Tirano: sia eliminato questo sconcio
CULTURA E SPETTACOLO - 24 06 2021 - Ivan Bormolini
(Di I. Bormolini ) Ogni tanto si sente parlare di qualche situazione non proprio consona al decoro, alla pulizia e alla manutenzione delle strade della nostra città. Non sarà però questo un articolo mirato a dar voce ad alcune problematiche attuali; restando però nella tematica, ho voluto fare una piccola indagine storica per guardare alla Tirano di ieri, quella del 1700, quando il borgo era già ben ricco di chiese, nobili palazzi e monumenti di grande valenza architettonica, oltre ad essere già da ormai due secoli un centro importantissimo nella vita politica commerciale e religiosa delle nostre valli. Dunque, com'era la situazione tra le strade e le vie sotto il profilo della manutenzione e come si presentavano alcuni luoghi di Tirano in quel Settecento? Iniziamo col dire che per arrivare a Tirano si seguivano le strade maestre definite anche regali, tramite queste si poteva percorrere tutta la Valtellina e raggiungere ogni Comune con “bovi e brocci”, (buoi e carri ). Molte norme atte a regolare la materia riguardante la manutenzione delle strade e alla pulizia del borgo erano contenute nei “Capitoli Novi della Magnifica Università di Tirano confermati in Dieta l'anno 1606 dall'Eccelso Nostro Principe”. Per fare un esempio, il Capitolo 41 sanciva: “Ogni anno deve essere eletto un Sovrastante, il quale faccia che le vie regali e pubbliche siano spazzate, et mantenute continuamente nette, buone et sufficienti”. Il sovrastante eletto aveva dunque il compito di pendere atto di situazioni non adeguate e quindi dopo le segnalazioni, sovrintendere alla sistemazione al fine di porre un degno rimedio. In quel di Tirano non vi era solo il sovrastante alle strade, ma altre figure erano nominate per il “lavorerio nell'Adda”, oppure per le scuole. Pare di capire che tra chi amministrava la cosa pubblica e i privati residenti del borgo, qualche problema vi fosse non solo in merito alla viabilità, ma anche per ciò che concerneva il decoro urbano, si evince che la situazione doveva essere piuttosto pesante al punto da emanare divieti e ammende. A tal proposito il Capitolo 44 ci dice: “Nessuno osi depositare pietre o letame nella piazza ( o cimitero ) di San Giacomo e tantomeno scavarvi “zocche” per bagnare calce o macerare canapa o lino”. Tralasciando la presenza di un cimitero nella zona della contrada San Giacomo, originariamente chiamata Piantoledo, ho trovato delle segnalazioni che la dicono piuttosto lunga e forse in barba ai Capitoli, alle norme in essi contenute e alle sanzioni previste. Era il 26 aprile 1718 quando Pietro Pianta, Governatore della Valtellina, si trovava per un'ispezione al palazzo Pretorio di Tirano, singolare nell'ambito del decoro urbano l'ordinaza che metteva nero su bianco. Nel testo affermava che nell'ingresso di detto palazzo, che ricordo essere uno tra i più importanti in quanto da quelle sedi, era partito il Sacro Macello ( 19 luglio 1620 ), si riponeva “grassa e letame”. Tutto questo, stando al Pianta era indecoroso ed anche alla “salute pernicioso”. Di conseguenza comandava che entro la fiera di San Michele, “sia eliminato questo sconcio”, e cominava pene al podestà in caso di more burocratiche. Sovrastante o meno, i problemi inerenti alle strade comunali dovevano essere d'attualità e quindi qualcosa continuava a non funzionare per il verso giusto. Sembra che il loro stato non fosse assolutamente dei migliori, infatti il podestà Gasparo Della Torre nel 1724 emetteva una grida dal tenore del tutto particolare: “ Comandiamo al detto signor Decano che dalla porta Bormina sin alla porta Milanese la strada sia tutta rizzata e successivamente anche le altre del borgo suddetto venghino ben aggiustate rifacendo le rizzate in molti luoghi mancanti uguagliandole e tenedole asciutte dalle acque che le deturpano”. Per “rizzate” si faceva specifico riferimento alla pavimentazione che doveva essere posta in opera a “risch”, con i caratteristici ciotoli provenienti dal letto del nostro fiume Adda. Guardando a quella Tirano d'altri tempi, si è invitati a pensare che detta importante strada era tra le principali del borgo o comunque la maggiormente trafficata, non a caso il Pianta la segnalava come la prima “da tener aggiustata”. Altro aspetto da non tralasciare è che questa, scendendo dalla porta Bormina, attraverso via Visconti Venosta, poi per via Torelli e via Porta Milanese, già in quel tempo era contornata da edifici di nobili famiglie che si affacciavano sulla strada con le loro maestose facciate, portali e inferiate di cui anche oggi ne ammiriamo i tratti e le caratteristiche architettoniche. Non solo, la lunga via, oggi interrotta dal passaggio della Statale 38, vedeva la presenza del Buglio Vecchio, storica fontana tiranese, ma era anche una sorta di centro commerciale, infatti anche se pochissime sono oggi le tracce, su questa si affacciavano delle botteghe. Nonostante tutto sembra lampante che i problemi sin qui citati, avessero trovato difficoltà nell'essere risolti, questo però non avveniva solo a Tirano ma anche altrove interessando le strade regali di passaggio nei vicini paesi. Della questione delle strade d'accesso, vie cittadine e loro manutenzione se ne era preoccupato il podestà di Tirano e di tutto il Terziere Superiore della Valtellina, Capitano don Antonio Parravicini. Con un editto del 1763 diceva di essere informato del pessimo stato in cui versavano le strade regali o maestre, quindi principali, della giurisdizione. Ordinava per questo ai decani di provvedere alla ristrutturazione. Nel breve tempo gli stessi, dovevano intervenire per la riduzione delle strade regali alla giusta misura, scolare le acque che vi scorrevano, “stoppare li fossi”, “levare li spini”, rifare i muri laterali, levare i sassi, spianare dove ve fosse il bisogno. Il tutto doveva avvenire per rendere praticabili e sicure dette strade riferendosi a quanto sancito anche nelle grida generali emesse in materia. Nei riguardi della viabilità tiranese, pare proprio di evincere che in quel tempo la situazione fosse piuttosto lontana dall'essere definitivamente risolta. Questo l'ho appurato dal fatto che tredici anni dopo l'editto del podestà Parravicini, interveniva sul tema un altro podestà. Era infatti il 1776, quando il podestà di Tirano Giambattista Tscharner, Tribuno superiore e senatore della lodevole città di Coira, prendeva ulteriori provvedimenti. Vi riporto il testo di quanto ciò che da lui era stato affermato e scritto, mi pare molto esaustivo e descrittivo: “...Volendo, siccome il decoro di un borgo di residenza di pubblica rappresentanza lo richiede, conservare e mantenere ogni possibile polizia, affine di rendere ameno e comodo il detto borgo di Tirano, vedendosi dunque siti fangosi e strade rozze con grande disvantaggio e disonore di un sì considerevole borgo, abbiamo deciso di selciare in buona forma queste pubbliche strade ecc...”. L'ordinanza imponeva che tutti i frontisti dovessero preparare i necessari sassi e questi dovevano essere “in quantità sufficiente per ricciare la porzione di strada con quantità anche di pietre chiamate cortelline per ligare bene il detto selciato”. A compiere le opere erano stati mastri del comune, ma ognuno aveva dovuto pagare la sua quota di mano d'opera. Se vogliamo pensarci il podestà aveva trovato un modo piuttosto spiccio per risolvere i problemi della viabilità cittadina. FONTI: TIRANO: Autore don Lino Varschetti. Stampa: finito di stampare il 29 settembre 1961 presso la Tipografia Bettini in Sondrio. Dal capitolo XXI Arte e monumenti da pag. 101 a pag.103. Anche l'immagine di copertina è tratta dalla stessa opera a pag 72. ASPETTI DI VITA QUOTIDIANA A TIRANO AL TEMPO DEI GRGIONI ( 1512-1797 ). Autore William Marconi. Stampa: Bonazzi Grafica Sondrio 1990. Dal secondo capitolo Case e gente fuori e dentro le mura, pag 42 e 43.
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