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Vitelloni 2017

CULTURA E SPETTACOLO - 17 07 2017 - Méngu

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/spider

E’ ormai estate e chi ha la macchina scappottabile o la moto la mette in mostra viaggiando con il vento tra i capelli o in faccia. Al mare oggidì, poi, è un susseguirsi di belle macchine chiamate “spider” guidate da ragazzi e ragazze belle e ridenti come il sole. Chi come me, che ormai ha i capelli grigi ed è tappezzato di rughe ricorderà, con un sorriso bonario e maschilista il tempo dei “vitelloni“.

 

Era il tempo in cui il maschio si faceva notare con i suoi attributi e con il fascino da bamboccione allo scopo di conquistare qualche bella fanciulla. Per la verità alcune cadevano nella rete, soprattutto le straniere. Ecco perché quei “fusti” degli anni ’60 erano chiamati “vitelloni “. Erano spesso ragazzi viziati e mantenuti dalle famiglie per bene che, specie nelle cittadine di mare, come Rimini, passavano la loro giornata nell’ozio, tra ripetuti quanto inutili amori.

Allora erano rari quei ragazzi che avevano una spider, perlopiù giravano in “vespa “ magari seduti in tre. Ora non più. Quei “ vitelloni “ di un tempo, considerato ora la loro età, si sono accasciati, sono diventati stanchi, sonnolenti, privi di forze nell’attacco al gentil sesso. Ma se paragonati a certi giovani svogliati d’oggi, che guardano l’altro sesso con quel fare che una persona ha verso il cibo dopo aver gozzovigliato troppo e velocemente, intuisce subito che il compito “dell’attacco galante“ è ora devoluto al “ gentil sesso “.

 

Vien voglia di dire che in fondo il tempo dei “ vitelloni “ non era poi tanto male. Detto questo, colgo l’occasione di raccontare una scena alla quale ho assistito in una località di mare alcuni giorni fa. Ero sdraiato sotto all’ombrellone. Sonnecchiavo. Il mare era anch’esso sonnolento con onde da vasca da bagno. Erano circa le tredici. La gente era poca, quando vedo avvicinare al trotto due ragazze in costume da bagno succinto tale da togliere ogni fantasia, che gridano con le mano tra i capelli: “Che cozzo ! Che cozzo bestiale!“.

 

Distolto dalla mia sonnolenza e dai miei pensieri, le guardo. poi di scatto sollevo il mio costume un poco scivolato sulle mie magre gambe e domando con fare stupito e perplesso: “quale cozzo?“. Mi rispondono all’unisono nella parlata fiorentina con la magnifica “c” aspirata. “ Laggiù, laggiù ! C’è un cozzo truculento “. Con le due ragazze sono corso oltre la strada e ho visto tra una bella e verdeggiante rotonda stradale una “spider” che aveva urtato il fusto di una vecchia palma. La macchina aveva un faro rotto e due ragazzi si lamentavano per le ferite.

 

Probabilmente viaggiavano con la loro spider in costume da bagno poiché uno dei ragazzi nell’urto strisciando tra l’erba aveva perso il costume da bagno rimanendo completamente nudo. Il ragazzo nudo, in piedi, cercava di tamponare una leggera ferita al capo dell’altro. Mentre le due ragazze gorgheggiavano la cantilena con le mani in faccia ma con le dita larghe sugli occhi “Che cozzo! Che cozzo !“ mi sono avvicinato ai due ragazzi. Ho visto che, in realtà, l’urto non era poi stato così violento come descritto dalla ragazze.

 

Il cozzo era evidente, ma non mi sembrava un granché. Le ferite dei ragazzi erano solo delle leggere escoriazioni medicabili al pronto soccorso. Ho invitato il ragazzo rimasto senza costume a coprirsi dalla nudità. Cosa che fece subito cercando il suo costume da bagno rimasto tra le erbe della rotonda stradale. Poi rivolgendomi alle due fanciulle con un sorriso bonari,o che solo le persone anziane sanno fare, ho detto loro: “si, ora ho visto il cozzo: non mi sembra un gran che. Non agitatevi e state tranquille . Piuttosto aiutate i due ragazzi a medicarsi, poi vi saranno riconoscenti invitandovi a cena”.

 

Dieci minuti dopo ero disteso sotto l’ombrellone pensoso, ma con un sorriso sotto i baffi rammentando i “vitelloni“ degli anni sessanta. Ripassando mentalmente le mie esperienze giovanili ricordo che allora le ragazze non si meravigliavano per “sinistri“ di così poco conto.

 

Méngu

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