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Il sangue di Sion

ECONOMIA E POLITICA - 21 05 2018 - Alessandro Cantoni

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Nel giorno in cui le Nazioni Unite generarono lo stato di Israele, correva l’anno 1948.

Era un bel giorno di primavera, e tutto lasciava presagire il meglio per il popolo di Canaan.

Le spighe di grano dorato germogliavano nei campi cocenti, mentre un ramoscello d’ulivo veniva teso, per la prima volta agli Ebrei dopo secoli di incessanti persecuzioni.

 

Quel ramo verde e benedetto essiccò quasi subito, perché da allora Arabi ed Ebrei non hanno più trovato la pace.

Il sangue scorre a flutti, frammisto alla polvere che da sette decenni infesta quei territori sacri. Gli stessi che diedero i natali ad un uomo, Yehoshua, meglio conosciuto come Gesù di Nazareth o il Profeta, il Figlio di Dio, il Cristo, ovvero l’Unto, il Consacrato.

 

Ebreo, figlio di Giudei, predicò alla stirpe eletta, quella a cui Jahvé, l’Innominabile, aveva conferito le tavole della Legge, per mezzo di Mosè. 

Gesù trascinò sempre le sacre radici appresso di sé, persino nel dì nefasto in cui trovò la morte.

Gela il sangue ricordare che quella terra, sulla quale emanava un aulico e solenne pensiero mistico è oggi ricoperta di macerie, bossoli e fili spinati. Gli stessi che rievocano Auschwitz o i rovi di spine, entro i quali precipitò inesorabilmente il seme fecondo.

 

I palestinesi, supportati da quelli che ci considerano pionieri del Male, ovvero l’Arabia Saudita, rivendicano quei luoghi.

Si tratta di una questione politica? Non solo. A pesare è soprattutto quella religiosa.

I palestinesi, di religione islamica, pretendono tutto, ogni singola zolla o granello di sabbia, sentendosi perciò legittimati a scacciare i fastidiosi vicini, colpevoli di nulla se non di aver trapiantato le proprie radici in quella che da sempre è la terra dei padri.

Essi invece, gli islamisti, appartengono ad una frangia radicale, ortodossa della religione maomettana, predicando la jihad.  L’odio per i seguaci di altre fedi pulsa nei loro cuori, duri come pietre.

 

Mosè Maimonide, vissuto a cavallo tra il XII ed il XIII secolo, avrebbe detto che Dio è solamente nelle loro parole, sulla loro bocca, ma che in loro non splende la luce perpetua, poiché hanno vòlto le spalle alla dimora del Re.

Alcuni credenti islamici pongono serissimi problemi. Non la religione di per sé, che, in quanto tale, è sempre indirizzata verso un ideale di armonia, comunione, rispetto. Mi riferisco piuttosto alle centinaia di migliaia di carnefici, i quali impediscono ad un popolo già indebolito, quello ebreo, di professare liberamente e di trovare definitivamente la pace.   

 

Alessandro Cantoni

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1 COMMENTI

22 05 2018 18:05

Méngu

“ Dove ci sono due ebrei ci sono almeno tre idee diverse” ricorda un detto tradizionale. Quindi non c’è nulla di più fuorviante che pensare agli ebrei come un gruppo omogeneo, compatto e unanime. Il gusto per la contraddizione , il diverbio, la litigata se necessaria è quasi connaturato all’essenza ebraica. ( da identità ebraica oggi fra luci e ombre. Pag. 4 – E. Bartolini )