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Il Capitano e la sua bella

CULTURA E SPETTACOLO - 01 06 2022 - Ezio (Méngu)

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/Il funtanìn de la Val dèla Ganda.
Il funtanìn de la Val dèla Ganda.

Nel tiranese pochi sanno dov’è la sorgente degli innamorati e quei pochi fortunati tengono la bocca chiusa per il timore che manchi loro l’acqua. Io ho deciso di scucirmi la bocca e di rivelare il segreto perché di quell’acqua molti ne hanno bisogno. Ecco la storia e se leggete attentamente forse potete anche scoprire dov’è.

 

Le lacrime possono essere acqua d’amore o di dolore, ma l’acqua del funtanìn de Rùnch sono lacrime d’amore. Essa sgorga silente e copiosa, fresca e pura da un anfratto roccioso. In quell’ anfratto palpita il cuore di una ragazza innamorata e lo si sente dal costante gorgoglio della sorgiva. Nelle notti senza luna, quel gorgoglio si fa sottile e tenue, quasi fosse un singhiozzo di ragazza per il suo principe azzurro lontano e irraggiungibile. 

 

Quella sorgiva vive nel bosco di querce nella valle della Ganda e palpita di luce propria. E’ immersa tra lame di sole che penetrano i rami delle querce secolari tra diafane penombre. Qui il canto del cuculo fa da contrappunto a una storia che i nostri avi raccontavano solo dopo aver bevuto l’acqua nel cavo della mano.

 

Raccolto la storia.  Siamo nel 1915: la grande guerra era incominciata. A Ronco un gruppo di soldati d’artiglieria alpina di stanza alla caserma in località Piscina e al forte Sertoli di Canali era ogni notte di guardia nelle trincee scavate nel bosco proprio di fronte all’antica osteria della Virginia.

Due cannoncini da 45 mm erano puntati verso la val Poschiavo.

Dovevano fare da deterrente nel caso in cui il potente esercito tedesco fosse sceso dal passo del Bernina per giungere in Valtellina.

Il capitano Giacomo comandava quel plotone di artiglieri. Era un bel giovane;  baffi e barbetta nerissima, occhi azzurri, sguardo fiero, nobile in ogni suo gesto riguardo ai suoi soldati. Tutti amavano e rispettavano il bel capitano.

Quando era stato richiamato alle armi aveva dovuto lasciare a Vicenza il suo amore: la bella e dolce Martina. La sera, suonato il silenzio, il bel Capitano invece d’andare a riposare si avviava solo e soletto per un sentiero tra pini e betulle, sino a raggiungere un bosco di querce secolari nella Valle della Ganda. In quel bosco, nelle notte di luna si potevano veder ballare e cantare gli elfi.

 

Gli elfi sono esseri simili agli umani nelle loro passioni. Sono alti e magri, talvolta capricciosi e benevoli verso l’uomo che li rispetta, possono donare oggetti magici a coloro che sono puri di cuore e molte volte aiutano le persone buone. Giacomo si fece amico di un elfo.

Quell’elfo era l’incarnazione di un antico e nobile guerriero retico; era un essere intelligente e armonioso e abitava nel tronco cavo di una quercia che ancora oggi si può toccare. L’elfo, amico di Giacomo, sapeva forgiare spade con metalli preziosi. Una notte disse al bel Capitano cosa potesse donargli per farlo contento; gli propose una spada o un elmo. “No,rispose il capitano, vorrei una mazza magica che, battendola sulla roccia accanto al  tronco della tua casa, mi faccia apparire la mia  bella Martina, ogni notte”.

“Solo questo, disse elfo , solo questo per farti contento ? Bene, ecco fatto, ecco la mazza magica, ma il suo potere durerà solo un mese”.

Così  il bel capitano, ogni notte si recava presso il bosco di querce degli elfi  con la mazza magica, batteva sulla roccia  e come d’incanto  appariva sorridente e felice la sua bella Martina.

 

Ogni notte per un mese parlarono d’amore. Passato un mese la mazza magica cessò di funzionare. Il bel Capitano ogni notte si sedeva sconsolato presso la grande quercia, continuava a battere la mazza contro la roccia, con la speranza che ancora per una volta funzionasse. L’elfo  sentendo quel battere forsennato si impietosì  poiché anche lui in vita aveva provato le pene dell’amore lontano, uscì dal tronco e gli disse :

“ Vedo che anche la tua bella Martina lontana in quel di Vicenza sta piangendo, non posso più aiutarti a vederla ogni notte, ma posso donarti le sue lacrime d’amore. Ecco, d’ora innanzi, presso la mia casa di quercia, dove tu hai battuto la mazza sgorgherà una sorgente limpida e pure. Sono le lacrime d’amore della tua bella amata; potrai venire ogni sera presso la sorgente per raccogliere nel cavo della tua mano il suo amore, quell’acqua sono le sue lacrime  d’amore per te. La sorgente non cesserà mai e sarà di conforto per tutti gli innamorati lontani l’uno dall’altro”. L’elfo con un sorriso se ne andò e non gli apparve più.

 

Il bel Capitano nel 1918 tornò a casa dalla guerra sano e salvo, sposò la sua Martina, diventò nonno e bisnonno, mentre la sorgente non cessò mai di dare quell’acqua e per questa storia la sorgente fu chiamata anche “ il funtanìn de Rùnch “ in onore dell’elfo che ancora oggi aiuta gli innamorati, anche se lontani, a ricongiungersi superando ogni traversia e a diventare nonni e bisnonni.

 

                           L’acqua del Funtanìn de la Val dèla Ganda

 

Fresca e silente esce dall’anfratto roccioso,

cristallina brilla sotto il sole, 

raccolta nel cavo della mano

dona frescura e baciata calma l’arsura,

poi, con un tintinnio argenteo

fugge fra le foglie del bosco,

così come la vita.

 

Ezio (Méngu) 

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1 COMMENTI

01 06 2022 18:06

Méngu

Gentile Luciano Calissi, il suo commento “La sorgente però meriterebbe qualcosa di meglio di un semplice tubo di gomma…..” Il Suo commento è pertinente e mi è più che mai gradito. Segno evidente che Lei ha cura delle nostre risorse e delle bellezze montane. La sorgente è uno spettacolo della natura, getta estate e inverno circa 1 litro al secondo, con una acqua freschissima e pura e sempre alla stessa temperatura. La si raggiunge con un sentiero spettacolare da Ronco con una veduta incredibile della Valle della Ganda. E’ a quota 870 circa sul livello del mare, sopra e al centro della Valle si può ammirare la magnificenza dei “ Crap del Còren “ Appena sotto la sorgente passa l’antico sentiero che attraversa la Valle della Ganda e giunge a S. Rocco e poi a Marto e a S. Cristina . Presso la sorgente vi è un acero secolare che fa ombra ai quelli che vogliono bere e rinfrescarsi. Lei ha notato la stonatura della canale in plastica, ma a lato (non si vede in foto) v’è l’antico “bait “ in pietra, dove all’interno si vede la fessura nella roccia da dove scaturisce l’acqua. Il “baitello “ in pietra ora ha l’ingresso in parte crollato ed è inaccessibile. La sorgente essendo in un bosco privato è soggetta all’articolo 909 che regola il diritto delle acque esistenti su fondo privato, ma non per questo, essendo un bene “ storico “ va lasciato andare in rovina. Un tempo chi utilizzava l’acqua di quella sorgente contribuiva a tenere in ordine la sorgente e il” baitello”, ma ora, quasi tutti sui monti hanno “ l’acqua in casa” . Quella deliziosa sorgiva è andata nel dimenticatoio e il “baitello” va in rovina. Ecco che si potrebbe pensare a qualche Ente, ad esempio il Comune o la Comunità Montana, ecc .. , che dopo ispezione in loco prenda in esame un intervento di manutenzione al fine almeno di metterlo in sicurezza. E’ certamente un obbligo per nessuno ma il “dovere morale “è quello di mantenere ciò che i nostri vecchi hanno ritenuto prezioso per il loro servizio e cura della montagna.