I social veicolo di volgarità, inciviltà e di diffusione di campagne discriminatorie
CRONACA - 30 10 2020 - Ercole Ricci
Oggi voglio affrontare, ancora una volta, un tema che mi sta a cuore: la rabbia che le persone riversano su Facebook. Un quadro desolante, una piaga particolarmente velenosa ovvero lo sfruttamento, in mala fede e a scopo offensivo, dei social network. I social che al giorno d’oggi fanno parte ormai della vita di tutti, sono nati per favorire lo scambio di opinioni, per curare i rapporti interpersonali, non solo restando in contatto con chi già conosciamo, ma anche facendo nuove amicizie e conoscenze. Ma c'è qualcuno che li usa per raggiungere una soddisfazione personale che si alimenta vomitando parolacce. Facebook è diventato (come ho scritto qualche giorno fa sul mio profilo) una “discarica”, un immenso raccoglitore e generatore di lamentele, negatività e turpiloquio. L’ambiente migliore per dare sfogo al peggio, dove viene meno il senso di civiltà. Non solo i giovani, ma pure le persone dello spettacolo e politici ormai usano i social network come canale per comunicare le proprie idee e commentare i fatti che accadono nel mondo. Purtroppo però, maleducazione e scarso buon senso hanno ormai colpito la rete, prima è stata sdoganata la maleducazione, poi è stato esaltato il turpiloquio. Oggi siamo alla esaltazione dell’odio. Rispetto zero per l’avversario. Non può essere in buona fede chi la pensa diversamente da te. Parolacce quando va bene, perché trovi anche odio razziale e discriminazione sessuale. Spesso ci lamentiamo della scarsa qualità dei rapporti umani, dimentichiamo di chiederci: ma io, cosa faccio per rendere efficace la mia comunicazione col prossimo? Purtroppo, sempre più spesso in giro, in qualsiasi luogo, si nota una mancanza, di rispetto di queste regole fondamentali e una crescente indifferenza dell’altro. L’odio in rete scorre inesorabilmente. E non risparmia niente e nessuno. Il linguaggio dell’odio è diventato un’emergenza sociale. Si sa, soggetti che nutrono ostilità nei confronti degli altri sono sempre esistiti, ma prima venivano isolati. Ora invece sui social networks, i succitati soggetti trovano decine di queste persone che gli somigliano, si convincono che sono tutt'altro che isolati, si rafforza in loro la convinzione, a sentirsi dare ragione dagli "amici" ed a considerare chi non lo fa come "nemici". Molto spesso prevaricano gli altri e questi sono spesso costretti a non rispondere per non rischiare di venir insultati da chi non sa sostenere una conversazione equilibrata e rispettosa. Non ragionano, non gli interessa. E’ inutile proporgli argomenti. Sempre più spesso, purtroppo anche testate giornalistiche attraverso i propri canali social, si prestano a fare cassa di risonanza ad incitare alla violenza e all’odio, pubblicando senza vagliare i commenti, talvolta deliranti, che i lettori fanno su specifiche notizie di cronaca. E questo è inaccettabile. Una cosa è esprimere la propria opinione, un’altra diffondere campagne discriminatorie e alimentare odio attraverso commenti, oppure rilanciando notizie false, prodotte consapevolmente da qualcuno senza capire la gravità del messaggio, per creare confusione e panico. Difficile trovare una ricetta unica per contrastare il fenomeno. Sono sempre più convinto che questi predicatori d’odio sono tra le figure peggiori della società. Soggetti che non conoscono il significato del sostantivo rispetto, sentimento che porta a riconoscere i diritti, il decoro, la dignità. La speranza è che una volta approfondito questo fenomeno si possano trovare gli strumenti per combattere (senza necessariamente ricorrere alle vie legali) questo odioso malcostume, ognuno di noi e soprattutto i giovani saremo in grado di fornire risposte adeguate per promuovere un uso più consapevole ed etico dei social, per fermare il dilagarsi di questa maleducazione. Voglio concludere ricordando ai cosidetti leoni dei social, che dietro lo schermo, ci sono delle persone, da rispettare sempre e comunque anche se non la pensano come noi. Ercole Ricci
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