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Il verde che resiste: difendere il paesaggio di Tirano

CRONACA - 28 02 2025 - A cura di Ezio (Méngu)

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/Panoramica di Tirano con al centro la zona Verde, sulla destra la zona prativa del Rodùn
Panoramica di Tirano con al centro la zona Verde, sulla destra la zona prativa del Rodùn

Sono ormai passati 15 anni da quando ritenni opportuno fare una domanda al Prof. Garbellini Gianluigi, storico, scrittore, poeta del paesaggio valtellinese e da tutti conosciuto quale personaggio eccellente di pensiero e di giudizio, tra l’altro, grande conoscitore della realtà tiranese e in particolare di Madonna di Tirano e della Basilica. Feci questa domanda proprio in un periodo in cui l’Amministrazione Comunale di Tirano stava redigendo il PGT ( piano generale del territorio ) . La feci poiché intendevo ben capire quale intendimento si avesse nel progetto per quella stupenda area verde , o “cono  verde” , come da bambino sentivo chiamare dai vecchi la zona prativa,  che ponendosi a metà strada di Via S. Giuseppe dava il magnifico scenario della Basilica, insieme alla chiesetta di S. Perpetua e sullo sfondo la Val Poschiavo con i monti innevati del Bernina.

 

La  risposta dello stimato professor Garbellini alla mia domanda, la riterrei “ poesia del territorio “ e ogni volta che la leggo sono assalito da quella visione che l’Amico Gianluigi ha saputo così bene raccontare e che, purtroppo oggidì pare svanire, quasi che il “mostro “ della urbanizzazione  e della cementificazione  ne abbia in odio. Invito, quasi con supplica, gli Amministratori locali a leggere il pensiero dell’ illustre Professore affinchè  le poche aree verdi, ormai rimaste intatte in Tirano per decenni, siano dedicate a zone di “Verde Cittadino “, veri luoghi dove  si può trovare “ pace e ristoro “  in questo bailamme di Mondo dove le cose primarie sembrano essere sempre di più “ l’affare, il profitto, i soldi “ a scapito di un quieto vivere.

 

 

Ecco la mia domanda: "Prof. Gianluigi Garbellini, qual è il suo pensiero sul Parco S. Michele, di cui tanto si parla in questi giorni a proposito di un suo ampliamento?“.

 

Ezio (Méngu)

 

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Credo sia bene fare una premessa, prima di entrare nel vivo dell'argomento.

Agli amministratori, che negli anni Settanta deliberarono l'istituzione del parco a margine della proprietà comunale del Palazzo S. Michele, la città di Tirano non può che serbare viva gratitudine.

Fu infatti una scelta coraggiosa di rilevanza sociale, in quanto area messa a disposizione della comunità, e di lungimiranza urbanistica in previsione dello sviluppo di Tirano.

Furono sicuramente incentivati gli amministratori dal fatto che i Pra' di feri (i Prati della Fiera), tradizionale luogo di svago per bambini e ragazzi e di riposo per i meno giovani - specialmente quello sul lato sinistro di Via Elvezia con maestosi platani (che furono tagliati!) - erano stati trasformati in parcheggio.

 

A dire il vero, quella distesa di verde a sud di Piazza Basilica a due passi dal santuario e dall'abitato di Madonna, per sua natura, quasi per vocazione stessa del luogo e per la sua felice ubicazione, non poteva che essere destinata a luogo pubblico, non senza il comprensibile sacrificio dei privati - ai quali va un grato pensiero - con l'inevitabile esproprio da essi subito, in nome delle collettività, di siti tra i più appetibili del quartiere.

 

Già prima della creazione del parco quei prati pianeggianti ed esposti al sole per i ragazzi della frazione di Madonna, specialmente per quelli residenti nelle vicinanze della piazza, erano il preferito luogo di svago, soprattutto nell'autunno quando l'ultimo fieno era stato raccolto, per scorazzare liberamente, dare un calcio alla palla, provare un aquilone, seguire con improvvisate barchette di legno il corso degli eles, i vari ruscelli che si intrecciavano al bordo dei prati per alimentarne l'irrigazione. La bella stagione prevedeva scorribande fino alla "Polveriera" e al Rudun, scavalcando con disinvoltura  fossi e muri in sasso, per vedere scorrere l'acqua lenta e tranquilla della roggia - i più coraggiosi vi facevano anche il bagno - e per cogliere dai murùn,  i superstiti alberi di gelso dei tempi della filanda, le dolci more bianche o rosse. Sui prati innevati, tra le spoglie piante di salice zeppe di scialesch (i ramicelli che sarebbero servizi per i tralci delle viti) allineate sul perimetro di ogni proprietà, qualcuno provava gli sci o tirava la slitta con l'immancabile fratellino minor su lucide piste di ghiaccio, dove si tentava anche il pattinaggio. Era però la primavera la preferita per chi amava trovare le viole nascoste ai piedi delle mürachi - i muri a secco antichi di secoli fatti con i sassi tondeggianti sotto la direzione dei buoni monaci di Santa Perpetua - raccogliere margherite, miosotis e botton d’oro da portare a casa o alla maestra. Il problema sorgeva con il crescer dell'erba: i prati, ben concimati, venivano di proposito allagati e l'erba cresceva in fretta e rigogliosa: "Rais, balìi miga giu 'l pra" (Ragazzi, non calpestate il prato!) - gridava ogni volta un omone baffuto che incuteva soggezione e paura. Allora tutta la zona diventava off limit e restava interdetta ai giochi dei ragazzi fino all'autunno.

 

Ricordi nostalgici - dirà qualcuno -  che non c'entrano per niente, ma che amo rievocare pensando alle molte possibilità di un parco pubblico. 

 

Affrontando il cuore della domanda rivoltami, quei prati - dicevo- avevano già in fieri ciò che sarebbe stata in realtà la loro destinazione futura, non più agricola e privata, ma legata allo svago e a disposizione di tutti: una indubbia conquista e una nuova risorsa, in particolare per i residenti dell'area circostante, per i pellegrini e i turisti in visita al santuario e per tutti i Tiranesi.

 

L'ampliamento in discussione, con l'annessione della superstite area verde a S/E fino alla strada di San Giuseppe, nasce di getto e del tutto spontaneamente quale idea - affatto peregrina, ma pienamente naturale - ogniqualvolta si entra nel parco San Michele. L'auspicio e la speranza di un unico grande spazio pubblico sono la logica conseguenza se si considera l'esigenza che sorgerà nel  prossimo futuro di una maggiore disponibilità di area verde pubblica, dato l'inarrestabile sviluppo urbanistico della zona, e per il fatto che sussistono, a margine del parco attuale, terreni fortunatamente ancora liberi.

 

L'osservazione in questo senso - salvaguardare la disponibilità dei terreni ai fini dell'ingrandimento del parco limitrofo - del resto era stata fatta dal mio Gruppo e anche dal "Gruppo misto" nel corso della seduta del Consiglio Comunale del 22 settembre u. s. in occasione dell'adozione del PGT.

 

Trova perciò il mio personale consenso, al di là dei progetti dagli stessi nel dettaglio elaborati, la recente proposta avanzata dai colleghi del "Gruppo misto", intesa a salvare da costruzioni quell'area e a creare un "grande parco".

 

I motivi per non lasciar cadere l'ipotesi di inglobamento nel parco San Michele dell'adiacente area verde fino a Via San Giuseppe sono del tutto evidenti, ragionevoli e - pare - condivisi dalla maggioranza della popolazione. Qualcuno, giustamente, fa presente che Tirano dispone già di parchi: quello grandissimo degli Olmi (troppo fuori mano), quello presso la Piazza delle Torri (ritenuto dai più poco adatto per bambini e ragazzi), quello presso l'ex ospedale (troppo piccolo), quello delle scuole elementari di Madonna (non però liberamente accessibile a tutti), quello nuovissimo presso la torre Torelli (un giardinetto artificioso), quello di Piazza Unità d'Italia (con poco verde) e, infine questo di San Michele, che indubbiamente risulta il migliore per la configurazione e la sua ubicazione. Molti, non a torto, invocano maggiore cura e più attenta manutenzione di queste frequentate zone pubbliche.

 

La località del Parco San Michele era chiamata nel passato Missent o Misceent, nome che non a caso ricorda il verbo latino miscent/misceo (si uniscono/ si mischiano). Era infatti il luogo dove le acque del Poschiavino e dell'Adda si univano e si mischiavano: un luogo di incontro da assumere emblematicamente, con il "grande parco" desiderato, a punto di incontro e di fusione di due distinte parti urbane della nostra città: l'agglomerato urbano della frazione di Madonna (che non ha più senso di essere considerata frazione come lo era l'antica Rasica) e quello al suo S/E che è la parte preponderante della moderna Tirano.

 

Il "grande parco", da Piazza Basilica a Via San Giuseppe, con distinte entrate ai due capi, diviene il naturale anello di congiunzione delle due parti dal punto di vista urbanistico e - quello che più conta - dal punto di vista sociale, quale luogo di ritrovo per eccellenza nella pace del verde e nel cuore del tessuto urbano, fatto non certo da sottovalutare. 

 

Dice il vero chi sostiene che siamo circondati dal verde delle selve e dei boschi - così si sosteneva anche 30-40 anni fa in Valtellina (Tirano e Sondrio comprese) per giustificare l'assenza di zone verdi all'interno dell'abitato urbano -, ma ben altra cosa è una comoda e pubblica area verde, all'interno della città, presto e facilmente raggiungibile in ogni momento, rispetto al manto verde delle montagne, che non è certo da disprezzare.

 

Che il parco cittadino - se ben tenuto - costituisca naturale sfogo per mamme e tate con bimbi, per bambini,  ragazzi, ma anche per persone d'ogni età in cerca di momenti di relaxe, è dato scontato e tanto evidente da non richiedere altre argomentazioni.

Credo che la nostra cittadinanza non desideri mega-strutture o cose strane o impossibili (Piazza Unità d'Italia docet), ma razionato verde con parti al sole e altre all'ombra con begli alberi ben curati, disponibilità di panchine e di attrezzature ludiche per piccoli e meno piccoli.

 

Un particolare di grande importanza, a proposito dell'area limitrofa al parco e non coperta da costruzioni, non deve essere ignorato o sottovalutato. Di questo devono rendersi conto gli amministratori, per non pentirsi amaramente in seguito, qualora se ne permettesse l'edificazione: quello della singolarità del luogo, lo stesso che la proposta di PGT sacrificherà totalmente con interventi costruttivi (e distruttivi) - se  essa sarà accolta - rendendo in tal modo impossibile l'ampliamento del parco San Michele e annullando uno dei più suggestivi scorci paesaggistici nel cuore di Tirano.

 

Da Via San Giuseppe, per un buon tratto, il terreno in questione, ora del tutto senza costruzioni, permette di inquadrare in superba visione il santuario al centro esatto dell'apertura della Valle di Poschiavo: un quadro naturale che è un peccato distruggere e che conferisce alla strada, già diversamente penalizzata, uno dei suoi tratti più belli. 

Il "grande parco" con il suo ampio cono visivo sul santuario della Madonna, su Santa Perpetua e sulla valle retica alle sue spalle, fino a scorgere San Romerio e il fondale innevato del Bernina, oltre essere luogo ritemprante con le sue offerte di verde e di svago, si carica di importanti valenze paesaggistiche e perfino storico-artistiche che nessun altro parco pubblico della nostra città può vantare.

Serve anche ora quel tocco di lungimiranza che i nostri antenati hanno avuto nel realizzare il viale, che è vanto di Tirano. Perché lasciarci sfuggire l'occasione di creare una struttura pubblica di grande respiro di cui, oltre i cittadini del presente, saranno riconoscenti  le generazioni future?  

 

Mi rendo conto del sacrificio richiesto ai proprietari dei terreni che dovranno giustamente essere  rimunerati, non senza un tributo di riconoscenza da parte dei concittadini.

Avranno il coraggio e la necessaria determinazione i nostri amministratori per accogliere la proposta che è nei desideri e nel cuore di moltissimi Tiranesi? Questa è la domanda e questo è in fondo il problema.

Mi scuso per la risposta forse troppo lunga, ma forte mi coinvolge la passione in un argomento tanto importante per la nostra Tirano.

 

Tirano, 25 novembre 2011                                                                                                                            

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