MENU
/tirano

Il chilometro d’oro di Tirano

ECONOMIA E POLITICA - 03 04 2017 - Mèngu

CONDIVIDI

/viale italia tirano
Foto di Giorgio Bieker

Lode, lode ai nostri antenati che nei primi anni del ‘ 900 seppero progettare una strada larga, bella e dritta come un fuso che da Tirano giunge alla Basilica di Madonna.

 

Se osserviamo la città di Tirano dall’alto possiamo dire che la Madonna apparsa nel 16° secolo nella località “folla” a Mario Omodeo, ha scelto un posto “ particolare “. L’orto in cui Mario andò, quella mattina del 29 settembre 1504, a raccogliere dei fichi per suo fratello malato, era situato presso una zona alluvionale. Il torrente Poschiavino passava a poche decine di metri dall’orto e sappiamo bene che la furia dell’acque è devastante.

 

Orbene la Madonna ordinò, quella mattina di settembre, a Mario Omodeo di far sorgere proprio in quell’orto la Chiesa in suo ricordo. Nei secoli il torrente Poschiavino, pur lambendo quel terreno, non ha mai travolto il luogo dove poggiò i piedi Maria. Solo per la costruzione del vasto piazzale della Basilica il torrente fu deviato verso monte, con l’erezione di imponenti argini, mentre la piana di Villa di Tirano era una zona paludosa e soggetta alle periodiche inondazioni dell’Adda e del Poschiavino. L’antico “ Punt de sàs” nella zona di Villa di Tirano e che ora si trova solitario in mezzo ai prati, testimonia l’antico corso dell’Adda.

 

Il fiume Adda lambiva anche Tirano vecchia, piegava un poco a nord e poi serpeggiava verso ovest, ove tutt’ora c’è la piazza “Delle Stazioni“, proseguendo si congiungeva con il torrente Poschiavino in località “ Miscént”.

 

Il grandioso viale che ora ammiriamo, nel ’700 era una piccola strada sterrata che congiungeva Madonna a Tirano. Vi transitavano carri, calessi. Con grande lungimiranza dei nostri avi nei primi anni del ‘900 la strada è diventata, a forza di braccia e di grandi sacrifici economici dei nostri avi, il largo viale alberato che ammiriamo. Il viale è stato progettato con larga misura. Mai allora si sarebbe pensato all’intenso traffico di auto e ai camion del giorno d’oggi. Ai lati della carreggiata avevano previsto dei viali alberati con pioppi e aceri per passeggiare all’ombra e in santa pace.

 

Mi piace, a questo punto, ricordare le parole dello storico tiranese professor Gianluigi Garbellini: “Chi transita su Viale Italia, indiscussamente la più bella strada cittadina di tutta la provincia per il suo elegante rettilineo alberato con ampi viali per i pedoni a lato della carreggiata e soprattutto per la perfetta inquadratura tra gli alti pioppi del maestoso campanile del santuario, non può fare a meno di gettare un’occhiata interrogativa sul grande caseggiato in evidente abbandono che fiancheggia – (per chi viaggia in direzione di Bormio) il lato sinistro del viale. La costruzione non nasconde nella struttura la sua origine ottocentesca, improntata a linearità e geometria, unicamente ritmata su quattro piani dalle simmetriche aperture e dal grande portone. Della sua origine di edificio con pianta a U, non restano oggi che due ali, quella che dà a sud sul viale e quella rivolta ad est aperta sul vasto giardino. L’ala nord fu rasa al suolo dopo l’incendio degli anni Sessanta che distrusse la fabbrica di pantofole da alcuni anni alloggiata in quella parte del fabbricato.

 

Nel 1849 Giuseppe Mottana, illuminato esponente della borghesia imprenditoriale del tempo, costruì questo edificio di grandi dimensioni per instaurarvi una filanda in grande stile. La coltura del baco da seta, da lunga tradizione, era presente a Tirano. Risulta dai documenti del Santuario della Madonna che alla contessa Salis, all’inizio del ‘700, dai deputati della chiesa veniva annualmente venduta la “Foglia deli morari” (le foglie del gelso) per i bachi da seta. In diverse zone del Regno Lombardo Veneto, l’amministrazione austriaca aveva favorito il sorgere di filande, basta pensare, per esempio, all’importanza che allora raggiunse la lavorazione della seta nel Comasco. Giuseppe Mottana, sulla scia del crescente sviluppo dell’arte della seta, decise di impiantare a Tirano una grande filanda. Risulta che nel 1863 vi lavoravano 115 persone.

 

Giunse poi la “grande guerra” con la crisi e la produzione andò scemando sempre più finché una parte della vecchia filanda diventò caserma e, dalla metà del secolo scorso, fin quasi ai nostri giorni, il Comando della Guardia di Finanza. Intatta nel tempo restò la parte “signorile” con l’appartamento dei proprietari: una tipica abitazione borghese della Belle Èpoque, meritevole di essere conservata quale documento di un’epoca di grande fioritura per Tirano, grazie anche al sopraggiungere delle due ferrovie. In quegli anni la città vantò illuminati amministratori, tra cui più volte i Mottana. Basta, per farcene una ragione, pensare ai grandi edifici pubblici: scuole, ospedale, ricovero, oratorio e il viale, questo concepito in termini grandiosi per una cittadina come Tirano, il quale da solo attesta la lungimiranza e la avveduta modernità di quei nostri antenati .

 

Purtroppo ora l’opificio Mottana, interessante e unico esempio in Tirano di archeologia industriale, giace in totale abbandono con il suo fronte in forte degrado affacciato sul viale, sempre meno dignitoso e forse addirittura pericolante, in attesa di un recupero tardo a venire. Anche il grande spazio alberato a est del fabbricato con un lato prospiciente il viale, da decenni sembra sempre più un “giardino segreto”, misterioso, chiuso nel silenzio e sottratto agli occhi indiscreti dei passanti dalla sempre più lussureggiante crescita di rami e arbusti.

 

Senza alcun vincolo di conservazione, alcuni anni fa esso fu purtroppo mutilato di una sua parte per costruirvi una palazzina. Ne resta però una considerevole porzione dominata da stupendi e giganteschi faggi che, assieme all’annesso caseggiato padronale e a tutta l’area verde, devono essere sicuramente protetti da distruzione. Anzi, viene naturale pensare a un recupero del vasto giardino ottocentesco per adibirlo, con le dovute tutele e con assoluta chiusura notturna, a parco di pubblico godimento, data anche la sua centralità e per la presenza di nuove diverse abitazioni nei dintorni. Ne sarebbero felici i residenti, gli anziani e i bambini in particolare, ma anche i turisti e tutti coloro che al fresco dei rigogliosi faggi potranno fruire di attimi di refrigerio.

 

Saranno i nostri amministratori attuali preveggenti e forti nelle determinazioni come i padri all’inizio del secolo scorso? “ Alla domanda che lo storico Garbellini pone, io risponderei di sì. Il viale Italia lo chiamerei “Il chilometro d’oro“ di Tirano poiché per la sua bellezza è diventato la passeggiata di moltissimi turisti che visitano Tirano. Abbiamo dunque l’obbligo, il dovere morale di tenere quel “chilometro d’oro” in modo elegante, pulito, e impreziosito con delle “formulazione” di idee, di proposte, di fatti concreti, così come il genio e la lungimiranza dei nostri padri ci hanno insegnato, facendo in modo di modificare ciò che deturpa e esaltando ciò che abbellisce.

 

Mèngu

LASCIA UN COMMENTO:

DEVI ESSERE REGISTRATO PER POTER COMMENTARE LA NOTIZIA! EFFETTUA IL LOGIN O REGISTRATI.

0 COMMENTI