Ris-coprire l’Alpe Piscina
CULTURA E SPETTACOLO - 23 07 2019 - Méngu
L’alpe Piscina All’alpe Piscina (1.100 s.l.m.) si può arrivare comodamente con strada asfaltata partendo da Tirano, passando per Cologna e dall’alpe Canali, oppure per strada militare anch’essa tutta asfaltata che si stacca dalla statale per l’Aprica poco sopra la località Musciano, passa per la contrada di Marto e raggiunge la borgata di S. Rocco quindi arriva quasi piana in Piscina. Personalmente preferisco raggiungere Piscina con la “ motopeduzzi “ (le proprie gambe) percorrendo la vecchia mulattiera che parte dal Castelàsc di Tirano, passa per la Prima Croce, per la Seconda Croce di Ronco, toccando Canali per poi arrivare in dieci minuti alla meta. Tempo: un’ ora di cammino per uno di gamba buona. Giunti all’Alpe occorre fermarsi al crocevia presso la casa dove vi fu la storica Osteria Gagìn. Da quel punto si potrà gustare un panorama “mozzafiato“ dell’intera vallata. Al centro vi sorride la Val Poschiavo con i monti innevati del Bernina, sulla destra troneggia l’imponente Masuccio, sulla sinistra la vista spazia sino a Teglio. A lato e appena sotto, una vecchia fontana dà un’ acqua fresca e cristallina . All’assetato consiglio di bere con il palmo della mano, in modo che l’acqua si scaldi un poco, pena qualche dente scoppiato dal gelo, tanto l’acqua è fresca e pura. Cosi cantava Modugno “ ….poi d'improvviso venivo dal vento rapito Volare oh, oh, cantare oh, oh. “ Seduto su una panchina panoramica all’alpe Piscina, sono stato rapito dalla stupenda visione della val Poschiavo a me tanto cara. Dall’alpe Piscina m’è parso di “volare nel cielo infinito” per poi adagiarmi come aquila sui monti innevati del Bernina, poi scendere e lambire le fresche acque dove la natura si specchia nel lago di Poschiavo e il tremolio dell’onde mosse dalla brezza sono stelle di luce sotto sole. Si, proprio volare tra quei monti curati e amati come pargoli dalla sua gente. Seduto sula panchina dell’alpe Piscina voglio liberarmi dell’affanno d’un vivere inquieto. Mi interrogo del perché molti di noi hanno abbandonato i loro bei monti. Mi assale il ricordo del tempo in cui quassù i bimbi parlavano con vigore l’idioma dei loro padri, tra i suono continuo dei campanacci e il mese di luglio e d’agosto era una fiera di suoni e di persone . Mi guardo intorno e vedo case vuote, prati non falciati, boschi irti di piante cadute, strade con buche e muri cadenti. Ricordo l’ affollata osteria “ Gagin”, dove il sorriso e l’allegria era di casa tra piatti di polenta e calici di vino fresco ,vino di cantina. Poco distante le due botteghe di alimentari dove di trovava sempre ciò che bastava. Lì mi consegnavano il pane da portare a mia nonna Virginia a Ronco e che io come lupo affamato mangiavo la mia parte per strada prima d’arrivare alla nostra baita. Ora mi è caro e di compagnia solo il canto del cuculo che par che canti “ Cucù, cucù, gioventù tornate quassù. “ L’accompagna lo scroscio dell’acqua che scorre nel vecchio lavatoio e che mi porta quiete . Méngu
Il canto del cuculo all’alpe Piscina
e incominciavo a volare nel cielo infinito.
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