MENU

L’Endogamia ovvero "Fèmni e bö dei paes tö"

CRONACA - 19 08 2023 - Ezio (Méngu)

CONDIVIDI

/Michele, lui di Tirano e Martina, lei di Poschiavo” sposi
Michele, lui di Tirano, e Martina, lei di Poschiavo” sposi - Disegno di Wilma Del Simone.

Prego le gentili Signore che leggono questo scritto di leggere con serenità e calma. Anni fa mi è capitato di scrivere un articolo su questo giornale dal titolo “Donne al bar“. Sono sicuro che ho battuto ogni record di “disaccordo “a giudicare dai commenti scritti dal fiero e vivace Gentil Sesso che nel leggere l’articolo hanno interpretato la mia “meraviglia e constatazione“  come se fosse un fatto negativo nel vedere aumentato in modo considerevole le donne che frequentano i bar del tiranese. Non ho nulla in contrario con le donne  che frequentano i bar poiché la parità dei sessi è una opinione comune e consolidata, ma il mio articolo su quella realtà non poteva essermi negato poiché è cosa evidente.   

 

Ora, pregherei il gentil sesso ancora di mantenere un giusto atteggiamento di calma e serenità negli eventuali commenti poiché vorrei descrivere uno stato di fatto che, in questi ultimi tempi, è andato consolidandosi facendosi quasi la norma, mentre ai miei tempi era quasi una eccezione. Il soggetto del mio commento è l’endogamia, ovvero “ Fémni e bö dei paes tö” ( donne e buoi dei paesi tuoi ). Parto da una considerazione, credo da tutti ritenuta giusta e condivisibile, che all’Amore e al cuore non si comanda e ci si innamora dell’Anima che si ritiene gemella e idonea per passare la Vita insieme. Che c’è di male se una bella ragazza Valtellinese si innamora di un giovane Aborigeno ? Viceversa se un giovanotto di Tirano si innamora di una dolce ragazza Cinese? L’Amore non ha occhi e non ha confini, così ha voluto Nostro Signore quando ci ha creati. Chiarito questo concetto ora passo a parlare dell’endogamia con la speranza di non subire violenze verbali.  

 

Il tema dell’endogamia è finito sul tavolo di un bar del tiranese alcuni anni addietro, innanzi ad un calicino di bianco con il mio indimenticabile Amico Giacomo Ganza, professore e letterato, cultore di tradizioni Valtellinesi e scrittore dialettale. L’argomento è nato quando nel locale è entrata una splendida ragazza di colore con un giovanotto valtellinese che conoscevo. La ragazza era da togliere il fiato a un moscerino e a me è scappato una espressione sottovoce rivolta a Giacomo : “bellissima lei, bel ragazzone lui, i loro figli saranno più belli dei bronzi di Riace! ”. Giacomo, tira un sorso di bianco, poi con calma ripone il bicchiere e mi risponde con quel tono che hanno i letterati verso chi si meraviglia della realtà d’oggi dì e sottovoce mi dice “ E’ il miracolo della esogamia, mentre l’endogamia sta scomparendo !!”  Ribatto io :” eso … endo.. che …cosa sono ? “ . Lui continua bofonchiando: “Ascolta Méngu, noto dal tuo stupore che malgrado siano passati oltre centocinquant’anni dall’Unità d’Italia non si è ancora innescato nella nostra provincia quel processo di evoluzione del modo di vita e dei costumi i cui effetti si cominciano già a notare nelle città più importanti della Lombardia. In realtà l’Ottocento, per quanto riguarda il fidanzamento e il matrimonio si basa su principi e modelli di vita rigidi e ben definiti. L’ endogamia? Bisogna sposare una donna o con un uomo che vive nel proprio paese o nella propria parrocchia. Quanto al fidanzamento, è necessaria la conoscenza da parte della famiglia di chi si fidanza del futuro sposo o sposa. Il “placet” deve essere accordato dai genitori dei promessi sposi, oppure, in mancanza dei genitori, dal nonno o dai fratelli. Eventuali matrimoni tra cugini o fra zio e nipote devono essere autorizzati dalla curia vescovile di Como. Questo vale naturalmente anche per un vedovo o una vedova che sposano la sorella o il fratello della moglie o marito defunti. L’endogamia peraltro è alla base delle unioni matrimoniali da secoli e ha continuato ad esserlo, più o meno fino agli anni ’60 del secolo scorso.  Da allora in poi l’esogamia, diventa la nuova “regola” per i fidanzamenti e matrimoni.  Salta il “vincolo” di sposare la donna del proprio paese e le scelte di mogli e mariti sono indipendenti dal paese o dalla città di origine e l’approvazione della famiglia al fidanzamento e matrimonio è solitamente di carattere formale. E’ bene ricordare che 150 anni fa, rispetto alla nostra realtà, non si parlava praticamente mai di matrimonio d’amore. Piuttosto il matrimonio aveva come scopo principale la procreazione. Insomma bisognava mettere al mondo il maggior numero di figli possibile, anche perché una buona metà moriva negli anni dell’infanzia.

 

Se proprio la famiglia decideva di sposare il figlio o la figlia a una donna o uomo non del paese: “andà ‘n ‘là u ‘n giù” si diceva a Stazzona, cioè era meglio che si sposasse una donna di una zona compresa tra Villa, Bianzone, Teglio e Chiuro. Motta di Villa invece era considerata come un paese interessante per accasare i propri figli alle famiglie di Aprica, Boalzo o Carona di Teglio. Nel caso di Aprica e Carona scendere sul fondo valle era considerato una buona scelta perché poteva garantire un avvenire migliore e più sicuro ai figli. Almeno due proverbi aiutano a capire la concezione del matrimonio in pieno Ottocento: “moglie e buoi dei paesi tuoi” e anche un proverbio veneto che sentenzia: “le done bèle e le vache bèle no le va fora del paese”. In ogni modo per le donne che si sposavano in un altro paese non sempre era vita facile, in effetti occorreva un periodo di adattamento più o meno lungo. La presenza della “furesta” in paese era talvolta motivo di invidie e gelosie sia nell’ambiente familiare che tra il parentado.  Non di rado ci si chiedeva o si diceva: “Ma che fa quella qui da noi”? Il che prova che fare scelte diverse da quelle consolidate o condivise dalla maggioranza è sempre problematico oltre che difficile. La “straniera” finiva con l’essere bollata col nome del paese di origine: la “Brigasca”, la “Stazzunasca”, “la Carunasca”, la “Bolscina” e così via. Questi soprannomi personali col passare degli anni potevano diventare anche degli “scutum” di famiglia, magari leggermente deformati”.

 

Giacomo, dopo quella istruzione essenziale per me, deve aver sentito arsura in bocca poiché con un colpo secco ha alzato il gomito e si è scolato il calicino mentre il mio era quasi mezzo vuoto poiché quella ragazza, con quella sua indefinibile “aurea “ forestiera,per il suo modo di porsi e di parlare, per il suo sorriso galeotto, per i suoi occhi da lince e per le sue mani lunghe e color cioccolata, per non dire del resto, mi aveva distratto.

 

Giacomo finito il bianchino e uscendo dal bar mi ha detto: vuoi saperne di più? Parla con un grosino e ti dirà qualcosa in merito alla loro antica scelta delle loro donne. Già sapevo qualcosa e ho pensato: allora i precursori e i ribelli dell’endogamia sono stati i grosini che sin dai tempi del ‘600 avevano pensato, dopo il loro girovagare il Mondo per motivo di lavoro, di portarsi in casa le dolci e consenzienti belle donne d’oriente.

 

Aveva ragione l’amico Gioacomo. L’endogamia ovvero fèmni e bö dei paes  tö” sembra pian piano scomparire anche tra le nostre Valli. Meglio l’esogamia? Sarà giusto o sbagliato? Ognuno la pensi come vuole, quello che vale è scegliere una volta per tutte la donna o l’uomo giusto della Vita in comune.  

 

Ezio (Méngu)

LASCIA UN COMMENTO:

DEVI ESSERE REGISTRATO PER POTER COMMENTARE LA NOTIZIA! EFFETTUA IL LOGIN O REGISTRATI.

0 COMMENTI