La mulattiera Li Cadéni-Canài: un gioiello dimenticato
CRONACA - 12 02 2024 - Ezio (Mèngu)
Ilò sùta la prìma Crus ‘l gh’è ‘na bruzéra èrta cùma ‘n valgèl, i so sas i trasüda li fadìghi dei noss vècc. I cünta che ilò ‘l Signùr l’éra sultàa giù dala crus a benedì i piatùn slisàa dai priài e dai scarpùn ciudàa. Ilò sùta la segùnda Crùs ‘l par amò de vedè la Virginia de Rùnch che la pundàva i ciclamìn ai pè del Signur e pòo al g’à diseva: Signur se ‘l tà ve sé ciàmum che ta porti sü ‘na gazùsa fresca de cantinìn. e.m. Invito tutti i Signori Amministratori di Maggioranza e Minoranza del Comune di Tirano, tutti coloro che amano la montagna, la natura, i nostri boschi, i nostri alpeggi, le nostre baite a percorrere la mulattiera “Li Cadéni- Canài“. Sono certo che, forse tutti insieme, capiremo “ l’errore “ fatto in questi ultimi anni per non aver valorizzato a sufficienza e fatto amare quell’autostrada sassosa dei monti. Quella semplice arte stradale che, anche se non dava subito un “ incasso “ , come si usa valutare in questi tempi , ha però dato l’opportunità di lavoro e cura dei nostri i alpeggi e ci riserva tutt’ora , nel suo percorso, meraviglie ancora tutte da scoprire. Ora quella “ bruzéra” appare quasi dimenticata, solo pulita e lisciata dall’ acqua che, dopo forti piogge , scorre e la trasforma in un “ valgèl “ . Il suo percorso si snoda quasi in un tunnel nel bosco, tra cumuli di fogliame , ramaglie e piante cadute per la forza del vento. Natura è natura ,si sente spesso dire da coloro che par se ne intendono. Ma non è così ! Così facendo quella “ bruzéra “ diverrà un relitto della nostra storia e sono certo che a molti dispiace. Per coloro che non conoscono “ bruzéra “ o l’hanno dimenticata, mi piace scrivere e far conoscere un mio ricordo. ****** La mulattiera, o “ bruzéra “ che dire si voglia, era il percorso preferenziale fino a pochi anni fa per salire e scendere da “ munt “ con bestie e materiali. I mezzi di locomozione e di trasporto dei nostri avi per “ ‘ndà a munt “ generalmente erano due: la “motopedùzzi “ ovvero le proprie gambe e il supporto paziente degli animali, quali muli, cavalli e asini. Le “piazzole di servizio” erano piccole osterie dove il viandante o il “ viciürìn “, sopraffatto dall’arsura, poteva bere una caraffa di vino rosso o una gazzosa. La sosta a volte era anche suggerita dalla presenza di crocefissi dove viandante e Signore potevano guardarsi e consolarsi a vicenda. E sì, perché le mulattiere, allora, erano teatro di suoni, di grida, anche di imprecazioni e bastonate alla bestia da soma che non ubbidiva ai comandi, ma non mancavano i canti alpini o le silenziose preghiere verso quei “ distributori” di forza fisica e spirituale che erano i crocefissi. Ora sembra un po’ meno. I Crocefissi si ergono solitari e laddove prima c’era un fiore ai piedi del Signore inchiodato, molte volte ora c’è un fiore appassito. A me pare che il Signore guardi sconsolato e un poco di traverso i viandanti che tirano dritto senza un cenno di saluto e di reverenza. Nemmeno i sassi della “ bruzéra “ sono più lisciati dai legni dei “ priài “ o dai colpi dei cerchi in ferro dei “ bròz” o dalle “ bròche “ degli scarponi. Ora i sassi sono sotto il fogliame e il muschio dilaga anche sui muri in calcestruzzo che li rosicchia come i topi con il formaggio. Brutta idea quella d’aver costruito muri in calcestruzzo al posto d’usare i sassi come facevano i nostri avi. Guardateli bene quei muri; il muschio se li sta mangiando a brandelli, mentre nulla può contro il sasso. Chi vuol bene alla montagna non può fare a meno di sentire il lamento della “ bruzéra” Li Cadéni- Canali. Si lamenta perché la sua strada “ maestra” si è chiusa ed è divenuta quasi una galleria. La” bruzéra” è sotto un ombrello di fitta vegetazione a somiglianza d’un tunnel e si fa scura anche quando c’è il sole. Povera e infelice “ bruzéra “, sembra invocare aiuto anche quando l’acqua non deviata a tratti nel bosco scava e divelte con la sua forza le pietre faticosamente posate dai nostri avi. Ma per capire la” bruzéra” occorre conoscerla e percorrerla. Andiamo dunque! Nella montagna, divenuta ormai foresta, sul lato sinistro orografico di Tirano, abbandonato il Castelàsc ha il suo dolce inizio là dove v’è una graziosa santella che ricorda l’Apparizione della Beata Vergine di Tirano. Penso che la santella sia stata costruita in quel punto per aiutare moralmente il viandante nella faticosa ascesa verso Trivigno. La “ bruzéra “ , nel suo percorso, tocca luoghi mitici per la città di Tirano. Appena sotto le selve di castagno si trova la località “ li cadéni “ . Quel luogo per moltissimi anni fu teatro di stress e di pericoli. I nostri vecchi arrivavano da “ munt “ con le “priàle” di fieno o carichi di legname trascinato con “ il bròz” . Lì , “ a li cadéni “ con il mulo o il cavallo stremato dalla fatica e irrequieto dovevano inserire il “ redée “ sotto i “ priài “ attaccandolo al “bròz” con la catena poiché trascinare quel carico sul selciato delle strade di Tirano era impossibile e non permesso. Appena passate le selve di castagno, si giunge “ àli piani” luogo dove un tempo si cavava del marmo bianco e i muli avevano la bava alla bocca per lo sforzo nel trascinare la “ priàla “ . Distante pochi minuti di mulo ecco apparire la “ ràta “ della Prima Croce. Lassù in cima alla “ ràta “ v’è un Crocefisso con un Cristo dolorante che ti osserva nell’ascesa in ogni movimento e esige una preghiera. Poi sali ancora e arrivi alla “ volta del Persèch “ . Passato oltre questo tormento si giunge a una altra “ ràta “ , quella di Ronco, località amena. Ronco è il luogo della “seconda Croce “ dove si racconta del “ miracolo del Cristo falciatore “, ma soprattutto Ronco era la sosta privilegiata dei “ viciurìn “ che si fermavano nella osteria “dèla Virginia” per bere la gazzosa. Lì ci si doveva fermare per forza perché in quello spiazzo di tigli si gode una vista fantastica: da Teglio sino a Sondalo e per tutta la valle di Poschiavo. Non per nulla durante la prima guerra Mondiale avevano scavato delle trincee per porvi i due cannoncini da 45 mm. Quei due cannoncini davano man forte al forte Sertoli di Canali. Ma qui la “bruzéra” piange ancora perché è tormentata da imponenti afflussi d’acqua provenienti da strade asfaltate soprastanti. L’acqua invece di disperdersi gradualmente nel bosco tramite canalette cresce di portata scalzando i sassi con la sua forza. Purtroppo alcuni amanti del “ moto cross “ hanno trovato comodo transitare nelle vallette dei boschi scavando con la forza delle ruote dei “ valgèi” ( canali ripidi ) in cui l’acqua si incanala diroccando e trasportando materiale a valle. Un detto contadino diceva “ L’àqua l’è ‘na bùna sèrva quàndu spö dumàla “ e per domarla occorre avere cura del territorio. Passato il Cristo della Seconda Croce e poco prima di giungere in località Canali, si passa innanzi ad un Crocefisso singolare, non antico e inchiodato su un tronco d’abete. Povera mulattiera; qui piange ancora. Proprio a due passi dal Crocefisso si interrompe sfumando nell’asfalto per poi riprendere con un’erta di sassi incredibile, infine si disperde nella vegetazione. E’ un vero peccato aver quasi dimenticato questa bella e antica mulattiera; Io credo che l’unico modo per averne cura sia quello di frequentarla e che ogni proprietario delle pertinenze adiacenti faccia la sua parte di manutenzione, così come la facevano i nostri vecchi. Se usiamo ogni tanto la nostra “ motopeduzzi” per accarezzare con i nostri scarponi i sassi della mulattiera , io credo che i nostri occhi vedranno ciò che necessita fare per il suo ricupero e la sua manutenzione, poiché quando si ama una cosa la si cura mentre ciò che si abbandona, inevitabilmente va in rovina. Ezio (Mèngu)Rubrica: Se tu fossi il Sindaco cosa faresti? - (pensiero n. 1)
La mulattiera Li Cadéni-Canài: un gioiello dimenticato
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1 COMMENTI
14 02 2024 09:02
Unas
Mi associo profondamente all'appello, e ribadisco l'auspicio che ho espresso tempo fa, commentando i finanziamenti per le vie storiche in versante retico. Il primo passo è certo la coscienza di quanto ci circonda e del suo valore storico e umano (ma non solo). Valore che, a quanto pare, non tutti colgono: è rumoroso il silenzio di coloro che "amministrano" il territorio, pur senza scordare che sono lo specchio della popolazione che li esprime.