Lo sapevate che? Le eroine valtellinesi in tempo di guerra
CULTURA E SPETTACOLO - 23 03 2024 - Guido Monti
La celebrazione della festa internazionale della donna nella giornata dell'8 marzo ha offerto l'occasione per ricordare l'importante funzione rivestita dalle donne valtellinesi nel corso dei conflitti. Durante la prima guerra mondiale tante di loro vennero obbligate a sostituire nei luoghi di lavoro gli uomini chiamati al fronte. Fu allora che presero coscienza di avere un ruolo rilevante nella società e di essere divenute degli esempi da tramandare nei libri di storia.E non erano destinate solo a servire in famiglia o a lavorare nei campi, ma pure ad assumere altre utili mansioni. Si può quindi affermare che, paradossalmente, le guerre sono state un momento di emancipazione femminile in un un mondo dominato dagli uomini, impegnati però in battaglie in cui spesso perivano. Le vedove si vedevano così costrette a gestire le risorse familiari e a occuparsi anche delle faccende burocratiche che in tempo di pace erano loro impedite. E nel secondo conflitto mondiale senza le donne la Resistenza non sarebbe mai nata perché dopo l'armistizio dell'8 settembre i maschi impegnati nell'esercito erano finiti nel mirino dei tedeschi e per sottrarli alla cattura le donne li nascondevano in posti sicuri o li accompagnavano a combattere sui monti, dove con l'organizzazione delle staffette venivano garantiti gli indispensabili approvvigionamenti. Tra queste va menzionata Ideale Cannella, grosina d'adozione, che rischiò la pelle per portare aiuto ai partigiani. Le staffette dovevano rispettare un rigido decalogo, a iniziare dal saper andare in bicicletta. anche se in Valtellina l'unica a essere in grado di pedalare sui ripidi sentieri di montagna era Arcangela Fanchi di Morbegno. Bisognava poi saper ricordare, tacere, inventare e non voler conoscere niente di più del dovuto. Occorreva inoltre essere capaci di fare 'la faccia da scema' quando necessario, difendersi dai seccatori, sopportare il buio e le intemperie, ispirare fiducia in ogni circostanza e fare buon viso a cattivo gioco. Non solo, in quanto alle staffette toccava pure di improvvisarsi lavandaie e sarte per sciacquare le lenzuola con liquido di noci in modo da tingerle di scuro e riciclare le coperte per ricavarne pantaloni da portare ai resistenti nascosti nelle baite per permettergli di indossare indumenti adatti a sopportare il freddo e a mimetizzarsi nella natura. Queste donne che hanno sacrificato la loro esistenza quando non addirittura la vita stessa per la libertà sono delle vere eroine che non vanno dimenticate dalle giovani generazioni. Guido Monti
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