La disastrosa alluvione del 1911
CRONACA - 27 03 2025 - Ezio (Méngu)
Preciso subito che non voglio imitare la bella e seguita Rubrica “Lo sapevate che?“ tenuta su questo giornale dell’attento e bravo giornalista Guido Monti, ma per questa volta mi perdonerete. Quello che scriverò non lo sapevo, e credo forse anche pochi di voi. Vedendo la foto che l’Amico Amedeo mi ha gentilmente mandato, dopo sue ricerche sul torrente Poschiavino, mi sono turbato per non dire “annichilito“ per la spaventosa “ruina“ del torrente Poschiavino nel lontano 1911 che si vede in foto. Pensavo che il torrente Poschiavino con l’evento del 1987 avesse raggiunto la sua massima ira. Rammento però che ‘l vecchio Pédru una volta mi disse, parlando di “ruine “ e allagamenti: ricordati che l’acqua ha buona memoria e ricorda sempre la sua strada”. ***** 21 agosto 1911: eroi nella notte “fatale e tremenda” del nubifragio. Nell’estate del 1911 la provincia di Sondrio fu devastata da un memorabile nubifragio, causa di numerose vittime e danni ingentissimi. La notte del 21 agosto le piogge dirotte e incessanti produssero frane e gonfiarono i torrenti che ruppero argini, travolsero strade e ponti, abbatterono innumerevoli case; molti Comuni restarono isolati e privi di risorse alimentari. Ci sarebbe voluto molto tempo per risanarne le devastazioni; già durante quella terribile notte molti si adoperarono per mettere in salvo quante più persone possibili, cercare di tamponare al meglio i guasti più gravi e confortare le popolazioni spaventate. In particolare, fondamentale e preziosa fu l’opera dei Regi Carabinieri e delle Guardie di Finanza che, dislocati su tutto il territorio, furono in grado di impartire ordini e coordinare le azioni; ma anche tanti semplici cittadini si sentirono in dovere di intervenire, non solo per la propria salvezza, ma pure per quella dei loro compaesani, compiendo spesso atti di vero e proprio eroismo. Tutto ciò testimoniano le carte di un apposito fascicolo della serie “Onorificenze” del fondo Prefettura di Sondrio. Infatti cessato il pericolo, dai diversi Municipi giunsero al Prefetto relazioni sulle azioni meritevoli di pubblico encomio o di medaglie al valor civile; ed il Prefetto diede subito corso alle pratiche inviandole al Ministero dell’Interno, per la concessione dei premi. In Val Malenco ad esempio si distinsero in particolare due carabinieri: il brigadiere Aldo Soncelli che, “infaticabile e zelante”, per tutta la notte del 21 agosto diresse e prese parte a “ingenti opere” di riparazione degli argini del torrente, salvando così “dall’irruzione delle acque” gli abitanti di Chiesa, Lanzada e Torre Santa Maria e bloccando anche l’accesso ai ponti distrutti; e Francesco Delogus il quale, la mattina del 22, galoppò a Sondrio superando “mille ostacoli” per portare “all’Autorità la notizia dei disastri”, “dando tempo così di disporre i necessari concorsi” . Il Capitano Carlo Re della Guardia di Finanza avrebbe raggiunto a piedi Cedrasco, rimasto isolato, provvedendosi di “funi, di tavole, e di lunghe scale a pioli”, mentre il carabiniere Giovanni Battista Ferrari, vicebrigadiere di Bormio, “si recava fino a S. Caterina percorrendo scoscesi sentieri essendo la strada franata in varii punti”. A sanare l’interruzione, a Bolladore, della Strada statale dello Stelvio (“l’unica via, tranne lunghissimi sentieri per l’alta montagna, di comunicazione col capoluogo”), provvide “in soli 8 giorni”, “con rara maestria e con lavoro assiduo”, l’ingegnere Ernesto Tinivella del Genio Civile, superando le ingentissime difficoltà dovute alla “ubicazione del tratto di strada distrutta, incassata fra zone strapiombanti”. In alta Valtellina, a Grosotto l’Adda esondò circondando le case sulle sponde. Il brigadiere Domenico Rapetti, Comandante della Stazione dei Carabinieri di Bolladore, se ne avvide dall’alto della borgata di San Rocco, ed accorse per far uscire “sollecitamente” gli abitanti “i quali non curandosi del pericolo che loro sovrastava, lavoravano per mettere in salvo mobilia ed altro”; informato poi che nel sotterraneo di una di quelle case, già “accerchiata da impetuosa corrente” e da quella “in parte distrutta “, si trovava ancora un tale, “sordo e scemo”, “intento a mettere in salvo attrezzi rurali”, il coraggioso brigadiere “con ammirevole slancio e coraggio, non disgiunto dal manifesto rischio di rimanere vittima” lui stesso dell’imminente disastro, “slanciavasi nella stalla” e riuscì ad avvicinare l’imprudente contadino, conducendolo al sicuro “pochi istanti prima che la stalla stessa crollasse per l’impeto delle acque. ….. “ brani tratti da “ Scheda a cura di Mariagrazia Carlone”- Archivio di Stato di Sondrio. Ezio (Méngu)
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