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Le storiche filandaie della Mottana e la loro lotta

CULTURA E SPETTACOLO - 08 03 2018 - Ivan Bormolini

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Lo storico fabbricato della Mottana

(A cura di Ivan Bormolini) In occasione di questo otto marzo in cui si celebra l'importante ricorrenza della Festa della Donna, ho voluto dedicare la nostra rubrica della storia ad un importante fatto che ha visto protagoniste le filandaie dell' opificio Mottana di Madonna di Tirano.

 

La storia sulle donne in generale, ci racconta tanti eventi e tante lotte che le donne hanno intrapreso e vinto per vedersi riconosciuti diritti e parità.

Anche nella nostra Tirano ve ne è stata una davvero particolare, riguardante appunto le storiche filandaie della Mottana, fabbrica tessile che ha chiuso i battenti nel lontano 1912.

 

Siamo a martedì 8 ottobre 1861. Nel pomeriggio le operaie della filanda condotta dai fratelli Mottana lasciavano il lavoro con la volontà di riprendere l'attività solo nel momento in cui fosse stata loro riconosciuta la richiesta di un aumento della mercede giornaliera.

Si trattava del primo sciopero che che cronache provinciali annoverano. E' da considerare che dentro gli stabilimenti della seta, i primi bagliori dell' industrializzazione valtelliense, la durezza della condizione di lavoro delle operaie era nota. Dunque la manodopera industriale al tempo più numerosa, era informata che fuori provincia la via della protesta aveva portato ad ottenere qualche miglioramento, sia per il salario e sia per le condizioni di lavoro.

 

Le filandaie della Mottana percepivano una paga giornaliera di 1,04 lire austriache ed avevano il lavoro assicurato per sei mesi all'anno.

Ma potevano le nostre tiranesi, armate di tenacia e coraggio, ottenere qualche successo dalla loro protesta?

Pare di no, tanto è vero che nel volgere di pochi giorni queste tornarono al lavoro; erano infatti consce del fatto che i Mottana, avrebbero far giungere dal comasco operaie disposte a lavorare per meno della loro paga giornaliera.

 

Certamente però se riportiamo il tutto ai giorni nostri, un po' di sana e umana ragione le nostre filandaie l'avevano, basti analizzare che esse lavoravano per ben 14 ore al giorno, in una settimana lavorativa che andava dal lunedì al sabato. Ma i tempi nel volgere di lunghi 46 anni erano cambiati: siamo infatti al primo maggio del 1907 quando le filatrici del setificio tiranese si erano astenute in maniera compatta dal lavoro. Le lavoratrici rivendicavano un aumento immediato giornaliero di 10 centesimi.

Pochi giorni prima, il Mottana consapevole di applicare trattamenti economici inferiori rispetto ad altri stabilimenti serici ed avendo ricevuto la richiesta delle dipendenti con relativa minaccia di sciopero, aveva finto di acconsentire, rinviando però l'aumento al mese successivo.

 

Tutto a quel punto sembrava procedere per il verso giusto: si pensava che lo sciopero ,con la promessa di aumento salariale, potesse essere scongiurato e si credeva inoltre che le operaie non fossero veramente organizzate per dar vita alla protesta.

Ma i fatti di quel primo maggio avevano dimostrato l'esatto contrario; cosa aveva spinto realmente le filatrici ad incrociare le braccia nonostante la proprietà avesse concesso l'aumento?

 

Esisteva da qualche tempo un ampio malumore, poi sfociato in rabbia tra le operaie, e tutto era dovuto al fatto che circa sei settimane prima della protesta, sul Corriere della Valtellina del 22 marzo 1907, era stato pubblicato un Concordato Nazionale.

Questo Concordato era intercorso tra la Federazione Italiana degli Operai Tessili e gli industriali del settore serico. Nello stesso, si stabilivano le prime basi che avrebbero portato alla definizione di un vero e proprio contratto di lavoro, dove ovviamente si parlava anche delle tariffe che avrebbero dovuto essere applicate alle lavoratrici della seta.

 

In pratica, i punti salienti del Concordato erano i seguenti: orario di lavoro massimo di dieci ore e mezza, con ulteriore riduzione a dieci ore a partire dal 1908; fissazione di un salario minimo giornaliero, sia nelle filande che nelle torciture, rapportato alla qualità del lavoro svolto ed anzianità di servizio. Si introduceva inoltre un regolamento-tipo che normava i riposi; tolleranza negli orari, infrazioni disciplinari e multe; preavviso di licenziamento ecc.

Si prevedeva una normativa per la composizione amichevole dei conflitti di lavoro, la quale riconosceva il ruolo di rappresentanza delle organizzazioni operaie, la trattativa e l'esercizio arbitrale espletato da una commissione paritetica.

 

A questo punto è fattibile pensare che le operaie della Mottana, leggendo il famoso articolo, abbiano riscontrato, tanto dal punto di vista salariale, tanto da quello delle tutele, delle pesanti incongruenze, tanto da indurle a scioperare senza alcun indugio.

Visto il prolungarsi dello sciopero, l'allora Giunta Municipale aveva cercato di trovare un accordo, una sorta di soluzione tra le parti. Al primo incontro il Mottana, non si era presentato, ma a seguito di più inviti, si era reso disponibile per il secondo.

L'imprenditore, dopo aver promesso di accettare le proposte delle operaie, aveva messo per iscritto una serie di restrizioni tali da snaturare la promessa fatta.

Le operaie, riunitesi nell' allora teatro comunale, facendo il punto della situazione e valutata la posizione del padrone, avevano deciso di proseguire lo sciopero.

 

A tentare di mettere mano all'intricata matassa, che sicuramente non giovava alla produzione ne tanto meno agli incassi, era stato lo stesso Mottana il quale aveva tentato una manovra non certo consona, ovvero dividere il fronte delle scioperanti.

Egli aveva promesso gli aumenti solo alle operaie dell'incannatoio, ovvero il reparto dove apposite macchine avvolgevano il filato su delle bobine adatte all'orditura, rinviando la decisione dei problemi della filanda solo alla fine della stagione dei bachi.

Ma anche in quel caso il Mottana, aveva dovuto fare i conti con la risolutezza delle operaie che certamente non si fidavano in alcun modo delle promesse.

La proposta era stata rigettata e nello stesso tempo le filandaie dettavano le condizioni: orario di lavoro di 11 ore al giorno, aumento salariale di 20 centesimi alle operaie provette, 15 centesimi per le giovani, e 10 alle fanciulle. Il tutto doveva essere messo per iscritto e depositato in Municipio.

 

Seppur il Mottana godesse del prestigio di essere proprietario dell'unico stabilimento di grande valenza a Tirano, l'opinione pubblica non aveva esitato a schierarsi dalla parte delle operaie.

Tutto nasceva dal fatto che le favorevoli condizioni di mercato, le quali vedevano un rialzo del prezzo della seta, mettevano il proprietario nelle condizioni di poter accettare le richieste delle filandaie.

Con questa convinzione si era giunti alla promozione di una sottoscrizione a favore delle scioperanti che si trovavano in stato di necessità.

Inaspettata e ampia era stata l'adesione: va avevano partecipato i ferrovieri, gli operai della ferrovia Bernina, la Società operaia maschile con un versamento, e quella femminile raccogliendo fondi tra le proprie socie. Infine un elevato numero di cittadini di ogni credo credo politico non avevano mancato di far sentire il loro sostegno.

La dignità delle scioperanti era venuta a galla anche in questa occasione; infatti, i fondi raccolti erano stati destinati alle più bisognose tra di loro, circa una trentina su 180 lavoratrici.

 

Le trattative dirette tra le due parti erano continuate sino al raggiungimento di un accordo verbale, dove veniva sancito l'aumento immediato di 15 centesimi per le operaie provette dell'incannatoio, ed un analogo aumento per le altre operaie quando si iniziava a lavorare i bozzoli nuovi.

Per avere maggiore garanzia le stesse operaie avevano nuovamente richiesto di mettere nero su bianco il nuovo accordo, ma anche questa volta il Mottana, era venuto meno alla sua parola, decidendo di richiamare al lavoro quelle lavoratrici che riteneva le più valide per il riavvio dello stabilimento.

Pare evidente che ancora una volta il padrone tentava di dividere le scioperanti, al fine di indebolirne l'azione, ma al contrario davanti a questa ennesima decisione il fronte delle filandaie era sempre più rafforzato e determinato, lo sciopero continuava in modo compatto.

 

A distanza di un mese era stato raggiunto un nuovo accordo, questa volta definitivo: aumento di 15 centesimi per le provette e per le giovani e 10 centesimi per le fanciulle. Le più anziane avevano accettato qualcosa in meno da quanto loro richiesto, al fine di non generare elementi di divisioni e malumori.

Si era conclusa così una vicenda che aveva segnato un momento importante di quegli albori di industrializzazione tiranese. Una vittoria importante per le nostre operaie ed una sconfitta per il Mottana, che aveva dovuto piegarsi al loro volere, o meglio ai loro diritti, ed aveva dovuto sottostare alla solidarietà della cittadinanza che, come abbiamo visto, aveva supportato la lotta delle lavoratrici.

 

Ivan Bormolini

 

FONTE: La scodella in frantumi. Autore: Pierluigi Zenoni. L'officina del libro Sondrio.

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