo anche Gianmaria Rodolfo: egli, nel 1745, era stato protagonista del mancato matrimonio con la nobildonna Costanza Negri di Grosio. Quest'ultima, però, con grande offesa dei Parravicini, si era unita in nozze con Luigi Maria Quadrio Brunasi di Ponte. Quando la pace tra le due famiglie si era ristabilita, i Parravicini avevano chiesto come pegno ai Quadrio Brunasi la costruzione a loro spese dell'altare maggiore in marmo del santuario di Madonna di Tirano, lo stesso che oggi ammiriamo. (*3). NOTE: Palazzo Marinoni è sede del Municipio dal 1812. Vescovo di Como Feliciano Ninguarda: era in visita pastorale a Tirano nel 1589 per la nomina della chiesa di San Martino al parrocchia. Il vescovo citava la presenza di un antico oratorio dedicato alla Vergine Maria, poi trasformato nell' attuale tempio. Altare maggiore del santuario: realizzato in marmo nero di Varenna è opera del marmista Battista Galli di Clivio e risale al 1748. FONTE: Tirano Il centro storico storia arte architettura di Gianluigi Garbellini. Stampa Lito Polaris Sondrio. Prima edizione febbraio 2009.
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