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Melavì: una crisi che mette a rischio un intero territorio

ECONOMIA E POLITICA - 13 03 2025 - Redazione

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La crisi di Melavì non è solo un problema economico o occupazionale. È il simbolo di una battaglia più ampia, che affonda le radici nella storia di una terra e nella lotta dei suoi contadini per emanciparsi dalla povertà. Questo è il cuore del messaggio contenuto nella lettera aperta firmata da “Artemide”, pseudonimo evocativo della dea greca della natura e del raccolto, giunta in redazione nei giorni scorsi.

 

La storia di un sogno collettivo

La lettera ripercorre l’origine del Consorzio di Ponte in Valtellina, nato dalla volontà di un gruppo di contadini di sottrarsi al dominio delle nobili famiglie locali. Un’idea rivoluzionaria per l’epoca: unire le proprie terre per creare un’alternativa economica solida, in grado di garantire un futuro ai figli, consentendo loro di studiare e persino di superare, in alcuni casi, i discendenti dell’aristocrazia.

 

Quel sogno, sottolinea Artemide, si è concretizzato in una realtà economica che ha dato lavoro e dignità a molte generazioni. Ma oggi quella stessa realtà è a rischio, vittima non solo della crisi economica, ma anche di una presunta speculazione che minaccia di smembrare il patrimonio della cooperativa.

 

Politica e speculazione: chi salverà la cooperativa?

Artemide lancia un’accusa diretta a chi, nelle istituzioni, ha assistito in silenzio alla crisi di Melavì, lasciando intendere che vi siano interessi dietro il possibile fallimento della cooperativa. “Chi interverrà concretamente per salvarla? Chi garantirà che i suoi immobili non finiscano svenduti nelle mani di speculatori?” si chiede l’autore della lettera.

 

Il tema non è solo economico, ma anche sociale. La scomparsa di Melavì significherebbe la perdita di un simbolo identitario per la Valtellina, un territorio già segnato dall’urbanizzazione selvaggia e da un’economia sempre più spinta verso il consumo di suolo piuttosto che verso la valorizzazione delle sue tradizioni agricole.

 

Un appello all’azione

Di fronte a queste accuse e preoccupazioni, la politica è chiamata a rispondere con i fatti. Non bastano più comunicati stampa o dichiarazioni di circostanza: servono interventi concreti per garantire la sopravvivenza della cooperativa e il mantenimento dei posti di lavoro.

 

I sindacati, già in allarme per la situazione, hanno chiesto l’apertura immediata di un tavolo istituzionale per trovare soluzioni. Ma la lettera di Artemide va oltre: chiede un risveglio della coscienza collettiva, un ritorno agli ideali che hanno permesso ai contadini di Ponte in Valtellina di costruire un futuro diverso per sé e per i loro figli.

 

Il destino di Melavì è ancora incerto, ma una cosa è chiara, seguendo la tesi di questo/a cittadino/a: il tempo delle attese è finito. La Valtellina deve decidere se vuole salvare la sua mela e il suo spirito cooperativo, o lasciarli scomparire sotto il peso della speculazione e dell’indifferenza.

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