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Ultimo capitolo della storia di Ernesto Tognolini, il tiranese al fronte. Nell'agosto del 1942 i primi scontri sulle rive del Don e nel dicembre la dispersione.
Cenni storici:
20 agosto/ 1 settembre 1942 - "Prima battaglia difensiva del Don": le truppe italiane sotto il Comando dell’8ª Armata assumevano la responsabilità del settore assegnato, lungo la riva destra del fiume per più di 230 chilometri.
11 dicembre 1942 / 31 gennaio 1943 - "Seconda battaglia difensiva del Don": la battaglia ebbe termine, dopo drammatiche e sanguinose fasi, con la ritirata e la disfatta dell'armata italiana.
Si calcola che quasi 75.000 soldati italiani morirono nella campagna in Russia durante i combattimenti sul Don, di stenti e freddo durante la ritirata o nei campi di prigionia (nel 1946 vennero rimpatriati circa 10.000 prigionieri di guerra italiani).
Proseguiamo con il racconto su Ernesto Tognolini stilato dai familiari:
1942
Il 26 agosto Ernesto racconta che sono tre giorni che sparano con il cannone al di là del Don contro il nemico Russo.
L'11 settembre scrive di essere entrato a far parte della Divisione Torino.
Il 16 ottobre chiede alla moglie di mandargli delle immagini della Madonna di Tirano ed inoltre racconta: "Qui dove sono ci sono migliaia di topi carichi di pulci, il giorno ti girano sotto i piedi come se niente fosse e di notte ti girano persino in testa; fortuna che sono di quelli piccoli, ma però ti caricano di pulci e tutte le mattine gli si da la caccia" (in una lettera Ernesto scrive che solo nel corso di una giornata ne hanno uccisi 60).
Il 4 novembre racconta di trovarsi in una casetta russa (una casba) costruita con tronchi e palta e con il tetto di paglia; la casa è infestata dai topi, ma offre un riparo contro il freddo pungente. "I vestiti non sono mai abbastanza per riscaldarsi" scrive parlando delle rigide temperature russe e dell'inadeguatezza dell'equipaggiamento fornito dall'esercito. I pacchi inviati dalle famiglie, contenenti il necessario alla sopravvivenza (vestiti, cibo, ecc.) sono sempre in ritardo, come del resto la corrispondenza che ci impiega anche un mese ad arrivare.
12 dicembre 1942, questa la data dell'ultima lettera spedita da Ernesto Tognolini prima di essere dichiarato disperso dal ministero della guerra nove giorni dopo, il 21 dicembre 1942, durante il combattimento a Tichosurawka.
Non conosciamo le circostanze esatte del destino di Ernesto Tognolini nel combattimento a Tichosurawka, ma il figlio Adriano ci ha raccontato che la madre, Rosa Paindelli, è sempre stata convinta che Ernesto fosse ancora vivo (appunto disperso) e che prima o poi sarebbe tornato a Tirano, per riabbracciare lei e gli amati figli.
Era solita ripetere ai familiari che, piuttosto che ritenerlo morto, preferiva pensare che il marito fosse semplicemente fuggito con una donna russa.
Rosa, che tanti tiranesi ancora ricordano, dopo la guerra lavorò in inverno come cuoca presso la refezione scolastica e in estate presso la colonia elioterapica, entrambe localizzate nei sotterranei dell'attuale scuola elementare "L. Credaro" di Tirano. Successivamente trovò impiego nella colonia marina di Cervia, sempre come cuoca.
I figli: Adriano, Lidia e Renato, mentre la madre era al lavoro, erano affidati alle cure della nonna: l'"Ava Nini". Rosa, lavorando tutto il giorno e percependo la pensione di guerra di Ernesto, non ha mai fatto mancare nulla ai figli, riuscendo anche a far studiare Lidia alle scuole industriali e poi ad un corso per sarte. Renato, appena adolescente, inizia a lavorare come manovale ed Adriano, a 11 anni, avrà già il suo primo impiego.
Su segnalazione della famiglia Tognolini siamo venuti a conoscenza di una piccola cappella in onore di cinque soldati tiranesi caduti in Russia: A.Bergamelli, R. De Campo, A. Mazza, G. Quarti e infine il nostro Ernesto Tognolini.
Percorrendo la via Visconti Venosta e proseguendo oltre la Porta Bormina, in corrispondenza di una strada agricola, a 20 metri sulla sinistra, incontriamo questo piccolo santuario, eretto nel 2002 dal figlio di Giuseppe Quarti in onore al padre e agli altri quattro soldati tiranesi caduti in Russia.
Nel corso delle prossime settimane cercheremo di contattare l'autore di questo monumento per conoscerne la storia.A cura di Ivan FalcinellaArticoli correlati:
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