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Nicolò Rusca e i riformati

CULTURA E SPETTACOLO - 12 05 2022 - Ivan Bormolini

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/Nicolò Rusca

(Ottava parte di I. Bormolini) Sin dal suo arrivo a Sondrio, Nicolò Rusca si era venuto a trovare in una situazione molto complessa.

Come già più volte citato in questa mia ricerca, buona parte dei Comuni delle Eccelse Tre Leghe avevano aderito alla Riforma Evangelica, detta in seguito “protestante”. Anche a Sondrio, in particolare nella frazione di Mossini e in Valmalenco, allora compresa nella parrocchia del capoluogo, si erano costituiti alcuni nuclei di protestanti tra i più numerosi della Valtellina.

Nel suo giungere nel capoluogo, nel giorno di San Pietro del 1590, pur non essendo ancora stato nominato arciprete, Rusca aveva sostenuto una pubblica disputa con i riformati.

Oltre a questo episodio e come già detto in queste pagine, erano successivamente seguiti tre confronti teologici: a Sondrio nel gennaio 1592, sul primato del Papa, la disputa di Tirano nel 1595 sulla natura divina e umana di Cristo e quella di Piuro nel 1597, sul sacrificio eucaristico.

Emerge chiaramente, consultando le fonti, una grande fermezza da parte del Rusca nel difendere la fede cattolica, il tutto unito ad una vita esemplare, rappresentava per i cattolici un punto di riferimento certo. Questa condotta però per i protestanti, era divenuta motivo non secondario di persecuzione nei suoi confronti.

 

ACCUSE E PROCESSI AL RUSCA. Il primo episodio reca la data del 25 febbraio 1608, in quel giorno Rusca veniva arrestato dal governatore Grigione Giovanni Castelmuro, con l'accusa di aver rimproverato un giovane della parrocchia.

Il ragazzo prestava servizio in casa del protestante Ulisse Martinengo e si era lasciato indurre “ad andare alla predica calviniana”.

L' ammonimento o rimprovero che dir si voglia da parte dell'arciprete Rusca, sembrava contravvenire alle disposizioni della Dieta di Ilanz del 1577, queste infatti imponevano agli esponenti delle due confessioni di non provocarsi a vicenda. In quel caso il processo aveva avuto una rapida conclusione e l'imputato arciprete ne era uscito assolto.

Ma sempre in quel 1608, definito dal Rusca in una lettera all'arcivescovo di Milano come “l'anno della persecutione”, accuse ben più gravi venivano formulate nei confronti dell’arciprete.

A una distanza di quasi quindici anni dai fatti contestati, Nicolò Rusca veniva indiziato di complicità nell'attentato del 1594 contro Scipione Calandrino.

La storia di Scipione Calandrino (Calandrini), nativo di Lucca intorno al 1540, è davvero particolare: tralascio qui molte vicende legate al personaggio che in odore di eresia, era sfuggito all'arresto dell'Inquisizione recandosi prima nei Grigioni e poi a Ginevra, dove aveva ottenuto la cittadinanza aderendo ufficialmente alla Riforma.

Per ciò che ci riguarda, va detto che il Calandrino aveva partecipato a tutte e tre le famose dispute valtellinesi con il Rusca.

Ma da cosa nasceva la terribile e temibile accusa nei confronti di Nicolò Rusca?

Dobbiamo dire che già in prima istanza, tenendo come riferimento l'attentato del 1594, Calandrino, non era nuovo a attentati nei suoi confronti.

Il precedente si riferisce al 1570, mentre predicava in quel di Mello, due monaci Domenicani avevano attentato alla sua vita.

Appunto nel 1594, nei pressi di Caiolo, Scipione Calandrino, era riuscito a sfuggire a tre uomini intenzionati a rapirlo per portarlo a Roma, l'attentato però era fallito e gli assalitori arrestati.

Il coinvolgimento del Rusca in questa vicenda ci appare del tutto strano; si apprende infatti che l'arciprete, nel confronto con i ministri riformati aveva sempre agito con “carità” rifuggendo da tutte quelle espressioni che potevano “ferire” l'avversario.

Ed ancora di più, si evince che il Rusca, fedele nella sua condotta, proprio con il pastore protestante di Sondrio Scipione Calandrino, aveva instaurato un rapporto di amicizia anche attraverso lo scambio di libri.

E allora chi aveva fatto il nome di Nicolò Rusca in quella vicenda?

I tempi piuttosto lunghi di quella giustizia, proprio in quel 1608, avevano portato all'arresto del mandante del fallito rapimento del Calandrino, era un tal Michele Chiappino, egli durante il processo aveva asserito di aver agito su istigazione dell'arciprete Rusca.

Ci pare oggi, in questa discussione, che le parole del Chiappino suonino piuttosto stonate, fuori luogo, e gratuite.

Citando un detto molto antico e popolare, per rimanere nella nostra Tirano, “ Diu al me salvi da la saeta e dai trun e dalla giustuzia dei Grisun” ( Dio mi salvi dalle saette e dai tuoni e dalla giustizia dei Grigioni ), si può capire che per il Rusca le cose si complicavano e molto.

Prontamente le Tre Leghe avevano citato l'arciprete a Coira per essere sottoposto ad un nuovo processo, il Rusca si era però rifugiato nel suo paese natale, Bedano, anche in quel caso il tutto si era concluso con un'assoluzione, anche se l'imputato non si era presentato in tribunale.

Nel frattempo, Rusca aveva fatto ritorno a Sondrio, accolto festosamente dell'intera comunità cattolica.

 

FONTE: NICOLO' RUSCA ARCIPRETE DI SONDRIO MARTIRE PER LA FEDE ( 1563-1618 ).Testi di Saverio Xeres e Anna Rossi. Stampa: Bonazzi Grafica. Pag: 7,8,9. 

Anche l'immagine di copertina è tratta dalla stessa fonte, pag 6.

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