Elezioni europee 2024, analisi del voto
ECONOMIA E POLITICA - 10 06 2024 - Guido Monti
Il dato più evidente che balza agli occhi all'indomani del voto europeo è la scarsa partecipazione popolare alla consultazione per il rinnovo dell'europarlamento. Sia in Italia che negli altri Paesi dell'Ue - chi poco più, chi poco meno - si è recata alle urne solo una persona su due. Tenuto conto di uno 'zoccolo duro' di astensionisti del 25%, questo significa che un altro quarto di elettorato è andato ad aggiungersi ormai stabilmente a coloro che preferiscono non esprimere una personale preferenza. Se da un lato il fenomeno è sintomo di una disaffezione alla politica accertata da tempo, dall'altro si manifesta in modo lampante la tendenza a delegare le proprie istanze ai poteri costituiti senza partecipare direttamente alle scelte che determinano la vita quotidiana di ognuno. A questo si aggiunge una marcata tendenza ad accentrare l'attenzione sulle vicende interne a ciascuno stato anziché su quelle sovranazionali, come un voto europeo dovrebbe comportare. Ma tant'è, e allora ecco che da noi la Meloni si vanta di essere stata uno dei pochi premier di governo premiati dai votanti, la Schlein esulta per averle tenuto testa, Tajani per aver superato Salvini, mentre quest'ultimo, Conte, Renzi e Calenda sono costretti a leccarsi le ferite pur con conseguenze diverse per ognuno di loro. Un terzo fattore piuttosto significativo è che la presentazione di candidati di bandiera come il generale Roberto Vannacci e la carcerata Ilaria Salis ha pagato in termini di suffragi conquistati. Se il caso del militare non fa testo perché si è comunque rivolto a sostenitori ben individuabili e identitari, diverso è quello dell'insegnante che dimostra come penosi casi personali balzati all'onore della cronaca possano fare breccia in un elettorato sempre più disorientato e alla ricerca di plausibili riferimenti. Ma l'aspetto più palese emerso dalle urne è la contrapposizione ancor più netta tra i favorevoli ad una maggiore integrazione europea e i detrattori dell'Europa vista come matrigna e causa di tutti i mali. L'avanzata della destra tradizionale, quando non estrema, è particolarmente indiscutibile in due nazioni, la Francia e la Germania, su cui si basano in gran misura le sorti future del Vecchio continente. Il crollo di Macron e l'avanzata della Le Pen da una parte e la sfiducia manifestata verso il governo Scholz dall'altra sono un autentico terremoto istituzionale e rappresentano un segnale poco rassicurante per chi confida in un salto di qualità dell'Ue. Nei prossimi giorni è destinato a delinearsi meglio il profilo della Commissione che governerà l'Europa per il prossimo quinquennio, magari non più guidata dalla Von der Leyen, mentre all'europarlamento di Strasburgo, a meno di sorprese, i numeri danno ancora salda la maggioranza della cosiddetta coalizione Ursula (dal nome della leader politica tedesca) composta da democratco-cristiani, socialisti e liberali. Guido Monti Fonte immagine: https://www.ilpost.it/2018/04/14/estrema-destra-europa/.
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