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Perché la gente non canta più?

CRONACA - 18 11 2024 - Ezio (Méngu)

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Come era bello sentire la Marilisa cantare di buon mattino, con le ante della sua camera aperte, mentre riassettava la sua camera. Nella contrada S. Maria in Tirano nel primo mattino, era lei, la bella ragazzona sempre allegra che faceva rifiorire la contrada con la canzone vincitrice dell’Eurofestival del 1964: “Non ho l'età, non ho l'età, per amarti, non ho l’età per uscire sola con te.  E non avrei, non avrei  nulla da dirti, perché tu sai molte più cose di me… ”.  

 

Cantavano le donne mentre facevano i mestieri di casa, cantavano i muratori mentre con la corda e la carrucola tiravano i loro secchi pieni di sabbia e cemento sui piani alti della case. Ricordo di aver visto anche un giovane prete dell’oratorio con i suoi ragazzi cantare: “nel blu, dipinto di blu “ di Domenico Modugno, canzone che alitava tra piazze e contrade nel ‘58.

 

Perché ora la gente non canta più?  O forse, per far cantare i ragazzi occorre che la fidanzatina la sera prima abbia detto di sì?  - Quando ero bambino, nelle stalle si faceva il “ filò “. Anche la nonna intonava le prime quattro parole di una vecchia canzone e i ragazzi la continuavano. Incredibile la loro memoria, il tono, lo spiglio con cui la cantavano ! Le vecchie canzoni dei nonni le cantavano anche i più piccoli poiché le avevano sentite più volte e le avevano memorizzate come “ l’ave Maria “ .

 

Il canto donava una atmosfera serena, gioiosa che induceva sonni tranquilli, calmi desideri, e tanti sogni di un futuro prospero, ricco, anche se quei tempi erano difficili. Per rifarci la bocca secca per il canto bastava una tisana d’erbe che le nonne avevano nella “ termos” ancora calda e qualche  “ brasché” ( caldarroste )  e subito avevamo il sapore dell’allegria in bocca e via andare … con un altro canto.   

 

E i canti di montagna? I nonni li intonavano con la loro voce colma di emozioni vissute, nei loro occhi sembrava vedere scorrere dei film delle sofferenze passate e delle allegre brigate tra ragazze e ragazzi, fior di giovanotti con il solito e universale pensiero in mente, sempre piantato come un chiodo di cantiere nei loro discorsi.

 

E le nonne? Le nonne sorridevano sornione con gli occhiali abbassati sul naso per capire se i loro nipoti spingevano lo guardo furtivo tra i calzettoni di lana delle loro nipoti. I vecchi battevano il piede sulla panca per non perdere il passo ritmico della canzone.

 

Terminata la canzone di montagna vi era per un attimo un sacro silenzio, come se fosse morto il gatto di casa, e poi via andare con un'altra canzone. Ah.. Ah.. che bei tempi, tra il caldo umido della stalla e profumi di bestiame .  . Era nelle stalle con quelle canzoncine un poco maliziose, dove le nonne abbassavano i tono del canto per quel tanto da fare intendere ai loro nipoti che non erano nati sotta “ una verza “.

 

Si cantavano le più belle canzoni dei tempi passati quali:   o campagnola bella, la casetta in Canadà, Vecchio scarpone, faccetta nera, il tango delle capinere, il cappello che noi portiamo, mamma, Rosamunda. Sono canzoni che ancora ricordo quando qualcuno le intona.  

 

Perché tutto questo cantare sembra spento o in sospeso? Perché ora la gente non canta più? Forse perché il canto di ognuno di noi è stato rinchiuso nella cassaforte dei soldi, la smania dell’avere tanto e subito, dell’affannarsi in una competizioni feroce con gli altri, o forse perché ogni parola o fiato costa “ tempo e denaro “ e col canto poco ci si guadagna?

 

Io penso che ognuno di noi sia un poco malato, di quei mali sottili  e perforanti dovuti alla solitudine di sentimenti anche quando siamo con gli altri, tra lo squillare di telefonini, di aperitivi.

 

Perché nessuno canta più sui balconi delle  case, per le contrade? Quel “ piccolo mondo antico “ sembra scomparso o essere al tramonto. Quando per caso si sente cantare, è il canto di quattro vecchi che affogano il loro pensieri di questo mondo svergolo e borioso, in quattro bicchieri di vino.

 

Ezio (Méngu)

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