Un sogno chiamato Moto Guzzi e la famiglia
SPORT E TEMPO LIBERO - 11 04 2019 - Ivan Bormolini
Negli anni tra il 1924 ed il 1932, in Italia, il motociclismo rimaneva per molti uno sport misero, i compensi erano irrisori e certo non pagavano nemmeno lontanamente la pericolosità nell'affrontare le competizioni. I corridori che passavano all'automobilismo, come aveva fatto anche Tenni per un breve periodo, erano spinti o indotti a farlo, non tanto per la passione ma quanto per ragioni di tipo economico. Il 1933, era stato un anno fondamentale per Tenni, tuttavia la notorietà tardava ad arrivare. Grandi e sicuri erano i protagonisti delle corse di quegl'anni: Colombo, Gherzi, Pignorini, Sandri, Bandini e soprattutto Aldrighetti, erano molto più in alto di Tenni, forti della loro esperienza e della loro classe. Ma Tenni non stava a guardare, desiderava una svolta decisiva, se quel momento non fosse giunto a breve, avrebbe cambiato mestiere. La caratteristica di Tenni era quella di andare forte, per lui però vincere una gara rimaneva solo un dettaglio. A metà ottobre di quell'anno, si correva il Gran Premio d'Italia Trofeo internazionale di velocità, la pista era quella del Littorino. La Guzzi gli affidava la nuova bicilindrica 500, con quarantaquattro cavalli, un motore che a Monza aveva spinto Amilcare Moretti a raggiungere gli oltre 176 Km/h sul giro. Quella era stata definita una gara drammatica. Subito Tenni si era scatenato individuando immediatamente una curva che gli sembrava convincente e determinante. L'aveva affrontata a velocità sostenutissima, sbandando ma mantenedosi in piedi. Al secondo giro a tutti era parso evidente, che il pilota tiranese, intendeva affrontare quella curva a 180 Km/h e così aveva fatto, stando alle rilevazioni cronometriche. Guai rallentare l'andamento era quello. Il pubblico sembrava elettrizzato, ma la preoccupazione per quella velocità estremamente sostenuta, preoccupava i box. Meccanici e dirigenti, prima della partenza si erano premurati di dire a Tenni di andar piano ed essere prudente, non li aveva nemmeno ascoltati! Per due o tre volte Carlo Guzzi e Giorgio Parodi avevano dato l'ordine di esporre il cartello “Rallentare”, ma Tenni non lo aveva fatto, dopo due giri era in vantaggio di un terzo di giro. Era quella una sorta di sfida, una disputa tra l'uomo e la velocità e la moto sembrava ottimale per quella situazione. Il non accettare umani compromessi, non voleva dire che tutto potesse proseguire nel migliore dei modi, infatti in pochissimi istanti l'eccessiva inclinazione della moto a quelle velocità aveva tradito Tenni. Il pilota e la sua moto iniziavano una pericolosa scivolata ed improvvisamente il corpo meccanico e quello umano si dividevano, la moto da una parte e il centauro dall' altra. Così la cronaca di quell'incidente: “Il ferro provocava scintille che danzavano pericolosamente vivaci. L'uomo come risucchiato da qualcosa che non si vedeva, dava la sensazione di andare a pezzi assieme al suo coraggio. La scivolata non finiva mai e la folla rimase paralizzata. Finalmente tutto finì, eccoli fermi, lui e la moto. Balzò in piedi incolume e la gente applaudì freneticamente. Corse verso la Guzzi, la sollevò da terra e tentò di ripartire, lo videro armeggiare freneticamente ma invano. Si era rotto il filo dell'accelleratore, continuare, inseguire e riacciuffare era ormai impossibile, non rimaneva che il ritiro”. Sembrava quasi che l'asso del motociclismo non ci fosse ancora ed il campione ovviamente nemmeno. Lasciamo ora le corse per un momento. All'inizio di questa storia vi ho parlato delle umili origini di Tenni, della sua famiglia di origine e del fatto che avesse lasciato Tirano per la prima destinazione, ovvero Udine. Omobono nel 1927, aveva sposato la trevigiana Ida Campanella ( 1906-1982 ), figlia di un ispettore del dazio, che gestiva una trattoria. Dal matrimonio erano nati due figli: la primogenita Bruna ( 1933 ) e Giuseppe ( 1935 ). Sui figli erano balzati i riflessi sportivi. Bruna aveva sposato il giocatore di calcio Giordano Persi, allora famoso centravanti e bomber di alcune note società sportive nazionali quali il Genoa e l'Udinese. Sul figlio ricadeva positivamente l'orgoglo del padre vincitore del Tourist Trophy. Il bimbo veniva soprannominato “Titi”, le iniziali appunto della grande competizione internazionale, in famiglia era divenuto più affettivamente “Titino”. (Fine quarta parte) Ivan Bormolini FONTE: L' antenato di Valentino. Autore Cesare De Agostini. Giunti Giorgio Nana Editore via Claudio Treves 15/17 Italia Valmodrone. Anche le foto sono tratte dalla stessa fonte.
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