Il cavallo “Dràgu” di Benedetto: ‘na stòria vera, verénta!
CULTURA E SPETTACOLO - 09 03 2021 - Ezio (Méngu)
E’ la storia di un cavallo intelligente. Quando vide il suo padrone cadere sotto la “priàla“ privo di sensi mentre stava agganciando il “redée “ in località “Cadéni “ il cavallo non mosse la “priàla“ di un millimetro. Solo quando arrivò sulla “bruzzéra“ un altro “viciurìn“, il cavallo... (‘na stòria vera, verénta! ) Il cavallo è un animale intelligente ? Credo di si ! Forse più di certi umani che fanno della loro vita o della loro professione un bordello, facendo però pagare agli altri il conto salato. Nel caso di un cavallo poco ubbidiente o che si “ impunta “ a volte lo si bastona per fare capire quello che deve fare, mentre con gli umani bastonarli è proibito. Dell’intelligenza del suo cavallo chiamato “Dràgu” lo aveva capito bene Benedetto, conduttore di “priàle” che da Trivigno percorrendo la “ bruzzéra “ giungeva alla località “ Cadéni “ . Lì i “ viciurìn “ trasformavano la loro “ priàla “ in carro per giungere sino nelle loro contrade. “ Li Cadéni “ era un luogo di fermata obbligatoria poiché fino a quel punto le “ priàle “ venivano condotte per la loro parte inferiore a strascico su due “ priài “, mentre la parte anteriore poggiava sulle ruote del “ bròz” . Tirare a strascico la “priàla” sui due “ priài “ nella mulattiera era assolutamente necessario poiché in molti tratti la “ bruzzéra “ era di forte pendenza e scivolosa. I due “priài” con il loro strisciare sui sassi frenavano il carico. Cavallo e ” viciurìn” potevano, in tal modo, meglio controllare la discesa della “ priàla “ con il relativo carico. Il sito alla località “ Cadéni “ era appositamente attrezzato. A lato della “ bruzzéra “ vi erano due binari di acciaio ( vedi foto allegata ) distanziati tra loro quasi quanto le ruote del carro anteriore ( bròz ) . Giunti sul posto, il “ viciurìn “ metteva tra i due binari un grosso “müràl” che con opportuna manovra della “ priàla “ si lasciava strisciare sui due “ priài “ fino a giusta altezza in modo che il “ viciurìn “ avesse lo spazio per agganciare il “redée” al “broz” sotto la “priàla” trasformandola in un carro a quattro ruote, quindi ben conducibile e non a strascico, per le vie del paese. La manovra era delicata e non priva di pericoli sia per il cavallo che per il “ viciurìn “. Da queste manovre si capiva se il cavallo fosse intelligente e ben addestrato. Fallire questa manovre significava poi fare un lungo lavoro per poter poi sistemare di nuovo il “redée “ sotto la “priàla “ e lasciare lo spazio libero alle altre “ priàle “ che scendevano sulla mulattiera. Confesso che ogni volta che passo alla località “ Cadéni “ mi sembra di sentire le tiritere di imprecazioni ai Santi e il colpo secco delle palate sulla schiena dei cavalli che non ubbidivano alle manovre. Quando giungeva alle “ Cadéni “ Benedetto , sembrava che cavallo e persona si intendessero all’unisono e in quattro e quattro otto la “priàla ” si trasformava in carro e via andare al trotto per il paese. Benedetto nel suo tragitto Trivigno – Tirano non si fermava solo alle “ Cadéni “ ma anche a Ronco come quasi tutti i suoi amici. A Ronco vi era un distributore. Non era per la benzina poiché a quei tempi l’energia che si adoperava era quella dei cavalli e muli. Il distributore era gestito dalla mia nonna Virginia che erogava con brio e allegria caraffe di vino, birra e gazzose fresche di cantina. Quando poteva, la nonna, si sedeva ai tavoli con loro per fare quattro chiacchere e, furba, per sapere le cose del Mondo. Rammento che chi si fermava a bere a Ronco era preso da una “ estasi “ particolare e scaricava la sua fatica nell’allegria e nel gioco delle carte o alla morra mentre si godeva la frescura. Nel sangue, quegli uomini di montagna, mettevano in circolo un poco di alcol che lubrificava loro il cuore e la mente. Benedetto quel giorno si era fermato con la sua “ priàla “ a Ronco e dopo di lui si era formata una colonna di cinque “priàle”. In quel punto la mulattiera non aveva la corsia di sorpasso, uno dopo l’altro si erano fermati per “ benzinàs” con il solito calicino. Da ragazzo ho visto persino la coda di sette “ priàle “, ma mai una parola di screzio tra “viciurìn” che volevano sorpassare . Ora arrivo al punto e racconto un fatto veritiero. Benedetto che era il capo fila della colonna d’un tratto disse : “ Sòci dél calisìn fàcil , va salüdi . Gòo de ‘ndà a cà ! La mé fémna la ma spècia per cùpa ‘na galìna “. I soci presi dal gioco delle carte fecero un cenno d’assenso e continuarono il loro gioco. Benedetto scese veloce con la sua “ priàla “ sino alle “ Cadéni “ e lì si fermò per la manovre che vi ho raccontato sopra. Mentre manovrava una fune, tesa come una corda di violino e che stringeva la “ priàla “ di fieno, si ruppe. La “ scirèla “ che teneva in tiro la corda di cuoio lo colpì al capo. Senza un lamento e come un sacco di patate si afflosciò svenuto con il corpo proprio sotto la “ priàla “ , accanto al “redée “ che stava per agganciare il “ broz” . Un movimento in più in avanti del cavallo e Benedetto, svenuto e sanguinante alla fronte, sarebbe stato schiacciato sotto il carico. Intorno non v’era anima viva. Erano le cinque del pomeriggio e se qualcuno poteva arrivare poteva essere uno di quei “viciurìn “ della “priàle” che si erano fermate a Ronco. Passò più di mezz’ora , a detta del “Stefanin”, giunto da Ronco. Vide il cavallo di Benedetto immobile come una statua e la “priàla” ferma sui binari. Si fermò alcuni metri sopra, con un ordine secco al suo cavallo, poi sospettando qualcosa di grave , si avvicinò. Vide Benedetto svenuto e sanguinante sotto la “ priàla “. Diede una occhiata al cavallo che sembrava pietrificato. Trasse in un baleno Benedetto da sotto e vide che aveva un grosso taglio in fronte . “Stefanin “ lo medicò alla buona con un asciugamano cercando di frenare il sangue che copioso gli usciva dalla ferita. Nel frattempo giunsero anche gli altri con le loro “ priàle “ e fu tutto un susseguirsi di aiuti e di premure per il ferito. Intanto il cavallo “ Dràgu “ era rimasto fermo per tutto il tempo; sembrava seguisse tutti i movimenti attorno. “Stefanìn ” , che nel frattempo era stato sostituito nel soccorso a Benedetto, si occupò di ultimare la manovra della “ priàla “ rimasta sui binari. Notò che il cavallo non aveva mosso di un centimetro la “ priàla “ senza ordini . Terminata la manovra con la “priàla” di Benedetto , “ Stefanìn “ diede una rugosa carezza a “ Dràgu ”, poi lo prese per un orecchio e gli sussurrò “ bràu Dràgu , te sée fort , bràu e inteligént cùma ‘l tò padrùn “ . Intanto Benedetto si era ripreso e anche se dolorante capì il pericolo che aveva corso e corse ad abbracciare il muso del suo cavallo. Il cavallo ringraziò con un lungo nitrito e con mosse decise del capo. Dràgu aveva capito tutto ed era contento che il suo padrone camminasse ancora con le sue gambe. Ecco perché all’inizio dello scritto ho detto che il cavallo è un animale intelligente. Lo ha dimostrato “ Dràgu “ con i fatti perché avendo visto il suo padrone finir sotto la “priala” svenuto non si era mosso di un centimetro aspettando aiuti. Penso proprio che chi ama le bestie spesso è ricambiato quanto meno se lo aspetta. “ Priàla “ = carro di fieno; “ bròz”= parte anteriore del carro. “ redée “ = parte posteriore del carro. “ bruzzéra “= mulattiera “ viciurìn” = conducente della priàla “ Cadéni”= Località dove si agganciava il redée al bròz per formare il carro. “ priài “= Tronchi della priàla che strisciavano sulla mulattiera. “ sciréla “= carrucola di legno Ezio (Méngu)Vicende di Gente di montagna
Il cavallo “Dràgu” di Benedetto.
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