Una diavoleria dei tempi passati
CULTURA E SPETTACOLO - 25 04 2020 - Ezio (Méngu)
L’interessante sequenza di articoli su Tirano come era un tempo, “con cartoline e stampe d’epoca”, di Ivan Bormolini, mi ha fatto ricordare una storiella che i nonni della contrada di S. Maria avevano in bocca e che raccontavano ai loro nipotini con dovizia di particolari come solo loro sapevano fare. Io la racconterò in succinto. V’era allora anche un detto: “ U vedüü ‘l trénu della F.A.V. a maià fée “ , ( ho visto il treno della F.A.V. a mangiare fieno ) a motivo del suo correre tra i prati, del suo fumo da “ ciminiera di stabilimento “ e del suo lento procedere, talmente lento che si poteva scendere e salire comodamente quando era in viaggio. Confesso che l’ho fatto saltando su e giù dai “ terrazzini “ delle carrozze dai sedili di legno. Racconterò una storia che il “ vèciu “ Pédru nel lontano 1949 mi narrò. Era una calda ( sòfuga ) giornata di luglio del 1902. Nelle contrade di Tirano persino le galline tiravano malamente il fiato e una voce strozzata dalla paura si udiva per la contrada di S. Maria. La voce era quella di Tòni. Correva come pazzo per la contrada urlando: “Cristiani chiudetevi in casa , sbarrate porte e finestre e fatevi il segno della croce,u vedüü cun i mèe öcc 'l diàul. (ho visto con i miei occhi il diavolo). Povero vecchio Tòni, lui aveva visto il diavolo in persona! L'aveva guardato in faccia e ora gridava disperato per mettere al sicuro la gente nelle case. La notte era calata nel terrore. Non si udiva più nessun suono, tutti erano in casa e nelle stalle a pregare. Quel grido straziante e monotono del vecchio Tòni aveva scosso gli animi; niente sembrava più come il giorno prima Sopra Tirano il Castelàsc (Castello di S. Maria ), illuminato dalla luna, sembrava un osso da morto puntato verso il cielo. Il lumino sempre acceso nella Santella di S. Maria si era spento. Tòni si aggirava inquieto in stalla ; si sentiva inquieto , d’un tratto gli vennero in mente le parole della vecchia madre. "Ricordati figlio, quando non sei sereno corri subito a confessarti, poiché solo Dio ti può dare serenità!" Di botto, prese il cappello e corse in parrocchia dove, con grande frastuono, chiamò Don Oreste. "Don Oreste dovete confessarmi, questo pomeriggio ho visto il diavolo" disse Tòni. Don Oreste, che conosceva bene Tòni, sbuffò, fece il segno della croce e seduto sui gradini della scala di casa disse: "Ti ascolto figliolo, cünta sü! ( racconta !)." Tòni fece a sua volta il segno della croce, si buttò in ginocchio e disse: "U vedüü 'l diàul ilò al Pus’ciavìn,( ho visto il diavolo vicino al torrente Poschiavino). Stavo tornando a casa con il cavallo dal campo, quando giunto vicino al Poschiavino ho sentito provenire da lontano un rumore strano. Era come il soffio della macchina della “burdulésa” (pompa a mano per irrorare le viti), ho teso l'orecchio, il rumore si avvicinava sempre di più, sempre di più. Pfùff, pfùff, pfùff!! Il diavolo gridava "Pfùff, pfùff, pfùff !!" don Oreste! Si muoveva lentamente verso Tirano come un gatto nero. Al posto delle gambe aveva grandi manovelle, al posto delle ginocchia aveva ruote, per naso aveva un tubo da dove usciva fumo, al posto degli occhi aveva due lanterne. Il diavolo ci è passato davanti mentre io e il mio cavallo ci siamo sdraiati a terra per ripararci dal fumo. Don Oreste pazientemente chiese a Tòni "Quel diavolo che tu dici, oltre a sbuffare fumo, sferragliare, forse fischiava ogni tanto mentre procedeva verso Tirano? " E Tòni " Proprio così, don Oreste, proprio così, voi reverendi conoscete bene il diavolo!! " E don Oreste “Diavolo sarai tu Tòni . Hai visto il primo treno a vapore della F.A.V arrivare a Tirano". "Ora Tòni, ti benedico e ti perdono, alzati e destöt (allontanati). Sappi però, caro Tòni che da oltre le cime delle montagne della tua Valle verranno altre diavolerie che toglieranno la tua beata tranquillità , solo che d'ora in poi, dovrai saperle guardare senza aver paura.” Caro tempo passato in cui il nostro smarrimento lo placavi con una preghiera, e correvi dal confessore che, con la parola consolatrice e gratuita ti donava pace, serenità e speranza. Ora non più ! Apriamo internet, il nostro grande consolatore, che ci fa da confessore e consigliere. Ci dice : “ Per questo, prendi quel medicinale, per quest’altro vai dallo psicologo, dall’avvocato, consulta il teologo, il neurologo e mille altre strade. Non essere inquieto, naviga come Ulisse tra i flutti di pagine e notizie on line , troverai sempre il tuo approdo. ” No! No ! Ora Il nostro narcisismo è divenuto compagno del digitale e del telematico. Vorrei tornare fanciullo, essere immune dell’arroganza di una “scienza” che ti incalza, che, se ti regala qualche attimo di vita in più, non ti asciuga le lacrime della sofferenza. A che vale guadagnare qualche battito di cuore in più quando, nel bailamme di questo Mondo post- moderno, che rapina la nostra identità più intima, siamo inquieti, insoddisfatti, e la nostra Anima non trova riposo? Ezio (Méngu)Una diavoleria dei tempi passati
Il narcisismo digitale
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