Quasi serie (143): Gli impressionisti nella pittura francese, i pittori nostri che hanno dipinto le alpi
CULTURA E SPETTACOLO - 20 10 2017 - Giancarlo Bettini
Ho visto recentemente alla Tv una trasmissione dedicata per intero ai pittori impressionisti in auge in Francia a cavallo tra i secoli diciannovesimo e ventesimo. Coloro che amano l’arte sanno che “impressionismo” è così chiamato perché, negli anni sopra riportati famosi pittori, stanchi di lavorare tra le quattro mura hanno scelto la libertà, il lavoro all’aria aperta a contatto con qualcosa di irripetibile: la bellezza della natura. Tra i più noti troviamo un certo Monet che, come i pesci, preferiva l’acqua alla terra ferma. Preferiva dipingere in particolare gli stagni, con la superficie dell’acqua liscia come l’olio. Come località aveva un debole per la periferia di Parigi, nei pressi della Senna, dove abbondano i fiori denominati ninfee. Fiori questi ultimi con larghe foglie che galleggiano sull’acqua. Il tutto, foglie e fiori, si rigenerano senza sosta. Da montanaro, pur amando i quadri degli impressionisti francesi, preferisco all’acqua della Senna la terra ferma, le nostre Alpi, la splendida flora che gli amanti delle alte quote trovano nelle varie stagioni dell’anno. C’è un fiore che molto assomiglia a quello delle ninfee e che troviamo all’inizio della primavera e sul finir dell’anno. Sono soliti crescere a gruppi, a volte detti gruppi occupano notevoli superfici, interi pascoli montani. Sono i crochi, il mio fiore preferito, dai due colori fondamentali: il bianco ed il violaceo. Per anni nel giardino di casa li ho seminati e nei periodi della fioritura a lungo sostavo per ammirarli. Questa notte ho fatto un sogno strano. Ho visto in sogno l’intera Autostrada del Sole, da Milano a Roma, saturo di carrozzelle in lento movimento verso la Capitale. Carrozzelle per bambini guidate da donne e con all’esterno stampati i fiori sopra descritti: le ninfee e i crochi. Le carrozzelle giunte a Roma, in Vaticano, hanno sostato in Piazza S. Pietro avendo evitato i severi controlli esistenti sotto il porticato del Bernini. Una persona si è avvicinata ad una delle numerose donne ed ha chiesto cosa stesse succedendo. La risposta: “Sono una delle tante donne che hanno letto, tanti anni fa, il libro di Augusto Peccei I LIMITI DELLO SVILUPPO. Peccei ci metteva in guardia avvertendoci che, a causa delle troppe nascite avremmo potuto avere in futuro una mancanza generale di cibo. Noi donne, dopo questo avvertimento, ci siamo controllate limitando le nascite. Però è successo che all’illustre uomo non hanno dato ascolto tutti ed in particolare gli africani e gli asiatici. Noi italiani, compresa la sottoscritta, ci siamo trovati con i vecchi in netta crescita e ci siamo date da fare per recuperare. Abbiamo ricominciato a procreare con l’intervento felice dei nostri mariti che quasi avevano dimenticato quale cavità perforare. Oggi la nazione Italia è annoverata tra quelle con poca o nulla gioventù. Peccei da anni se ne è ito e non possiamo nemmeno incontrarlo per dirgli che quanto aveva scritto, da pessimista, in Italia non si è verificato. Nelle carrozzine che oggi vede qui ci sono i nostri giovani figli per portarli alla visione del Santo Padre e dirgli, se vuole bene al nostro Bel Paese, di farli crescere velocemente. Che Dio ci ascolti e faccia l’ennesimo miracolo, quello di aiutare almeno le giovani coppie, che ancora sanno come fare, a sfornare puelli in continuazione. Ci auguriamo che l’odierno Governo, formato da incapaci, cambi i suoi componenti e ci metta cavalli di razza bruno alpina. La Regione Lombardia è per questa soluzione e speriamo in bene”. Chi scrive ha fatto il suo dovere ed oggi, dopo quarantasei anni di lavoro e più di venti di pensione si accontenta di ammirare i crochi del suo giardino e contemporaneamente rimpiangere il passato. Giancarlo Bettini
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