Lo sapevate che? Il ruolo dei capifamiglia valtellinesi
CULTURA E SPETTACOLO - 24 02 2024 - Guido Monti
Lo spunto per approfondire l'argomento dei capifamiglia ce l'ha fornito l'annuncio allegato, che testimonia come ancor oggi queste figure abbiano una certa rilevanza nel contesto comunitario e nei rapporti sociali. Al riguardo Francesco Palazzi Trivelli si concentra su Aprica, e lo fa occupandosi dei cognomi della località, riportati a partire dal 1431 nei registri delle assemblee dei capifamiglia delle vicinie del comune, conservati nell’archivio parrocchiale aprichese e nel fondo notarile dell’archivio di stato di Sondrio. Lo studio si conclude con la fedele trascrizione documentaria delle assemblee in appendice. In seguito risulta che ad Albaredo, nel 1543, il consiglio generale della comunità, costituito dai capifamiglia, si riunisse al suono della campana nella strada pubblica in località Costa. Convocato in sindacato coi viciniori, doveva nominare gli incaricati per stendere gli ordini comunali, stabilire i dazi e designare i nuovi sindaci della chiesa di San Rocco. L'assemblea dei capifamiglia si avvaleva di un caneparo, un console e custodi che potevano imporre ed esigere le taglie. Per restare in tema di proprietà terriere, nel seicento i capifamiglia dell’Alta Valle, dopo la raccolta nei campi e i lavori agricoli autunnali, partivano con i figli più grandi (11 - 13 anni) per svolgere altrove un altro lavoro, quello del ciabattino. Per sfamare se stessi e i propri cari durante tutto il periodo invernale vagavano per il nord Italia portando sulle spalle un deschetto e trovavano alloggio presso le famiglie che richiedevano le loro prestazioni. Nella minèla, così chiamata nel gergo degli scióbar o ciabattini, vi era tutto il necessario per stare fuori casa perché era un vero e proprio comodino con bracciali. Sotto il coperchio ribaltabile, che serviva pure a estendere lo spazio di lavoro, in un cassetto erano raccolti i diversi attrezzi del mestiere. All’ora di pranzo sulla minèla veniva scodellata la polenta, offerta dal fornitore del lavoro. L’arrivo della primavera e la ripresa delle attività agricole segnavano il ritorno dei capifamiglia alle loro case. Ma la loro influenza si estendeva anche all'ambito religioso, come attestato dagli storici Antonioli e Xeres: la chiesa di Santa Cristina, costruita nel XI° secolo, venne poi ampliata prima della sua erezione a parrocchia della diocesi di Como avvenuta nel 1641 con distacco da quella di San Lorenzo di Villa di Tirano. L'avvenimento sarebbe confermato da documenti conservato nell'archivio parrocchiale villasco, uno dei quali fa risalire la costituzione al 1644. Ebbene, la parrocchia era di nomina dei capifamiglia del luogo. Quasi in contemporanea, a partire dalla seconda metà del XVII° secolo l'amministrazione della comunità sondriese si rinnovò e i decani che presiedevano i consigli delle quadre dei nobili e degli artigiani, così come i componenti - due consiglieri e quattro deputati - e gli esattori, vennero eletti annualmente nella riunione dei capifamiglia. I consiglieri, decano a parte, non erano investiti di una carica particolare, per cui si ritiene che fossero dei capifamiglia i quali, per ciascuna delle 4 quadre, eleggevano come loro rappresentanti un consigliere e 4 deputati che, riuniti in un unico consiglio, nominavano annualmente il decano. Ogni giurisdizione della Valtellina aveva un consiglio e il ruolo dei capifamiglia era di tenere delle adunanze per dibattere le questioni economiche delle rispettive contrade e di nominare i propri consiglieri e deputati. Anche il compianto don Remo Bracchi nei suoi studi ha reso noto che nei verbali della honorata vicinanza di Morignone del 1716-1806 sono fedelmente annotate le decisioni prese dai capifamiglia nei loro periodici raduni, secondo un'antica consuetudine di democrazia a partecipazione diretta, in particolare per la locazione dei pascoli. Oggi si parlerebbe di cittadinanza attiva, però col tempo l'importanza dei capifamiglia è andata pian piano scemando, anche se la riunione convocata a Tiolo dimostra che qualche 'zoccolo duro' resta in vita. Guido Monti
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