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Ah… Se potessimo mangiare il fieno che gettiamo…

ECONOMIA E POLITICA - 26 04 2024 - Ezio (Méngu)

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/Sguardo di mucca
Sguardo di mucca quando lasci marcire l’erba nel prato (foto di Wilma Del Simone)

Non sono la prima persona che si gratta la testa quando, iniziata la primavera,  vede crescere l’erba nei prati dei nostri maggenghi. Non credo d’essere l’unico che avendo ereditato dai “vecch“ una baita in montagna con relativi prati e boschi si preoccupi di “curare“ ciò che  ci è stato lasciato.

 

Dove sta il problema? Presto detto e forse anche capito. I nostri vecchi, pur non vivendo completamente dei frutti della terra, integravano i loro magri guadagni con la raccolta del fieno o con la semina di patate o segale in montagna. Per questo sono nate tante baite in montagna con il relativo pezzo di terreno coltivabile strappato alla forza invadente del bosco.

 

Ora il mondo è cambiato, le mucche sono poche, le patate e la segale in montagna non si seminano più. Pace e amen! Però i prati e i campi sono rimasti, o almeno c’è chi faticosamente, in questi ultimi anni, ha salvato i prati dal lento avanzare del bosco. Non mi piace parlare in prima persona, ma io sono tra quelli che si sono dati da fare in tal senso, pur non avendo mucche e quasi nessuna esperienza di contadino. Ho tagliato per anni, ogni anno almeno due volte, l’erba dei miei prati in quel di Ronco al solo scopo di rendere pulito il sito da erbacce e arbusti. Non ho fatto l’uovo fuori dalla “cavàgna “ !  So di non essere l’unico, anzi sono una della “ ròscia “ di quelli che si arrabattano per dare ancora una parvenza d’ordine al maggengo.

 

Ma attenzione! Quel lavoro sacrosanto che noi facciamo due volte all’anno, se non tre, contiene un seme di sconforto che fa venire le lacrime agli occhi. Tagliamo l’erba dei prati, la facciamo seccare, poi rastrelliamo bene i prati e… poi? Poi il fieno lo ammucchiamo e lo lasciamo marcire su un lato del prato e se è stato “ trinciato “ allo scopo di tenere in ordine il prato lo lasciamo nel terreno come concime.

 

Non è forse anche questa una “ricchezza“ buttata al vento, che potrebbe essere utilizzata se ci fossero dei canali giusti d’utilizzo?  Un’ altra considerazione che naturalmente la capisce solo chi la prova; le persone anziane, le cui forze ormai sono al lumicino chiedono in ogni dove se possibile trovare qualche contadino che possa falciare quei  prati. Li senti rispondere che quel lavoro non rende. Se insisti, quasi come fosse invocazione, vedi il contadino sbuffare e poi, quasi stesse per partorire un grossissimo sacrificio, ti  dice: “  quando hai falciato i prati, hai fatto seccare e raccolto tutto il fieno in un mucchio, se ho  tempo vengo  e te lo porto via e non ti chiedo nemmeno una bottiglia di vino.”  Bontà sua !  Anzi no, grave peccato di coloro delle Comunità montane che  non danno quell’aiuto economico che potrebbero far cambiare molte cose nel caso tipico di prati ora andati a “zerbo” (alla malora ).

 

Si dirà: “ cosa ci vuoi fare; di mucche a quattro gambe ce ne sono poche in valle  e il fieno non possiamo mangiarlo noi”. Sì, sono anch’ io convinto che, per ora,  in Italia il fieno non lo mangeremo, ma di mucche ce ne sono ancora poiché  beviamo il  latte. Quel fieno buttato e fatto marcire potrebbe semmai essere venduto.  Penso anche a qualche Ente montano, a qualche Associazione  o a qualche contadino capace d’organizzarsi o di organizzare una squadra di falciatori attrezzati con mezzi moderni al fine di “venire incontro “ a coloro che trovano difficoltà a tenere in ordine i loro alpeggi . E’ desiderio di molti preservare ciò che i nostri vecchi ci hanno lasciato e che i siti non diventino cimiteri delle fatiche dei nostri avi o siti di archeologia rurale montanara. Io credo che qualcuno di buona volontà possa raccogliere il messaggio. Credo proprio che i prati di molti siano a diposizione e in ultima analisi non scordiamo mai che il turista, quando entra nel nostro paese, ci  giudica per quello che vede. Un esempio: è inutile indossare camicia e pantaloni nuovi quando non ci tagliamo mai la barba e non ci laviamo ( leggi: incuria del territorio montano ) .

 

Ezio (Méngu)

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