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Appello alla ragione contro l'utilizzo degli smartphone in classe

CULTURA E SPETTACOLO - 29 09 2017 - Alessandro Cantoni

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Mi unisco anche io all'appello del giornalista Angelo Cannatà, che qualche settimana fa denunciava sul Fatto Quotidiano l'uso smodato dei telefoni cellulari in classe.

 

La polemica nasce da una proposta della ministra Fedeli, che vorrebbe concedere l'utilizzo di questi pratici dispositivi elettronici, divenuti ormai un prolungamento degli arti superiori dei nostri ragazzi e ragazze, durante le ore di lezione.

 

La scuola possiede obiettivi alternativi; mi riferisco all'importanza delle lezioni frontali con i docenti, al valore dei risultati conseguiti con fatica, impegno e pazienza. Messaggi difficili da comprendere o anche solo veicolare nella nostra società, dove frenesia e velocità sono diventati gli idoli venerati dagli uomini del nostro tempo. Non proprio i presupposti che furono alla base dello sviluppo del pensiero filosofico, della riflessione.

 

Insegniamo ai ragazzi ad essere critici, non automi. Ad essere superati, combattuti siano quegli intralci al corretto andamento del meccanismo didattico, per cui occorrono realmente nuove soluzioni.
Risulta che l'impianto istruttorio tradizionale faccia danni o abbia prodotto cattivi risultati?
Non è forse meglio educare gli studenti alla fatica, consentendogli di usufruire maggiormente del materiale cartaceo, enciclopedico? Mi sembra una proficua prova di maturità ed impegno, in quanto richiede concentrazione, vigilanza, selezione dei contenuti.

 

Ma l'Italia, si sa, spesso sente un gran bisogno di svecchiarsi, rendendosi più conforme ai principi seguiti dai suoi vicini di casa. Peccato che i nostri colleghi europei possiedano un impeccabile sistema scolastico e gli studenti conseguono risultati sorprendenti nelle simulazioni o nelle prove d'esame, mente in Italia il primato è in negativo.
Nei paesi anglosassoni non mancano certo le aule, i laboratori, i professori. Né tanto meno le aule informatiche, una stabile connessione internet.

 

Nel Bel Paese, invece, la parola stabilità mal si coniuga al termine Scuola. Vogliamo apparire nuovi, aggiornati, e allo stesso tempo non ci accorgiamo del costante maltrattamento della nostra principale istituzione: quella che si occupa - o dovrebbe occuparsi - della formazione e educazione dei cittadini.

 

Alessandro Cantoni

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