L'Europa e la nuova missione dell'Unesco
ECONOMIA E POLITICA - 08 02 2018 - Alessandro Cantoni
Non ho mai sentito, nel corso della mia breve esperienza, alcuna nostalgia o attrazione per il Sessantotto. Anche perché si può provare nostalgia solamente per ciò che si ha vissuto. Tutto ha inizio nel 1955, quando in seguito alla costruzione di una nuova diga, voluta dal generale Nasser, occorre salvare un elevato numero di monumenti e templi antichi, minacciati dalle acque del lago Nasser. Oggi sono le popolazioni di quegli stessi paesi a domandare sostegno, e con esse i siti archeologici di Leptis Magna, della Libia e dell'Egitto, minacciati dalla furia dei soldati del Male, lo Stato Islamico. Millenni di storia rischiano di essere polverizzati, come l'ormai perduta Palmira, alla cui ricostruzione partecipano anche un gruppo di archeologi e di studiosi dell'Università Tor Vergata di Roma. Ho citato i templi di Abu Simbel, omettendo quelli di Amiba, Amedi, Kalabasha, ecc. Ma avrei potuto ricordare il dispiegamento dell'Esercito italiano voluto dall'allora Presidente Cossiga nel 1994, in difesa e tutela dei meravigliosi santuari del Kosovo. Difendere la civiltà significa proteggere l'umanità dall'orrore della contemporaneità. In nome di Khaled Asaad, il capo-archeologo di Palmira che è stato decapitato dalle bestie islamiste. Alessandro Cantoni
Storicamente, non tutto quel che scaturì da quei decenni è da gettare al vento.
Leggendo il reportage "il salvataggio dei templi nubiani", uscito questo mese su National Geographic, non ho potuto che fare una constatazione. Il Sessantotto è l'anno di una stretta nonché efficace collaborazione tra Europa ed Africa, svoltasi all'insegna della cultura.
In tali circostanze, il presidente dell'Unesco Vittorino Veronese si rivolge ai paesi membri per lo stanziamento di fondi e la ricollocazione di siti storici al riparo dal fiume.
Incredibilmente e con sorpresa dello stesso Veronese, trenta paesi fanno sentire le loro voci e mettono a disposizione mani e braccia per la ricostruzione dei monumenti nubiani.
Il caso più emblematico è la ricostruzione minuziosa e gravosa in termini di studi, fatiche, progetti, del tempio di Abu Simbel, la cui messa in sicurezza inizia nel 1963 e si conclude nel 1968.
Questa storia ci dimostra come, i particolari circostanze, l'Europa possa ancora esercitare un ruolo determinante, conseguendo importanti risultati in nome della bellezza.
Il mondo grida vendetta, mentre la bellezza evapora, svanisce sotto gli occhi complici di chi non alza la testa e comprende che, come sostiene Vittorio Sgarbi, è necessario che il mondo salvi la bellezza, se vogliamo che la bellezza salvi noi.
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1 COMMENTI
08 02 2018 09:02
Méngu
Stimato Cantoni, il ’68 non è ancora finito ! Ha ragione Rita Levi-Montalcini quando afferma: “Nella vita non bisogna mai rassegnarsi, arrendersi alla mediocrità, bensì uscire da quella zona grigia in cui tutto è abitudine e rassegnazione passiva, bisogna coltivare il coraggio di ribellarsi “. Con divido la Sua espressione “Storicamente, non tutto quel che scaturì da quei decenni è da gettare al vento”. Almeno a quei tempi si sentiva il bisogno del pensare e del reagire.